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ITALIA

Accolto l'appello della Procura

Terrorismo, ricercatrice libica fermata a Palermo: il tribunale dispone il carcere

Kadga Shabi è accusata di aver intrattenuto rapporti con organizzazioni integraliste, fatto loro propaganda, ricevuto materiale fotografico e video relativo anche a fosse comuni con cadaveri. La donna avrebbe anche tentato di far arrivare in Italia un familiare, poi morto durante gli scontri nella guerra civile libica

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Il tribunale del Riesame di Palermo, accogliendo l'appello della Procura, ha disposto la custodia cautelare in carcere per Kadga Shabbi, ricercatrice universitaria libica fermata a dicembre per istigazione a delinquere in materia di reati di terrorismo. Il gip non aveva convalidato il fermo ed aveva rigettato la richiesta di carcere avanzata dai pm, disponendo l'obbligo di dimora. La Procura ha fatto ricorso al tribunale del Riesame che ha accolto l'appello.

Nel suo provvedimento il giudice delle indagini preliminari aveva ritenuto insussistente, a carico della donna, il pericolo di fuga: constatazione che l'aveva indotto a non convalidare il fermo della Procura. Inoltre, per il giudice, le esigenze cautelari sarebbero state soddisfatte con l'obbligo di dimora. Valutazioni non condivise dal pm titolare dell'indagine, Geri Ferrara, che, tra l'altro, aveva sottolineato nell'appello ai giudici del riesame come fosse illogico che alla ricercatrice non fosse stato impedita la comunicazione con l'esterno, visto che il reato che le si contestava, cioe' la propaganda a organizzazioni integraliste islamiche, veniva effettuato proprio attraverso l'uso dei social.

La Shabi e' accusata di aver intrattenuto rapporti con organizzazioni integraliste, fatto loro propaganda, ricevuto materiale fotografico e video relativo anche a fosse comuni con cadaveri. La donna avrebbe anche tentato di far arrivare in Italia un familiare, poi morto durante gli scontri nella guerra civile libica.