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MONDO

Allarme terrorismo

Strage al museo, in Tunisia i gelsomini della rivoluzione rischiano di sfiorire

La Tunisia è stato il Paese che ha inaugurato la stagione delle Primavere arabe. Finora considerata un'oasi di sicurezza, adesso rischia la deriva del fondamentalismo

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di Carlotta Macerollo
I gelsomini rischiano di sfiorire presto in Tunisia. Quattro anni dopo quella rivoluzione definita proprio dei gelsomini, che si aprì con il gesto disperato di Mohamed Bouazizi che accese la miccia della Primavera araba, e dopo una lunga stagione culminata pochi mesi fa con l'elezione del primo presidente del dopo dittatura, la Tunisia torna a rivivere l'incubo del terrorismo con la strage al museo del Bardo.



Tutto iniziò nel 2010
Dal 17 dicembre 2010, quando il fruttivendolo Mohamed Bouazizi si diede fuoco a Sidi Bouzid, accendendo la miccia delle rivolte arabe, la Tunisia ha seguito un percorso difficile e altalenante. Il 4 gennaio del 2011, la popolazione scende in piazza e costringe il presidente Ben Ali a fuggire. Le elezioni per l'Assemblea Costituente danno la maggioranza relativa al partito islamico moderato Ennahda che viene chiamato a guidare l'avvio della transizione. A dicembre Moncef Marzouki viene eletto Presidente "ad interim" dall'assemblea costituente.

Le proteste spaccano il governo
Ma i mesi seguenti sono tutti in salita e già si intravedono le prime crepe. Manifestazioni antigovernative investono il Paese: in molti contestano la bozza della nuova Costituzione che non menziona la parità tra i sessi e ci si infiamma sulla definizione da dare allo Stato, arabo o islamico. L'ondata imponente delle proteste popolari spacca il governo a dicembre 2012 e a due anni dalla rivoluzione la delusione è il sentimento che prevale in larga parte della popolazione.

Nel 2013 la Tunisia è un Paese incerto
La Tunisia che si affaccia al 2013 è un Paese che vive nell'incertezza. Il 6 febbraio il tragico assassinio del segretario del Partito dei patrioti democratici Chokri Belaid da parte dei salafiti infiamma ancora una volta il Paese con cortei spontanei, assalti e incendi a sedi di Ennahda. Il pugno duro del governo porta a nuove tensioni. Poi il 26 luglio viene freddato un secondo esponente dell'opposizione laica: Mohamed Brahmi. Ed è ancora tensione. Cortei pro e anti Ennahda investono Tunisi e altre città.

Il Paese è una polveriera con la crescita della criminalità politica e del salafismo jihadista. Ma ad ottobre 2013 gli islamici cedono di fronte alle lacerazioni tra le forze politiche e decidono di andare verso un governo di tecnici.

Nel 2014 entra in vigore la Costituzione
Il 26 gennaio 2014 entra in vigore una nuova Costituzione, considerata fra le più moderne del mondo arabo, dove viene sancita l'uguaglianza fra uomini e donne, anche se l'Islam continua a rimanere religione nazionale. Poi il governo convoca le elezioni cercando una via d'uscita. La svolta arriva nel dicembre 2014 quando l'88enne Beji Caid Essebsi, esponente del fronte laico, sconfigge il rivale Moncef Marzouki, alleato degli islamisti. Una vittoria accolta con grande entusiasmo dagli osservatori occidentali. 

L'Isis in Tunisia
Con un nuovo presidente e una Costituzione, i gelsomini cercano di rifiorire a Tunisi e con essi anche la speranza di una rinascita democratica ma gli squilibri sociali sembrano aggravarsi. E allo stesso tempo si insinua il timore rappresentato dai delusi della rivoluzione, facili preda dell'estremismo religioso, che attende la sua vera rivincita. Dalla caduta di Ben Ali, inoltre, molti equilibri relativi all'apparato di sicurezza del Paese sono saltati, consentendo spazi di manovra ai gruppi eversivi.

Oltre 3mila giovani sono andati in Iraq e Siria
Dalla rivoluzione del 2010, si pensa che più di 3mila giovani siano andati in Iraq e Siria per combattere a fianco degli jihadisti. Ma è soprattutto all'interno del Paese che il terrorismo ha ripreso a colpire. Poche ore prima dell'attacco al museo del Bardo, il ministero dell'Interno aveva annunciato di aver sgominato una cellula jihadista nella periferia nord di Tunisi. E a febbraio le autorità avevano annunciato la cattura di 32 islamisti che pianificavano "attacchi spettacolari" contro "infrastrutture vitali" del Paese. Dopo il blitz al museo, il premier Essid ha ricordato che nelle operazioni antiterrorismo sono già state arrestate 400 persone.