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MONDO

Ue, summit a Malta: l'obiettivo è chiudere la rotta Libia-Italia

Sul tavolo anche le relazioni transatlantiche, con la presidenza di Donald Trump; il futuro dell'Ue e la preparazione del summit di Roma del 25 marzo

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La dimensione esterna delle migrazioni, specie quelle che avvengono lungo la rotta del Mediterraneo Centrale, in particolare dalla Libia all'Italia; le relazioni transatlantiche, con la presidenza di Donald Trump; il futuro dell'Ue e la preparazione del summit di Roma del 25 marzo. Questa l'agenda del vertice informale dei capi di Stato e di governo che si terrà domani alla Valletta, capitale di Malta, Stato che ha la presidenza di turno del Consiglio Ue.

Il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk ha chiarito che la Libia e l'approccio dell'Ue alla rotta migratoria del Mediterraneo Centrale saranno i punti chiave del summit. Una volta chiusa la rotta del Mediterraneo Orientale, dove dopo l'accordo, in realtà una dichiarazione congiunta, con la Turchia, i numeri degli arrivi sono crollati, "ora è tempo di chiudere la rotta dalla Libia all'Italia. Ne ho parlato a lungo con il primo ministro italiano Paolo Gentiloni ed è alla nostra portata", ha detto Tusk, incontrando il primo ministro libico Fayez al Sarraj a Bruxelles. Ma un conto è annunciare un obiettivo, un altro è raggiungerlo. Nessuno si fa illusioni: "Sappiamo tutti, naturalmente, che non sarà una cosa che darà risultati nello spazio di un mattino. Ci sono grosse differenze con la Turchia, ma non ci sono alternative, dobbiamo tentare. La situazione attuale non è sostenibile", notano fonti del Consiglio Europeo.

I numeri parlano da soli, e sono riportati nelle bozze della dichiarazione di Malta che circolano a Bruxelles: sulla rotta del Mediterraneo Orientale, gli arrivi negli ultimi quattro mesi del 2016 sono calati del 98% rispetto allo stesso periodo un anno prima. "Tuttavia, sulla rotta del Mediterraneo Centrale oltre 181mila arrivi sono stati rilevati nel 2016, mentre il numero delle persone morte o scomparse in mare ha toccato un nuovo record ogni anno, a partire dal 2013". Quindi, allo stato, quella del Mediterraneo Centrale è la principale via di arrivo di migranti irregolari nell'Ue. Un flusso che è già costato moltissime vite e che l'Ue, ora che la primavera si avvicina, mette al centro dei propri sforzi. Un approccio, questo, ben visto dall'Italia, Paese di primo arrivo: "Siamo molto soddisfatti: per la prima volta da due anni, finalmente l'Ue si concentra sulle rotte del Mediterraneo Centrale, in particolare sulla Libia", spiegano fonti diplomatiche. A questa rifocalizzazione hanno contribuito sia la pressione della diplomazia italiana, sia l'approssimarsi delle elezioni in diversi Paesi europei e la consapevolezza della dimensione del fenomeno.

In Germania quest'anno si vota e il capogruppo del Ppe nel Parlamento Europeo, il tedesco Manfred Weber, esorta i leader che domani si riuniranno a Malta a dare "risposte forti e chiare" sul tema migrazioni, questione sulla quale "l'Europa non può esitare. Ci aspettiamo - dice - che al vertice europeo della Valletta vengano prese decisioni sulla politica di migrazione. Sono state fatte troppe promesse, ma non è stato fatto abbastanza. Gli Stati membri dell'Ue fino a oggi hanno pagato solo il 40% degli importi stabiliti in favore del fondo per l'Africa". In ogni caso, prosegue Weber, "dobbiamo chiarire che non possiamo più sostenere questi flussi migratori in Europa, perché la capacità dell'Europa di accogliere e di integrare i migranti è limitata". L'obiettivo della discussione, spiegano fonti del Consiglio Europeo, è "piuttosto chiaro", ma "non semplice: abbattere il numero dei migranti irregolari sulla rotta del Mediterraneo Centrale, dove il 90% degli arrivi in Italia proviene dalla Libia".

Quindi, il focus della discussione sarà sulla Libia. Ma è chiaro a tutti che in quel Paese la situazione è ben diversa rispetto a quella che c'è in Turchia. Il primo ministro libico Fayez al-Sarraj ha sottolineato a Bruxelles che il suo Paese (o meglio la parte controllata dal governo riconosciuto) si impegna nella lotta al terrorismo, ma che l'Ue deve fornire più fondi, perché le somme versate finora sono "molto piccole". Un'altra fondamentale differenza è che, mentre sulla rotta dell'Egeo, ormai praticamente chiusa, siriani e iracheni in fuga dalla guerra erano numerosi, su quella libica "viaggiano principalmente migranti economici, e non rifugiati", sottolineano fonti del Consiglio Europeo. Quindi persone "che non hanno diritto alla protezione internazionale". E, come tali, non passibili di ricollocamento in altri Paesi Ue, cosa che è prerogativa dei rifugiati. Ricollocamento che fa parte della dimensione interna delle migrazioni, in particolare della riforma del sistema di Dublino, un tema oggi molto divisivo per i vari Paesi dell'Ue. Ma, una volta che i numeri degli arrivi dalla Libia saranno sperabilmente abbattuti, diventerà "molto più facile" discutere di ricollocamenti, sottolineano fonti del Consiglio.

In concreto, comunque, non ci sarà "nessun bazooka" come la creazione di centri in Nordafrica per effettuare lo screening dei migranti: si tratta di ipotesi di lavoro "per il futuro", che allo stato sono "premature". Invece, l'approccio è quello del 'capacity building', come viene chiamato in gergo: cioè formare la guardia costiera libica, cosa che già sta avvenendo; aiutare le autorità libiche a gestire le sconfinate frontiere terrestri, rafforzare i Paesi vicini come Ciad, Niger e Mali, implementare programmi di sostegno alle comunità costiere libiche, in modo che possano accogliere meglio i migranti, promuovere il coordinamento delle varie intelligence nella lotta ai trafficanti.á Dall'esperienza con la Turchia, spiegano fonti del Consiglio, "quello che copiamo sono la determinazione e l'obiettivo di abbattere il numero degli arrivi: tutto il resto è diverso", perché molto diverse sono le condizioni sul terreno.