MONDO
Siria: 8 anni di guerra, dalle proteste alla sconfitta dell'Isis
Otto anni fa, il 15 marzo del 2011, i siriani scendevano in piazza nella città di Daraa, nella Siria meridionale, per un'inedita protesta contro Bashar al-Assad. Le manifestazioni si allargavano poi alle altre grandi città del Paese e presto arrivava la risposta violenta di Damasco. La "rivoluzione" si è trasformata in un lungo e sanguinoso conflitto tuttora in atto. L'ultimo bilancio diffuso dagli attivisti dell'Osservatorio siriano per i diritti umani parla di più di 370mila morti, compresi oltre 112mila civili.
Sono i civili che continuano a pagare il prezzo più alto del conflitto che sinora né i colloqui di Ginevra promossi dall'Onu né il processo di Astana (sostenuto da Russia, Turchia e Iran) sono riusciti a fermare.
Otto anni dopo l'inizio della guerra, 13 milioni di persone hanno ancora bisogno di assistenza umanitaria, i rifugiati all'estero sono oltre cinque milioni (3,6 milioni solo in Turchia e almeno un milione in Libano). Secondo l'Unicef, la vita di quasi otto milioni di bambini è stata sconvolta dalla crisi siriana: in cinque milioni hanno bisogno di assistenza all'interno della Siria e nel 2018 ogni giorno almeno tre bambini sono stati uccisi.
Oggi in Siria l'83% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e la devastazione del conflitto si vede ovunque. Secondo l'Unicef, più di due milioni di bambini non possono andare a scuola. Tra i dati più allarmanti, l'85% della popolazione (15,5 milioni di siriani su 18,2) non ha quasi nessun accesso a fonti di acqua pulita e a servizi igienico sanitari. Ieri alla Conferenza di Bruxelles sul futuro della Siria sono stati raccolti impegni per aiuti per 8,3 miliardi di euro per il 2019 e prossimi anni.
Intanto sul terreno si registra una riduzione dei livelli di violenza rispetto al passato. Damasco, con l'appoggio dei miliziani alleati e della Russia, ha ripreso il controllo di buona parte del territorio finito in mano ai ribelli e poi ai jihadisti. Le Forze democratiche siriane (Fds) sostenute dagli Usa sono riuscite a sconfiggere i combattenti del sedicente Stato islamico (Is) a Baghuz, ultima roccaforte jihadista nella Siria orientale. A Idlib, nel nord della Siria a ridosso del confine con la Turchia, resistono i ribelli, ma la provincia - in cui vivono molti sfollati originari di altre aree del Paese - è ormai per lo più in mano alla rete di Hayat Tahrir al-Sham, collegata ad al-Qaeda. Dalle denunce degli attivisti, Damasco e gli alleati sembrano ora aver intensificato le operazioni nella regione dopo che lo scorso settembre un accordo tra Russia e Turchia per la creazione di una zona di de-escalation aveva permesso di bloccare una vasta offensiva. Gli Stati Uniti, da parte loro, hanno annunciato un ritiro parziale delle truppe dalla Siria.
Sono i civili che continuano a pagare il prezzo più alto del conflitto che sinora né i colloqui di Ginevra promossi dall'Onu né il processo di Astana (sostenuto da Russia, Turchia e Iran) sono riusciti a fermare.
Otto anni dopo l'inizio della guerra, 13 milioni di persone hanno ancora bisogno di assistenza umanitaria, i rifugiati all'estero sono oltre cinque milioni (3,6 milioni solo in Turchia e almeno un milione in Libano). Secondo l'Unicef, la vita di quasi otto milioni di bambini è stata sconvolta dalla crisi siriana: in cinque milioni hanno bisogno di assistenza all'interno della Siria e nel 2018 ogni giorno almeno tre bambini sono stati uccisi.
Oggi in Siria l'83% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e la devastazione del conflitto si vede ovunque. Secondo l'Unicef, più di due milioni di bambini non possono andare a scuola. Tra i dati più allarmanti, l'85% della popolazione (15,5 milioni di siriani su 18,2) non ha quasi nessun accesso a fonti di acqua pulita e a servizi igienico sanitari. Ieri alla Conferenza di Bruxelles sul futuro della Siria sono stati raccolti impegni per aiuti per 8,3 miliardi di euro per il 2019 e prossimi anni.
Intanto sul terreno si registra una riduzione dei livelli di violenza rispetto al passato. Damasco, con l'appoggio dei miliziani alleati e della Russia, ha ripreso il controllo di buona parte del territorio finito in mano ai ribelli e poi ai jihadisti. Le Forze democratiche siriane (Fds) sostenute dagli Usa sono riuscite a sconfiggere i combattenti del sedicente Stato islamico (Is) a Baghuz, ultima roccaforte jihadista nella Siria orientale. A Idlib, nel nord della Siria a ridosso del confine con la Turchia, resistono i ribelli, ma la provincia - in cui vivono molti sfollati originari di altre aree del Paese - è ormai per lo più in mano alla rete di Hayat Tahrir al-Sham, collegata ad al-Qaeda. Dalle denunce degli attivisti, Damasco e gli alleati sembrano ora aver intensificato le operazioni nella regione dopo che lo scorso settembre un accordo tra Russia e Turchia per la creazione di una zona di de-escalation aveva permesso di bloccare una vasta offensiva. Gli Stati Uniti, da parte loro, hanno annunciato un ritiro parziale delle truppe dalla Siria.