Original qstring:  | /dl/archivio-rainews/articoli/Turchia-al-bivio-tra-curdi-e-Isis-Comunitarismo-e-democrazia-nella-nuova-stagione-del-movimento-curdo-700c7e3c-2ef1-4d8f-8a44-689f3ea98302.html | rainews/live/ | true
MONDO

Il partito Curdo laboratorio per una nuova Turchia multiculturale

Turchia al bivio. Confederalismo e democrazia nella nuova stagione del movimento curdo

Dopo la strage di Ankara, costata la vita a più di 100 militanti pacifisti, le elezioni del 1 novembre e l'omicidio dell'avvocato curdo Tahir Elcin, in Turchia prosegue il confronto tra le forze di sicurezza e una parte della popolazione curda. 

Condividi
di Martino Seniga
Negli ultimi mesi il governo turco ha alzato il tiro contro le basi del PKK e dei movimenti autonomisti curdi presenti sia in Turchia che nel cosiddetto Kurdistan Turco, la zona a maggioranza curda della Turchia. Secondo alcuni analisti quella perseguita dal governo di Erdogan è una vera e propria strategia della tensione.

Antonio Ferrari: "In Turchia strategia della tensione"


 
Fino a questo momento né i bombardamenti dell’aviazione turca, contro le basi del PKK, né le bombe dei terroristi, che hanno a più riprese colpito i movimenti curdi, i pacifisti turchi e i militanti del DHP, sono riusciti a far retrocedere i principali leader curdi e lo stesso Ocalan da una posizione di disponibilità al confronto democratico ed alla trattativa con lo stato turco. Le ragioni di questo comportamento sono riconducibili anche alle scelte strategiche ed ideologiche che negli ultimi 10 anni hanno caratterizzato l’evoluzione sociale e politica delle comunità curde sia in Turchia che in Siria. 

 (Recep Tayyip Erdoğan) 

Il comunitarismo democratico nel Rojava
Iniziamo dalla Siria. Nel 2012, dopo l’abbandono del nord della Siria da parte dell’esercito fedele al presidente Bashar al-Assad, le province a maggioranza curda di Afrin, Jazira e Kobani si sono date un’organizzazione sociale e politica autonoma  ed hanno predisposto un esercito di difesa per proteggersi dagli attacchi esterni e, successivamente, dall’attacco militare da parte dell’Isis. Nelle tre province, che formano una zona politicamente autonoma denominata Rojava, è stato istituito il Comitato Supremo curdo (Dbk) di cui fanno parte il Partito dell'Unione Democratica (PYD) e il Consiglio Nazionale Curdo (KNC). Nel novembre 2013 si è costituito un governo ad interim, diviso nelle tre aree autonome o cantoni.


La forma politica adottata è quella del comunitarismo democratico, lo stesso tipo di organizzazione che si è andata consolidando da alcuni anni in vaste aree del Kurdistan turco. Il comunitarismo democratico, o communalismo, si rifà alle idee del libertario ed ecologista americano Murray Bookchin (nella foto) nato a New York nel 1921 e morto in una comune del Vermont nel 2006.


(Murray Bookchin)

Figura originale e controversa della sinistra americana, negli ultimi anni della sua vita Bookchin ha teorizzato una nuova organizzazione sociale e politica basata su comunità locali, organizzate in confederazioni democratiche. Le idee di Bookchin propongono il superamento di concetti fortemente radicati nel pensiero del XX secolo come lo stato nazione e la democrazia rappresentativa, che a livello locale viene sostituita da assemblee di cittadini e forme di democrazia diretta.

Dopo il suo arresto, avvenuto nel 1999, il leader del PKK Abdullah Ocalan, aveva iniziato un intenso scambio di lettere con Murray Bookchin, di cui aveva avuto modo di leggere le opere  nel corso della sua detenzione nell'isola-prigione di İmrali, di cui è tuttora l’unico ospite. Le intuizioni politiche di Bookchin e la sue idee innovative, in particolare riguardo all’organizzazione sociale, economica, culturale ed ecologica delle comunità locali, hanno probabilmente convinto Ocalan ad abbandonare l’ideologia comunista e a proporre ai militanti del PKK di mettere in pratica queste idee nelle zone da loro controllate nel Kurdistan turco. L’adesione al confederalismo democratico e lo sviluppo di comunità autonome, anche se incardinate all’interno di stati nazione tradizionali come la Turchia rendevano però indispensabile un accordo di pace duraturo tra il PKK e lo stato Turco.


 
L'appello di Ocalan
Poco più di 6 mesi fa, il 1 marzo 2015,  Abdullah Ocalan, aveva inviato questo appello ai militanti del PKK ed al popolo turco: "È in corso un processo per metter fine a 30 anni di conflitto, con una pace perpetua, il nostro principale obiettivo è ottenere una soluzione democratica. Mi rivolgo al Pkk perché organizzi un congresso straordinario in primavera per prendere la decisione storica e strategica di metter fine alla lotta armata sulla base di principi mutuamente concordati. Questo appello è una storica dichiarazione d’intenti per sostituire la politica democratica alla lotta armata".
 
Le trattative fra Ocalan e il governo turco, condotte per Ankara dal capo dei servizi segreti del Mit Hakan Fidan, erano iniziate nel 2012 e avevano attraversato fasi alterne. Nel luglio 2015 questo scenario è stato messo in crisi dalla decisione del governo turco di bombardare alcune basi del Pkk, presenti in Turchia e nel Kurdistan iracheno. Un’iniziativa intrapresa dal governo turco in occasione dell’inizio dei bombardamenti turchi contro l’Isis.



Una decisione apparentemente contraddittoria, visto il ruolo dei curdi nel resistere all’Isis a Kobane e in tutto il Rojava, e che sembra motivata anche dalla necessità mettere in difficoltà l’opposizione democratica del DHP, il nuovo partito politico che nelle ultime elezioni è riuscito comunque a riportare in parlamento le nuove istanze politiche e sociali dei curdi e dei movimenti della sinistra laica e democratica turca.

La linea democratica e pacifista dei movimenti autonomisti curdi sembra infatti una scelta strategica, motivata dalla necessità di trovare una soluzione politica capace di cambiare in modo duraturo la condizione di scontro permanente che contrappone la maggioranza dei 10 milioni di curdi che vivono in Turchia all’organizzazione statale centralizzata.

(L'arresto di Ocalan)
 
Di fronte alla impossibilità di creare una nazione curda, che sconvolgerebbe la geopolitica di almeno 4 grandi stati mediorientali (Turchia, Iran, Siria e Iraq), Ocalan, Demirtaş e gli altri leader curdi sanno che l’unica strada percorribile è quella di una maggiore autonomia locale. Un progetto già avviato nel Rojava siriano e nelle zone della Turchia dove si stanno sperimentando le prime forme di confederalismo democratico o comunalismo.