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ITALIA

Mottarone, è scontro tra magistrati

Tragedia Mottarone. Il gip: "I dipendenti potevano rifiutarsi di bloccare il freno"

La procuratrice di Verbania Olimpia Bossi: "Valuteremo se altri addetti erano consapevoli" 

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Gabriele Tadini (Ansa)
Il gip di Verbania Donatella Banci Bonamici ha disposto gli arresti domiciliari per il caposervizio della funivia del Mottarone, Gabriele Tadini, e ha scarcerato Luigi Nerini, il gestore dell'impianto, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio. Ribaltate le decisioni che erano state assunte dalla Procura della Repubblica di fatto accolte tutte le richieste dei legali dei tre fermati.   

A breve potrebbero essere iscritti nel registro degli indagati anche altri dipendenti della società che gestisce la funivia del Mottarone. 

Tutto il Piemonte si è fermato per un minuto a mezzogiorno nella giornata di lutto proclamata dal presidente della Regione, Alberto Cirio, a una settimana dalla tragedia.

Il gip: dipendenti potevano dire 'no' ai ceppi
Gli addetti alla funivia del Mottarone sapevano della prassi del caposervizio Gabriele Tadini di lasciare inseriti i ceppi per bloccare il sistema frenante, ma forse potevano rifiutare di assecondarla. E' quanto si ricava dall'ordinanza con cui il gip di Verbania ha disposto gli arresti domiciliari per Tadini.

Alcuni passaggi del testo sembrano volere indirizzare la ricerca delle responsabilità: di un manovratore in servizio il 23 maggio, giorno dell'incidente, il giudice scrive che "mai avrebbe dovuto essere sentito come persona informata sui fatti, dopo le dichiarazioni assunte prima delle sommarie informazioni rese da Tadini". 

La procuratrice di Verbania: "Valuteremo se altri dipendenti erano consapevoli"
A breve potrebbero essere iscritti nel registro degli indagati anche altri dipendenti della società che gestisce la funivia del Mottarone. "Valuteremo in che termini sapevano dell'uso dei forchettoni", ha detto a Radio 'Veronica One' la procuratrice di Verbania Olimpia Bossi, e "valuteremo se hanno consapevolmente partecipato o se si sono limitati ad eseguire indicazioni provenienti dall'alto". L'indagine prosegue poi per capire come si è rotto il cavo: "quando saremo in grado di fare gli avvisi avendo un quadro chiaro di tutte le persone e società da coinvolgere le coinvolgeremo negli accertamenti tecnici". 

Gli accertamenti in vista sono"di natura irripetibile e vanno fatti in contraddittorio con le parti", ha aggiunto la procuratrice. Da qui l'esigenza delle informazioni di garanzia. Per Bossi il fatto che sia stato riconosciuto il reato di omissione dolosa di cautele"costituisce un bel punto fermo da cui ripartire".

Il giudice, spiega ancora Bossi, ha detto che a carico dei due chiamati in causa da Tadini "in questo momento non ci sono sufficienti indizi per applicare la misura cautelare, il che non significa che non ce ne saranno in futuro, questo è il punto". Su Nerini e Perocchio la procuratrice ha chiarito che a questo punto "deve essere consolidato" il quadro probatorio e "noi continueremo ad indagare in quel senso, perché anche da un punto di vista logico di dinamiche imprenditoriali mi pare veramente poco credibile che tutti fossero a conoscenza di queste prassi tranne il proprietario" e "cercheremo altri riscontri".   

La procuratrice, poi, ha spiegato che la pressione mediatica sul caso è "certamente faticosa" ma non ha "incidenza"sull'indagine, perché "noi siamo professionalmente e mentalmente preparati ad affrontare i fatti che avvengono e ad indagarli sotto un profilo materiale e giuridico e quindi senza farsi influenzare o trascinare dall'aspetto emotivo".

Gli interrogatori
La giornata di ieri al carcere di Verbania era cominciata alle 9, con gli interrogatori di garanzia. Il primo ad essere sentito è stato Tadini, che ha confermato le dichiarazioni già rilasciate in sede di interrogatorio la notte del fermo, ammettendo di avere utilizzato i cosiddetti 'forchettoni'. "È distrutto - ha detto al termine dell'interrogatorio il suo legale Marcello Perillo - sono quattro giorni che non mangia e non dorme, il peso di questa cosa lo porterà per tutta la vita". Per l'avvocato Perillo "il problema del cattivo funzionamento dei freni", ragione per cui Tadini ha utilizzato il cosiddetto 'forchettone', "non è in alcun modo collegabile al problema della rottura della fune trainante".

Ha, invece, detto di non aver saputo dell'uso delle ganasce il direttore tecnico Enrico Perocchio, che ha spiegato di avere saputo dell'utilizzo dei forchettoni solo alle 12,09 del giorno dell'incidente, quando ha ricevuto da Tadini una telefonata in cui veniva detto: "Ho una fune a terra, avevo i ceppi su". Ultimo ad essere sentito è stato Luigi Nerini, che avrebbe detto che non sarebbe spettato a lui fermare l'impianto. "Il mio assistito - ha spiegato al termine dell'interrogatorio, l'avvocato Pasquale Pantano - ha agito in piena trasparenza. Sapeva che c'era un problema di cattivo funzionamento del sistema dei freni di emergenza, ma non è lui che può fermare la funivia: a farlo possono essere solo il direttore del servizio ed il direttore tecnico".         

Gli interrogatori si sono conclusi nel tardo pomeriggio, poi il gip è tornata nei suoi uffici per formalizzare le sue decisioni, che sono arrivate alle 22,30 e che sono state comunicate in carcere ai legali e ai tre fermati. "Mi riservo di valutare attentamente le motivazioni del gip, e ricordo che esistono anche strumenti di impugnazione": è stato il primo commento del procuratore della Repubblica Olimpia Bossi. "Una decisione - ha aggiunto - che si è basata sul fatto che non è stata ritenuta credibile la testimonianza di Tadini e di altre persone. Stiamo comunque parlando di una fase cautelare e la nostra strategia non cambia. Il lavoro si concentrerà adesso soprattutto sulla valutazione delle cause della rottura della fune. Gli indagati restano gli stessi, il nostro lavoro va avanti".   

Le reazioni dei legali
Soddisfatti i legali che hanno visto accogliere le loro richieste. L'avvocato Perillo, ha commentato: "Avevo chiesto gli arresti domiciliari perché quello che Tadini ha ammesso è molto grave ed è indifendibile". "Non c'erano i presupposti per il fermo dell'ingegner Perocchio", ha detto invece l'avvocato Andrea Da Prato. "Non dobbiamo dare colpe all'accusa - ha aggiunto - il giudice è lì per correggere eventuali errori, fondamentalmente. Io credo che ci sia stato un errore di impostazione. Noi siamo contenti - ha concluso - l'ingegnere è ovviamente provato, stanco ma sereno. Va bene così, andiamo avanti". Infine l'avvocato Pantano, ha detto: "Non si tratta di una vittoria: giustizia è fatta per quanto riguarda Nerini, ma non c'è motivo di gioire. Ancora il grosso delle indagini deve essere fatto, bisogna trovare i responsabili".     

Quando su Verbania era ormai scesa la notte, Tadini, Perocchio e Nerini sono usciti dal carcere: il primo, accompagnato dal suo legale, ha raggiunto il luogo degli arresti domiciliari, gli altri due da uomini liberi.

Gip: su Nerini e Perocchio solo suggestioni
"Palese è al momento della richiesta di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare la totale mancanza di indizi a carico di Nerini e Perocchio che non siano mere, anche suggestive supposizioni". Lo scrive il gip di Verbania Donatella Banci Buonamici nell'ordinanza con cui ieri ha rimesso in libertà il gestore della funivia del Mottarone e il direttore di esercizio e ha mandato ai domiciliari Gabriele Tadini, caposervizio, fermati mercoledì per l'incidente che ha causato 14 morti e il ferimento di un bimbo di 5 anni. Il gip parla di "scarno quadro indiziario" ancora "più indebolito" con gli interrogatori di ieri. 

Gip: Tadini incolpa altri per condividere peso
Gabriele Tadini, caposervizio della funivia del Mottarone che ha ammesso di aver piazzato i forchettoni per disattivare i freni e ha sostenuto che il gestore Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio avevano avallato la scelta, sapeva bene che "il suo gesto scellerato aveva provocato la morte di 14 persone" e per questo avrebbe condiviso "questo immane peso, anche economico"con le "uniche due persone che avrebbero avuto la possibilità di sostenere un risarcimento danni". Per questo ha chiamato "in correità" i "soggetti forti del gruppo", per attenuare le sue"responsabilità". Lo scrive il gip di Verbania. 

Operaio: Tadini ordinò di disattivare i freni il 26/4
È stato Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia del Mottarone, a "ordinare" dimettere "i ceppi" per bloccare i freni di emergenza della cabina e la loro installazione era "avvenuta già dall'inizio della stagione", il "26 aprile", quando l'impianto tornò in funzione dopo le restrizioni anti-Covid. Lo ha spiegato un dipendente della funivia sentito come teste nelle indagini dei pm di Verbania, spiegando che il tecnico ordinò di "far funzionare l'impianto con i ceppi inseriti", a causa delle anomalie al sistema frenante non risolte, "anche se non erano garantite le condizioni di sicurezza necessarie".