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CULTURA

A Camogli la prima edizione del festival della comunicazione

Sul web l'apparente libertà è oggettivo smarrimento. Parola di Umberto Eco

L'idea della manifestazione nacque l'anno scorso in un caffè di Milano, dentro al quale il semiologo, entusiasta della proposta dei due fondatori, Rosangela Bonsignorio e Danco Singer, scrisse su un tovagliolo i nomi dei primi ospiti

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Camogli
Giacca blu, calzini rossi e l’inconfondibile erre alla francese. Il semiologo più famoso d’Italia ha inaugurato la prima edizione del festival della comunicazione a Camogli. Una lectio magistralis di Umberto Eco ha incantato il pubblico giunto alle Cinque Terre per una maratona dedicata agli scrittori, ai giornalisti, agli esperti di social network, di mass media e di comunicazione tout court. 


Grandi oratori
 “Comunicare significa attivare nella mente di qualcuno qualcosa che c’è nella nostra mente, diceva Sant’Agostino; implicava il trasporto volontario e intenzionale di un’idea da un emittente a uno o più destinatari conosciuti”, ha spiegato Umberto Eco. Il rischio di oggi è quello di confondere i “grandi comunicatori” con i “buoni oratori”, con coloro, cioè, che semplicemente godono di una buona capacità d’espressione. E non risparmia il riferimento al panorama politico odierno: "Matteo Renzi, Beppe Grillo, Silvio Berlusconi e Papa Francesco un tempo sarebbero stati definiti grandi oratori, oggi sono considerati grandi comunicatori''.

Connessi e assenti
Il web trasforma il chiacchierio della massa in notizia e i giovani delle nuove generazioni sono sempre connessi, sì, ma anche sempre più assenti. Ipernutriti di informazioni tra le quali non si riescono a districare, perché l'apparente libertà di cui godono in rete è un oggettivo smarrimento: sono esposti ad un'influenza esterna sempre più ampia, di cui però non si può conoscere mai con esattezza la provenienza.

Dalle email ai cinguettii
La comunicazione moderna inizia con le email: "Un'invenzione grande almeno quanto quella dei jet intercontinentali, che provoca problemi di "mail-lag" al contrario, ai quali dobbiamo adattarci", spiega Umberto Eco, che racconta un aneddoto legato alla pericolosità delle email: un dipendente stimato di un'azienda si trova in trasferta all'estero, quando riceve una mail da un collega che lo avvisa di un suo progetto di lavoro bocciato proprio mentre è lontano. Incollerito, invia un'email feroce al suo capo con in copia altri colleghi e superiori. Non ha avuto il tempo di ragionare - spiega Eco - e si è rovinato la carriera (nel video allegato è raccontata una parte della storia). Questo perché ormai il modo del trasporto del messaggio interferisce sempre di più con la natura del messaggio stesso.

"Il medium è il messaggio", lo diceva il sociologo canadese Marshall McLuhan: e così, dal "cicaleccio di Facebook" all'effetto "bar sport" di Twitter, la comunicazione è divenuta intermittente e fugace: 140 caratteri, che sono il mezzo e il messaggio. Un messaggio democratico, ma superficiale, nel quale il dominio del presente fa impallidire la memoria di un passato che sbiadisce.