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ITALIA

Svolta nel delitto di Garlasco: "Il Dna sotto le unghie di Chiara non è di Alberto Stasi"

Appartiene a una persona di sesso maschile, che potrebbe anche gravitare nel vecchio giro di amicizie o di conoscenze della 26enne uccisa la mattina del 13 agosto 2007. La clamorosa novità, emersa da analisi di laboratorio, viene rivelata in esclusiva dal Corriere della Sera. La madre di Stasi chiederà la revisione del processo: "Non ho fatto che ripeterlo e finalmente ne ho la conferma. Mai e poi mai Alberto avrebbe potuto uccidere Chiara"

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C'è una novità clamorosa nel delitto di Garlasco. E' il Corriere della Sera a raccontarcela oggi in esclusiva. Ed è la mamma di Alberto Stasi, l'ex fidanzato di Chiara Poggi all'epoca studente alla Bocconi, a condividere questa rivelazione con il quotidiano. A un anno dalla condanna definitiva di Stasi, oggi 33enne, e a nove dall'omicidio di Chiara, Elisabetta Ligabò spiega che il Dna trovato e isolato sotto le unghie della ragazza non appartiene a lui, ma a una persona di sesso maschile, che potrebbe anche gravitare nel vecchio giro di amicizie o di conoscenze della 26enne uccisa la mattina del 13 agosto 2007. Lo dicono i risultati di laboratorio condotti da un noto genetista, su incarico degli avvocati dello studio Giarda che si sono affidati a una società di investigazioni di Milano. Una novità che dovrà avere conferma dalle indagini di polizia giudiziaria e dalla probabile rapertura del caso.

Elisabetta Ligabò chiederà la revisione del processo sulla base di questa prova. La mamma di Stasi presenterà un esposto per chiedere la revisione sulla base di una prova che considera risolutiva per l’innocenza del figlio: "Non ho fatto che ripeterlo e finalmente ne ho la conferma. Mai e poi mai Alberto avrebbe potuto uccidere Chiara. Si amavano e avevano progetti in comune. La sera prima erano andati a cena insieme. Di lì a poco sarebbero partiti per le vacanze- racconta la mamma di Stasi ad Andrea Galli e Cesare Giuzzi- Erano felici, uniti, erano spensierati, vivevano con la gioia e la fiducia nel futuro tipica dei giovani fidanzati. Alberto stava per laurearsi e se c’era una persona che più di ogni altra lo spronava e gli dava forza, che lo incoraggiava e lo appoggiava, quella era Chiara".
"Amo mio figlio, l’avrei amato anche da colpevole, ma chi sa del delitto ha continuato a non parlare e a stare nascosto, scegliendo il silenzio, un silenzio terribile, asfissiante, un silenzio atroce che ha coperto e depistato. Così facendo non ha reso giustizia a una ragazza morta e, allo stesso tempo, sta uccidendo una seconda persona".

"Non ho creduto nemmeno per un istante a una sua responsabilità- continua nell'intervista al Corriere- Non ha ammazzato Chiara. E se finora era una convinzione, adesso è una certezza: quella persona deve spiegarmi la presenza del suo Dna sotto le unghie della ragazza. Lo deve a me, lo deve ai genitori di Chiara, lo deve a tutti".

Quella del Dna è una prova fondamentale. E' la prova. Ignorata per anni. In un primo momento, gli investigatori non erano riusciti ad analizzare nella sua completezza i piccoli frammenti trovati sotto le unghie di Chiara. È stata, successivamente, la Corte d’appello di Milano nel processo-bis a disporre una nuova perizia- eseguita dal professore Francesco De Stefano- e a identificare Dna maschile in quelle tracce. Forse, addirittura, appartenenti a due persone. Campioni confrontati con quello di Stasi nel settembre 2014, scrive il Corriere, e risultati compatibili solo per 5 "marcatori" contro la necessità di almeno nove "corrispondenze". E' da qui che sono cominciate le nuove indagini della difesa.

Il delitto: tutto inizia con la chiamata di Stasi al 118
"Ho trovato una persona uccisa in via Pascoli, venite" con la chiamata al 118 di Alberto Stasi inizia il giallo di Garlasco. È il 13 agosto del 2007, Chiara Poggi viene uccisa nella casa dove abita coi genitori e il fratello, che in quel momento sono in vacanza. A chiamare i soccorsi è il fidanzato Alberto Stasi, 24enne studente bocconiano che per tutta la notte viene interrogato dai carabinieri.
20 agosto 2007. La Procura di Vigevano indaga Stasi con l'accusa di omicidio volontario. I carabinieri sequestrano la sua bicicletta bordeaux e il suo computer, frugano in ogni angolo della casa. Da questo momento sarà l'unico sospettato per il delitto.
24 settembre 2007. Il pm Rosa Muscio ordina il fermo di Stasi. La prova 'regina' consiste, spiegano gli investigatori, nella presenza del dna della vittima sui pedali della bicicletta in sella alla quale Alberto sarebbe fuggito.
28 settembre 2007. Il gip Giulia Pravon dispone la scarcerazione di Alberto: non ci sono prove, solo suggestioni accusatorie. "Fine di un incubo", commenta lui.
3 novembre 2008. La Procura chiede il rinvio a giudizio di Stasi. Alla fine di dicembre, Alberto viene indagato per una nuova ipotesi di reato: detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico. Nel suo pc ci sarebbero decine di file a sfondo sessuale che coinvolgono minorenni.
23 febbraio 2009. Comincia l'udienza preliminare davanti al giovane gup Stefano Vitelli. I legali di Stasi scelgono il rito abbreviato.
9 aprile 2009. I pm Rosa Muscio e Claudio Michelucci chiedono la condanna a 30 anni di carcere. "Colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio - dicono - ha ucciso per una lite avvenuta la sera precedente. "Non ci sono arma, movente, solo indizi discordanti, ho paura di una giustizia penale che costruisce prima i colpevoli e poi le prove", ribatte il professor Angela Giarda, che guida il pool di difensori.
30 aprile 2009. Il gup si ritira in camera di consiglio e ne esce con una decisione a sorpresa, disponendo 4 nuove perizie sui punti oscuri dell'inchiesta, partendo dal presupposto che le indagini sono state "lacunose".
17 dicembre 2009. Alberto Stasi viene assolto. Decisiva la perizia informatica che dimostra come Stasi stesse lavorando a casa sua alla tesi di laurea durante il probabile orario del crimine, tra le 9 e 12, quando viene disattivato l'allarme di casa Poggi, e le 9 e 35. Tutti gli altri indizi vengono valutati dal gup come "contraddittori o insufficienti".
8 novembre 2011. Comincia il processo d'appello davanti ai giudici milanesi. Il pg Laura Barbaini chiede 30 anni di carcere o, in subordine, la rinnovazione del dibattimento.
6 dicembre 2011. La Corte d'Assise d'appello conferma l'assoluzione. Nelle motivazioni, i giudici osservano che la realta' "e' rimasta inconoscibile nei suoi molteplici fattori rilevanti, la maggior parte dei quali sono condizionati unicamente dal caso". Parte civile e procura generale presentano un ricorso in Cassazione sostenendo che il verdetto in secondo grado esclude una serie di dati facendoli passare come "mere congetture o supposizioni personalistiche".
18 aprile 2014. La Cassazione annulla la sentenza d'assoluzione e dispone un nuovo processo.
24 novembre 2014. Il sostituto procuratore generale chiede 30 anni di carcere con l'aggravante della crudeltà. Nella requisitoria ha sostenuto che Stasi ha "sistematicamente cercato di ostacolare le indagini con omissioni che sono andate al di là del diritto di difesa".