Il direttore di pediatria del Bambino Gesù di Roma
Ugazio: il 2016 dei bambini
Obesità, allergie, calo delle vaccinazioni sono i problemi principali, a cui mettere mano quest’anno per fermare un trend molto preoccupante. Sullo sfondo, il problema più grande, quello della denatalità. Colloqui col prof. Alberto Ugazio, direttore del Dipartimento di Medicina Pediatrica dell’ospedale Bambino Gesù di Roma

Allergie ed obesità rimangono le due grandi epidemie dei nostri giorni. In tutti i Paesi industrializzati, all’incirca 1 bambino su 10 soffre di una malattia allergica. Quanto al sovrappeso e all’obesità, l’Italia detiene un primato mondiale poco invidiabile: ne soffre all’incirca un bambino su tre. Sono numeri che non sono destinati a cambiare sostanzialmente nel prossimo futuro. Le oscillazioni annuali sono insignificanti. Quanto all’allergia, non abbiamo ancora individuato con sufficiente chiarezza i fattori ambientali che, nel passaggio da società agricola a società industriale, hanno provocato la vera e propria epidemia di asma, eczema atopico, rinocongiuntivite ed altre malattie allergiche che oggi rende problematica la vita e il futuro di tanti bambini. Uno studio molto promettente è stato pubblicato proprio nel 2015: a proteggere dall’allergia i bambini che vivono nelle fattorie, sarebbero concentrazioni ambientali molto alte di molecole prodotte dai batteri intestinali degli equini, dei bovini, degli ovini. Sono molecole ben note agli immunologi e possiamo sperare, nel prossimo futuro, di poter prevenire le allergie somministrando nelle primissime età della vita farmaci derivati proprio da queste molecole.
Conosciamo benissimo, invece, i fattori ambientali che hanno scatenato l’epidemia di sovrappeso e di obesità nel bambino. La diffusione del benessere economico ha ridotto la fatica fisica, il movimento e ha messo a disposizione della maggioranza una grande quantità e varietà di alimenti. E’ un’epidemia davvero preoccupante perché la maggioranza dei bambini obesi lo rimarrà anche da adulto e sarà così ad alto rischio di malattie cardiovascolari, respiratorie, tumorali e degenerative che rappresentano la principale causa di malattia e di morte prematura nell’adulto e nell’anziano. Il “caso Italia” è per molti versi paradossale. Siamo la patria della dieta mediterranea, eppure la percentuale di bambini sovrappeso e obesi è più o meno sovrapponibile alla media europea nelle regioni del nord e aumenta via via lungo lo stivale fino a raggiungere il 50% - una cifra che ha dell’incredibile – proprio in Campania che tutti consideriamo la culla della dieta mediterranea. Per far diminuire l’obesità infantile occorre un profondo cambiamento nello stile di vita di tutta la famiglia: una dieta più sana e meno calorica (più verdure, più frutta, meno carni e meno dolciumi), movimento fisico quotidiano (a scuola a piedi o in bicicletta). Sono obiettivi facili da enunciare ma molto difficili da raggiungere. Si impone un profondo mutamento culturale a livello individuale, delle singole famiglie, e un mutamento altrettanto profondo della nostra organizzazione sociale. Come raccomandare di mandare i bambini a scuola in bicicletta nelle nostre città progettate e vissute a misura di automobile? D’altro canto, per promuovere stili di vita salutari, scuola e media hanno un ruolo insostituibile. Il fatto è che arriviamo molto in ritardo .Anche nel 2015 è continuato il trend in calo per i vaccini, per alcuni siamo già sotto la soglia utile per garantire l'effetto gregge. Come recuperare la fiducia dei genitori?
Il nostro è uno dei pochissimi Paesi al mondo che può contare sul Pediatra di famiglia. La fiducia dei genitori non deve recuperarla: se l’è già conquistata aiutandoli a risolvere i piccoli, grandi problemi quotidiani della crescita, intervenendo per curare qualche malanno… Quanti genitori in più vaccinerebbero i propri bambini se fosse il Pediatra di famiglia a vaccinare i bambini nel proprio studio? Sono convinto che sarebbero molti, molti di più. Perché oggi l’organizzazione della Sanità Pubblica (le ASL) trasforma le vaccinazioni in una pratica burocratica capace di scoraggiare anche il genitore meglio orientato. Riceve una cartolina di convocazione e si trova di fronte un medico che non ha mai conosciuto e che di regola non incontrerà mai più. Non è un caso che in quasi tutti i Paesi del mondo le vaccinazioni vengano praticate dal medico di famiglia. I Medici della Sanità Pubblica hanno un compito essenziale di programmazione, organizzazione e verifica della efficacia e della sicurezza delle vaccinazioni.
Un altro nemico tutto italiano delle vaccinazioni è il “federalismo vaccinale”: ogni regione, in pratica, ha un proprio calendario vaccinale diverso da quello delle altre Regioni. Oggi, ad esempio, siamo ancora in attesa del nuovo calendario vaccinale perché molte regioni “la pensano diversamente” dagli esperti del Ministero e delle Società scientifiche. Avremmo bisogno di un calendario vaccinale europeo – i microbi non hanno ancora imparato a rispettare le frontiere! – e stiamo a discutere di differenze regionali! La mamma campana viene a sapere dall’amica di Matera che in Basilicata si vaccina in tutt’altro modo. Lo stesso per il papà lombardo che scopre dal proprio collega di Novara che in Piemonte si vaccina diversamente. Che fiducia possono avere i genitori? Per recuperarla, un po’ di serietà non guasterebbe.
I genitori si preoccupano moltissimo quando c'è un sintomo fisico, soprattutto febbre, ma da un punto di vista psicologico come stanno crescendo i nostri bambini?
Quel che colpisce il pediatra è la difficoltà crescente che incontrano i genitori nel tentativo di conciliare due esigenze ugualmente importanti per il bambino: assicurargli un presente felice e prepararlo a quella che gli anglosassoni chiamano “resilienza”, la capacità di affrontare in futuro le difficoltà della vita e di superarle. Un tempo questo compito era facilitato dalla tradizione, da regole tramandate nella famiglia, dagli insegnamenti della Chiesa. L’evoluzione della società e del pensiero ha indebolito o addirittura vanificato molti di questi pilastri. Molti genitori finiscono col soddisfare il presente pur rendendosi conto che non stanno preparando i figli ad affrontare i problemi che verranno. Oggi l’atteggiamento di una corrente sempre più consistente di psicologi e di pedagogisti sta mutando rispetto al passato. Il bambino cerca soprattutto sicurezza e stabilità. Accontentarlo sempre e comunque lo rende infelice oggi e lo prepara ad un futuro difficile. Il genitore autorevole, capace di dare al bambino serenità e felicità anche e soprattutto quando deve dirgli di no, è un ideale cui tendere. Certo, il mestiere del genitore, oggi, è davvero difficile.
La natalità nel nostro Paese continua a mantenersi molto bassa, e si arriva alla maternità in età sempre più avanzata. Come invertire questo trend?
Siamo ormai da anni all’ultimo o al penultimo posto al mondo per natalità. Quando mi capita di passeggiare per una città finlandese, francese o spagnola – Paesi che non spiccano certo per altissimi tassi di natalità – le strade mi sembrano colorate da una moltitudine di bambini. Neonati in carrozzella, piccoli bambini rincorsi dai genitori, famiglie numerose, con tanti giovani e bambini che giocano in un parco, tante giovani donne col pancione… Da noi, Idroscalo e Villa Borghese sono popolati da nonni in cerca del nipote che non è mai arrivato. Il problema, in questo caso, è esclusivamente politico. I genitori – e in particolare le mamme – non sono aiutati. Basta un’occhiata alla vicina Francia: incentivi sostanziali per ogni nuovo figlio, ma soprattutto servizi: asili nido ovunque, anche e soprattutto nei posti di lavoro. Incidentalmente, come colpevolizzare madri e pediatri se l’allattamento al seno, in Italia, crolla dopo il terzo mese? Non sarà per caso che le donne lavorano e che, in mancanza di un nido sul posto di lavoro, sono costrette a smettere? Incidentalmente, la maggioranza dei nostri comuni non dispone di asili nido. Ma in molti casi, gli stessi orari delle nostre scuole sono ancora programmati per una famiglia che non esiste più. Mancano i fondi per questi investimenti? Mi si spieghi allora chi pagherà le pensioni (e l’assistenza sanitaria) di chi ha attualmente quaranta o cinquant’anni. L’Italia, non è un Paese per giovani.