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ITALIA

Pene sopra i 20 anni

Stupri di Rimini: la Polonia vuole l'estradizione dei quattro violentatori

Violenza di gruppo e rapina aggravata le accuse formalizzate ai quattro arrestati. Il capo del branco, ventenne congolese richiedente asilo, si difende "Non c'ero, avevo bevuto, dormivo"

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di Tiziana Di Giovannandrea
La Polonia chiederà l'estradizione dei quattro presunti autori degli stupri di Rimini. Lo ha dichiarato il Vice ministro della Giustizia polacco Patryk Jaki che aveva già chiesto 'la pena di morte e torture per quelle bestie'. Il vice ministro Jaki ha detto che i quattro dovrebbero affrontare una punizione molto severa per avere commesso questi crimini. Le autorità polacche hanno aperto sulle violenze ai due turisti polacchi una loro inchiesta. 

Intanto la Procura di Rimini ha formalizzato le accuse verso i quattro giovani coinvolti negli stupri: rapina aggravata, violenza sessuale di gruppo e lesioni aggravate. Lo hanno reso noto il procuratore capo Paolo Giovagnoli e il sostituto Stefano Celli. Le pene previste per tali reati si aggirano intorno ai 20 anni.

 "Non c'ero, ero andato a delle feste in spiaggia, ho bevuto e mi sono addormentato, sono stato svegliato dai ragazzini e poi ci siamo diretti insieme verso Pesaro": così il congolese 20enne Guerlin Butungu, ritenuto dagli inquirenti il capobranco delle violenze di gruppo a Rimini,  ha risposto nell'interrogatorio a cui è stato sottoposto negando le due violenze, quella alla turista polacca e quella sulla trans peruviana. A rendere incongruente il suo racconto però ci sono le immagini delle telecamere che ritraggono il gruppo insieme, tra il primo e il secondo episodio, nel tragitto tra il lungomare e la strada statale. I minori si sono, a loro volta, chiamati fuori dalle violenze, accusando il maggiorenne. 

Il 'branco', in base a quanto prevede la legge italiana, dovrà essere processato nel nostro Paese per i reati commessi. Lo ha spiegato una fonte investigativa. La competenza per il presunto capo banda, il 20enne congolese  Guerlin Butungu, difeso dall'avvocato Daria Perruzza, è del Tribunale di Rimini mentre per i due fratelli marocchini di 15 e 16 anni e il quarto complice, un 17enne nigeriano, procede il Tribunale per i Minorenni di Bologna.

Attacchi su FB alla Cooperativa ' Labirinto ' di Pesaro
"E' comprensibile che le persone, d'istinto, possano andare oltre la realtà contingente, nell'impotenza che tutti provano di fronte a questo orribile reato, ma è altrettanto vero che alcuni di questi commenti non sono costruttivi né' di aiuto alle vittime, e non possono in alcun modo essere utili al dialogo attorno alla complessa tematica delle migrazioni". Così, in una nota, la Cooperativa Sociale Labirinto di Pesaro, che gestisce il servizio di accoglienza di cui ha usufruito Guerlin Butungu, il 20 congolese arrestato per gli stupri di Rimini. La Labirinto si riferisce agli attacchi sulla propria pagina Facebook da parte di utenti indignati: tra i commenti, frasi come "grazie per aver ospitato lo stupratore di Rimini", "vergognatevi", "siete strutture inutili e piattaforme per la diffusione di esseri immondi". La Cooperativa esprime poi "solidarietà e profonda vicinanza verso le vittime delle aggressioni" con "rispetto verso le forze dell'ordine e gli inquirenti deputati a far luce su quanto accaduto" ma condanna "fermamente comportamenti illeciti e lesivi della libertà e dignità altrui".

Cooperativa ' Lai-Momo ' licenzia definitivamente mediatore culturale autore delle frasi-choc sullo stupro di Rimini 
La cooperativa ' Lai-Momo ' di Bologna ha licenziato il mediatore culturale  Abid Jeeche che, all'indomani degli stupri di gruppo di Rimini, aveva scritto su Facebook frasi choc in cui commentava e sosteneva che ' lo stupro è peggio solo all'inizio '. Il dipendente ha presentato delle giustificazioni scritte che Lai-Momo ha respinto, risolvendo in via definitiva il rapporto di lavoro.
"Secondo la procedura tassativamente prevista dalla legge, nel termine di cinque giorni dalla contestazione disciplinare avvenuta il 28 agosto 2017, il dipendente che ha reso la nota odiosa dichiarazione in relazione agli atroci fatti accaduti a Rimini ha presentato delle giustificazioni scritte, che la nostra cooperativa ha respinto", si legge in una nota della Cooperativa "Pertanto Lai-Momo, in data odierna, ha risolto in via definitiva il rapporto di lavoro con la persona in oggetto operando nel pieno rispetto della procedura prevista dalla legislazione sul lavoro- sottolinea anora la Coop- senza cedere alle sollecitazioni, spesso rivolte con un linguaggio offensivo e talvolta minaccioso, di chi ci invitava a ricorrere a modalità meno corrette e rigorose". Inoltre, "ricordiamo- prosegue la nota- che dal giorno dopo la pubblicazione del commento il dipendente è stato sospeso e non ha più lavorato in nessuna delle strutture gestite da Lai-Momo".