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POLITICA

Cos'è

Tatarellum, ovvero il 'listino' che potrebbe mettere d'accordo le anime Pd

Il 'listino' introdotto dalla legge Tatarella nelle elezioni regionali potrebbe essere la chiave di volta. Attraverso questo i nuovi senatori non sarebbero né eletti (come voleva la minoranza dem) né scelti (come ipotizzava la riforma) ma designati

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Nella direzione Pd di lunedì sera il premier-segretario Matteo Renzi ha fatto un richiamo al Tatarellum, cioè la legge elettorale in vigore per l'elezione dei governi regionali, che potrebbe essere la chiave di volta della riforma del Senato. Una formula potenzialmente in grado di mettere d'accordo le varie anime dem e far dire finalmente sì anche alla minoranza che la riforma, almeno com'è stata sino ad ora, non l'ha mai amata.

Le richieste della minoranza si erano sempre concentrate sul controverso articolo 2, cioè quello che rigurarda l'elettività o meno dei futuri senatori, con il premier che puntava su senatori non eletti e la minoranza che chiedeva invece che questi venissero scelti attraverso le urne. E proprio l'adozione del modello regionale potrebbe far superare l'empasse individuando una soluzione a metà strada tra le due posizioni facendo diventare i senatori né scelti né eletti, ma 'designati'. E non è infatti un caso che Pierlugi Bersani abbia commentato: "Per noi è un'apertura significativa".

Cos'è il Tatarellum
La Legge Tatarella, giornalisticamente chiamata Tatarellum, è la legge n°43 del 23 febbraio 1995 concepita per regolare il sistema elettorale delle Regioni italiane a statuto ordinario, ed in seguito recepita anche da tre Regioni a statuto speciale e prende il nome dal suo primo firmatario, il deputato di Alleanza Nazionale e già ministro Pinuccio Tatarella. La novità introdotta da questa legge sono i listini regionali, cui vengono riservati di base un quinto dei seggi consiliari, che vengono allocati in modo maggioritario. Il capolista del listino che ottiene il maggior numero di voti è eletto alla presidenza della Regione mentre, come regola generale, tutti gli altri candidati divengono consiglieri. 

Come sarebbe applicato al Senato
Nel caso del senato, il listino associato al candidato presidente di regione conterrebbe, non i nomi dei consiglieri, ma quelli dei senatori. Una fessura nella quale la minoranza dem, che pure non ha partecipato al voto con cui la direzione Pd ha dato il suo via libera alla relazione del segretario, intravede la luce dell'intesa sulle riforme.

"Andiamo alla sostanza", ha detto Bersani: "Mi pare che Renzi abbia fatto un'apertura significativa. Voglio essere chiaro ancora una volta - ha spiegato l'ex segretario Pd - se si intende, come mi pare di avere capito, che gli elettori decidono, scelgono i senatori, e i consigli regionali ratificano, ne prendono atto, va bene, sono d'accordo. Perché é la sostanza di quello che abbiamo sempre chiesto. Decidono gli elettori, i senatori non li si fa in una trattativa a tavolino".