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MONDO

Lotta al terrorismo

Siria, la 'doppia' guerra di Erdogan contro Isis e Pkk: colpito un villaggio controllato dai curdi

Il governo di Ankara dopo molti tentennamenti ha preso parte alla coalizione anti Stato Islamico, ma il premier Erdogan sembra voler cogliere l'occasione per fare i conti con l'ingombrante minoranza curda che già dice: "Tregua finita"

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Nella notte tra domenica e lunedì i carri armati di Ankara hanno bombardato un villaggio controllato dalle forze curde, nel nord della Siria, ferendo almeno 4 miliziani. Si tratta del villaggio di Zor Maghar, nella provincia di Aleppo, al confine con la Turchia. Un villaggio che, un anno fa, era stato conquistato dai jihadisti dello Stato islamico dopo tre giorni di combattimenti con le milizie curde e che i peshmerga erano poi riusciti a riconquistare. L'episodio è stato riportato dall'Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione dell'opposizione con sede a Londra tra le fonti più accreditate nel conflitto siriano.

Il governo turco smentisce e annuncia di aver avviato un'indagine per appurare se nell'offensiva contro lo Stato islamico siano state colpite postazioni curde in Siria. "Le operazioni militari in corso sono tese a neutralizzare l'imminente minaccia alla sicurezza nazionale della Turchia e continuano ad avere come obiettivo lo Stato islamico in Siria e il Pkk in Iraq", ha annunciato una fonte del governo di Ankara. "Il Pyd (braccio politico del Ypg) e altri gruppi restano fuori dagli obiettivi dell'attuale campagna militare", ha aggiunto.

Di certo, domenica i caccia di Ankara avevano bombardato le sedi del Partito dei lavoratori del Kurdistan, nell'area di Hakurk, nel nord dell'Iraq, nell'ambito delle operazioni avviate dal presidente Recep Tayyp Erdogan per "sradicare" il terrorismo. 

"Invece di colpire i terroristi dell'Is (lo Stato Islamico, ndr), le forze turche hanno attaccato le nostre posizioni difensive - si legge nel comunicato dei combattenti curdo siriani - Chiediamo con urgenza alla leadership turca di mettere fine a questa aggressione e di seguire le linee guida internazionali. Stiamo dicendo all'esercito turco di smetterla di sparare contro i nostri combattenti".

La lunga attesa turca
Operazioni turche che hanno preso il via dopo una lunga, lunghissima fase di attesa. Una fase in cui il governo di Erdogan aveva ed ha, come denunciato anche da alcuni media, flirtato con lo Stato Islamico, prima favorendolo in funzione anti-Assad (l'odiato vicino siriano) e anti-curda (lo storico nemico interno) con il mantenimento di un confine 'poroso' in cui potessero passare uomini e rifornimenti e poi con la fornitura diretta di armi, documentata in almeno un episodio, al califfo Al-Baghdadi.

Mosca favorevole a coalizione sotto egida Onu
La Russia sostiene l'idea di una coalizione internazionale contro l'Isis sotto l'egida dell'Onu e ritiene di poter giocare un ruolo di primo piano in questa coalizione. Lo ha detto in una intervista al quotidiano Kommersant il viceministro degli esteri russo, Oleg Siromolotov.

La fine della tregua con il Pkk
Da un paio di giorni la politica di Ankara ha subito però una svolta ed un'accellerazione: Erdogan ha, in rapidissima sequenza, concesso l'uso dell'importantissima dal punto di vista logistico base militare di Incirlik, vicinissima alla Siria, al'Us Air Force; schierato i suoi caccia al fianco di quelli della coalizione internazionale e convocato una riunione d'urgenza della Nato, di cui è paese membro. Contemporaneamente però Ankara ha anche ripreso la sua guerra contro i curdi, o meglio contro il Pkk, interrompendo un'armistizio che durava da due anni. Lo si legge in un comunicato dello stesso Partito dei lavoratori curdi: "La tregua non ha più significato dopo gli intensi bombardamenti aerei da parte dell'esercito di occupazione turco", si legge nel comunicato. Tregua che era stata annunciata nel marzo 2013 dal leader storico del Pkk, Ocalan, dopo che nel 2012 il premier Erdogan aveva avviato i negoziati per terminare un conflitto trentennale costato 40.000 morti.

Dall'Iran all'Isis, le ragioni di una svolta
Le ragioni della svolta turca sono diverse e distanti tra loro e vanno dall'accordo sul nucleare iraniano che, modificando gli equilibri mediorientali, obbliga la Turchia a rinsaldare l'amicizia con Washington e non relegarsi in ruolo marginale nella zona, sino all'avanzata dello Stato Islamico che si sta ritorcendo anche contro la Turchia che all'inizio l'aveva favorita, come dimostrano i recenti attentati sul territorio turco.

Il Pkk organizzazione terroristica
L'azione di Ankara però ha preso di mira due obiettivi: non solo l'Isis, ma anche i curdi e, in particolare, il Pkk. In parallelo con i raid dell'aviazione sulle postazioni dello Stato Islamico, sono partiti infatti anche gli attacchi turchi al partito fondato nel 1978 da Abdullah Ocalan, con il nome di Partito dei lavoratori del Kurdistan, il Pkk appunto. Pkk che è indicato come un'organizzazione terroristica non solo dalla Turchia, ma anche dagli Stati Uniti e dall'Unione europea. Un 'marchiatura' che risale ad un'epoca passata, prima cioè che i guerriglieri curdi diventassare i più importanti alleati nella lotta contro lo Stato Islamico.

Usa e fronte interno
Da quando è emerso come pericolo numero uno in quell'area l'Isis, gli americani hanno infatti ottenuto l'appoggio delle milizie curde contro i jihadisti sunniti. Ed una parte di quei combattenti curdi sono legati al Pkk. E mentre alcuni politici americani hanno proposto di assolvere il Pkk dall'accusa di terrorismo, per sancire il suo nuovo ruolo come partner di fatto nella coalizione anti- jihadista, l'offensiva turca contro il Pkk viene spiegata a Washington con la politica interna. Ma c'è il sospetto che il presidente turco Erdogan stia preparando il terreno per nuove elezioni anticipate, cavalcando il nazionalismo e un allarme generale contro tutte le forze che attentano alla sicurezza. E non è forse un caso che proprio l'avanzata di un partito curdo abbia impedito ad Erdogan di conquistare la maggioranza nelle elezioni del 7 giugno scorso.