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POLITICA

Scenari

Dopo il Referendum, le opzioni per Mattarella

Dal momento in cui Matteo Renzi rimetterà l'incarico nelle sue mani, il capo dello Stato sarà l'arbitro della situazione. Vediamo quali possibilità ha davanti a sé

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Con le dimissioni di Matteo Renzi dopo la schiacciante vittoria del No al voto referendario, il capo dello Stato passa al centro della scena, diventando il vero arbitro della situazione. Queste le opzioni che ha davanti, fermo restando che nelle scorse settimane ha già fatto trapelare la sua contrarietà a sciogliere le Camere, senza una legge elettorale omogenea per Camera e Senato. Vediamo quali sono.

- Potrebbe respingere le dimissioni di Renzi e chiedergli di restare ripresentandosi in Parlamento per un nuovo voto di fiducia.
- Accettare le dimissioni e aprire le consultazioni con i gruppi parlamentari per individuare un presidente del Consiglio che abbia la maggior condivisione possibile.
- Congelare le dimissioni del premier in vista dell'approvazione definitiva della legge di bilancio, in discussione al Senato dopo aver avuto il sì della Camera
- Sciogliere le Camere e indire nuove elezioni politiche.

L'opzione più probabile appare la terza. Matteo Renzi considera finita l'esperienza del suo governo, senza possibilità di un secondo appello. Lo avrebbe spiegato a Mattarella nella telefonata in cui gli anticipava quanto avrebbe annunciato poco dopo la mezzanotte, nella conferenza stampa a Palazzo Chigi. Il capo dello Stato gli avrebbe ventilato l'ipotesi di inviare il governo alle Camere, per verificare la possibilità di un bis. Ma il presidente del Consiglio gli avrebbe fa sapere che, pur garantendo l'approvazione della legge di stabilità, le dimissioni sono irrevocabili. La possibilità dello scioglimento delle Camere è pure un'eventualità da scartare. Per Mattarella non è pensabile andare a elezioni anticipate con una legge elettorale (l'Italicum, che non vale per il Senato) su cui pende il giudizio della Corte Costituzionale e che andrà probabilmente rifatta.

Bilancio, ipotesi approvazione lampo in 48-72 ore
Un'approvazione lampo definitiva della manovra in Senato, in 48 massimo 72 ore. Sarebbe questa l'ipotesi più accreditata, secondo quanto riferiscono fonti della maggioranza, nel caso in cui il premier, Matteo Renzi, decidesse di 'congelare' le sue dimissioni fino all'approvazione della legge di bilancio. Domani dunque partirebbe come previsto l'iter a palazzo Madama. La Commissione Bilancio è convocata per le 12 per le comunicazioni al presidente del Senato, passaggio preventivo per l'apertura della sessione di bilancio. Il passaggio in Commissione del testo sarebbe solo finalizzato alla valutazione delle coperture e non verrebbe presentata alcuna proposta di modifica. Successivamente la richiesta di inviare direttamente il provvedimento in Aula, per consentirne l'approvazione lampo, sarebbe avanzata nella riunione della Conferenza dei capigruppo fissata per le 13. Il testo 'blindato' arrivato dalla Camera, fanno notare le stesse fonti, si compone di un solo articolo e pertanto il via libera potrebbe avvenire in tempi rapidi, entro l'8 o al massimo il 9 dicembre, grazie all'accordo tra i gruppi. Non sarebbe dunque forse necessario neanche porre la fiducia e, in ogni caso, di 'una fiducia tecnica', ovvero finalizzata soltanto a far decadere gli emendamenti.

Fi: no a congelamento dimissioni
"Le strane ipotesi che circolano su un possibile congelamento della crisi del governo Renzi, con l'approvazione accelerata della legge di bilancio grazie addirittura a cosiddette 'fiducie tecniche', sono del tutto impraticabili. Il No al Referendum è un voto di sfiducia a Renzi e alla sua attività di governo nel suo complesso". Lo affermano in una nota congiunta i capigruppo di Forza Italia al Senato e alla Camera, Paolo Romani e Renato Brunetta.

Consultazioni e formazione di un nuovo governo
Il primo problema che si pone, però, superato lo scoglio della manovra, è quale governo possa traghettare il Paese verso le elezioni, che a questo punto potrebbero avvenire non alla scadenza della legislatura nel 2018, ma già nella primavera 2017. Le consultazioni con i gruppi parlamentari serviranno a individuare un presidente del Consiglio che abbia la maggior condivisione possibile.

Chi potrebbe essere il nuovo premier
Presto per fare i nomi, ma le figure che vengono accreditate nei rumors sono il ministro Pier Carlo Padoan, che farebbe anche da garante per i mercati e per il nodo delle banche. Oppure una figura più politica, come Dario Franceschini, che ha un nutrito drappello di parlamentari Pd. L'alternativa è un governo 'del presidente', guidato da una figura istituzionale come il presidente del Senato Pietro Grasso.

Allo stato, Padoan sembra avere maggiori chance per tre ragioni: perché è il più gradito a Renzi e al Pd, che resta il maggior partito in Parlamento; perché può assicurare la continuità della politica economica in un momento di prevedibili turbolenze; perché ha vaste relazioni all'estero ed è in grado di trattare sia con la Commissione europea sia con le cancellerie dei principali Paesi.