ITALIA
Capsula Mundi, un’idea di sepoltura ecologica
Un albero al posto di una lapide
In molti Paesi, come in Gran Bretagna, Canada e Australia, sta prendendo sempre più piede l’eco sepoltura che, oltre a essere di gran lunga più economica per le famiglie del defunto, risparmia il taglio degli alberi e la conseguente deforestazione

“Una zolla non rigida copra le tenere membra, e su di lei,
terra, non essere pesante: lei non lo fu con te”.
Così il poeta Marziale scriveva nel componimento funebre per la morte di Erotion, una bambina romana di cinque anni. E come se fosse una persona, si rivolgeva alla terra affinché non pesasse sul piccolo corpo. Questa familiarità con gli elementi naturali non contrastava, anzi rafforzava la grande sensibilità nei confronti dei defunti, comune a molti popoli antichi. Oggi sentimenti simili sono andati tragicamente perduti.
Voltando le spalle a un ricco bagaglio cultuale che accompagnava i morti nel passaggio all’”aldilà”, ci siamo trovati di colpo impreparati di fronte a questa importante fase della vita. E paradossalmente, abbiamo iniziato a pesare come non mai, sulla terra. Tombe, cappelle e cimiteri contemporanei hanno iniziato da tempo a essere un “problema”. E non si tratta solo di spazio utile da trovare e da ottimizzare, ma anche di impatto ambientale vero e proprio.
Soltanto in Italia ogni anno si abbattono 50 km quadrati di bosco per costruire bare che, una volta interrate, iniziano a inquinare il suolo con le loro sostanze: vernici, lacche, zinco e altri materiali di rifinitura che possono arrivare a contaminare persino le falde acquifere. Per non parlare dell’impatto sull’ambiente dei loculi cimiteriali in cemento. Le soluzioni alternative sono molte. Una di queste, l’unica permessa anche in Italia, è la cremazione, che rilascia però nell’aria gas serra e sostanze tossiche.
In molti Paesi, come in Gran Bretagna, Canada e Australia, sta prendendo sempre più piede l’eco sepoltura che, oltre a essere di gran lunga più economica per le famiglie del defunto, risparmia il taglio degli alberi e la conseguente deforestazione. Soltanto in Gran Bretagna sono ormai più di 200 le aree adibite a cimiteri verdi. E sono molte le ditte in varie parti del mondo che pensano e esperimentano nuovi materiali per bare “alternative”: dal bambù al vimini, dalle foglie di banano al cartone riciclato, fino a sudari di lana. L’idea è quella di limitare al massimo il nostro impatto sull’ambiente anche dopo la morte. Affidare alla terra la decomposizione del corpo implica anche un cambiamento etico nei confronti della nostra vita: tornare a considerarla parte della natura e della terra stessa. E un cambiamento etico nei confronti della morte: niente di più, niente di meno, di un momento importante, naturale e irrinunciabile della nostra vita. Nel segno di questo profondo cambiamento, stanno lavorando due designers, Anna Citelli e Raoul Bretzel, che hanno ideato il primo progetto italiano di sepoltura ecologica: Capsula Mundi (http://www.capsulamundi.it/). Una “bara” a forma ovoidale da seppellire sotto un albero. Ecco cosa Rainews ha domandato loro:
Come è nata l'idea di Capsula Mundi e cosa vi ha ispirato?
L'idea è nata da una riflessione sul ruolo del designer, all'interno di una manifestazione internazionale dedicata all'innovazione e all'avanguardia nel settore dell'arredamento: Il Salone del Mobile di Milano. Come designers ci siamo posti degli interrogativi sul ruolo che ci spetta nei confronti di una società che noi riteniamo oramai distante dalla natura, soddisfatta e sovraccarica di oggetti per ogni esigenza. Abbiamo voluto dedicare il nostro lavoro ad un momento della vita di estrema importanza e denso di referenti simbolici, così come lo sono nascita e matrimonio. Un momento in cui si smette di consumare e di produrre, quindi teoricamente distante dall’ambiente a cui i designers dedicano il loro lavoro. La bara, che è un oggetto dimenticato da chi si occupa di design, diventa un veicolo che ci conduce a riflettere sulla presunzione di non appartenere al ciclo biologico della vita e ci porta a elabolare il grande tabù del nostro tempo: la morte. Ma non c’è oscurità, privazione o degrado osservando la morte da un punto di vista “biologico”; il nostro corpo senza vita continua a generare elementi attraverso naturali trasformazioni.
La vostra preparazione professionale è di respiro artistico. Tecnicamente come avete affrontato la progettazione del materiale biodegradabile?
E' parte integrante del nostro progetto la realizzabilità delle capsule in grandi numeri, a costi accessibili a tutti, con un materiale biodegradabile che non comporti elevati costi ambientali. Le bare in legno costituiscono l’oggetto con il più breve ciclo di vita tra i manufatti dell’uomo. Inoltre sono costruite con essenze dure e pregiate esclusivamente per svolgere una funzione dalla durata di massimo 3 giorni. Abbiamo pensato che si potesse utilizzare il Mater Bì, che nel 2003 era un materiale ancora poco conosciuto ed era l’unica plastica biodegradabile in produzione. Abbiamo quindi preso contatto con la ditta produttrice e con le aziende che avevano iniziato a produrre oggetti con questa plastica e siamo giunti alla definizione di un possibile procedimento produttivo per le Capsule, che garantisse la reale fattibilità del nostro progetto.
L'attuale legge italiana rende ancora impossibile la realizzazione del progetto. In questi dieci anni, da quando è nata Capsula Mundi, cosa è cambiato e cosa siete riusciti a realizzare?
Come sempre la società cambia più velocemente dell'evoluzione delle leggi che governano il Paese. Possiamo affermare che si sono avuti alcuni progressi sul tema della cremazione e delle ceneri. In Italia la legislazione, che è comunque regionale e presenta quindi differenze tra una regione e un’altra, è arrivata oggi a consentire la detenzione dell’urna purché si nomini un custode “ufficiale”, la sepoltura dell’urna in apposite aree dei cimiteri e l’aspersione all’interno di aree geografiche, anche marine, autorizzate dalla Regione. Ma siamo ancora lontani dalla possibilità di avere cimiteri verdi in Italia, quindi dalla realizzazione del nostro progetto.
E' stato mai possibile "esportare" la vostra idea all'estero? In sostanza, ci sono persone che sono andate a riposare fra le radici di un albero con Capsula Mundi?
I cimiteri verdi e le “green burials” hanno avuto uno sviluppo sorprendente all'estero, soprattutto nei paesi anglosassoni: USA, Australia e Inghilterra in testa. La nostra idea è molto seguita ed apprezzata, ma al momento siamo ancora nella fase della divulgazione del progetto.
Capsula Mundi ha partecipato a mostre ed eventi. Quali reazioni avete incontrato fra le persone e quali sono le resistenze più forti al progetto?
Durante le esibizioni, Capsula Mundi ha suscitato un grande interesse e molte sono state le persone che ci hanno chiesto cosa dovessero fare per aver accesso al bosco di memoria. Questa continua richiesta non si è mai fermata. Il progetto non ha mai suscitato scandalo o fastidio, è stato capito nella sua totalità oltre ogni aspettativa. Dall'estero ci sono arrivate reali richieste di svilupparlo, soprattuto in USA, che stiamo valutando. Attualmente stiamo collaborando con Livinglegacy, una company australiana che sta portando avanti un progetto molto ampio e ben strutturato in partnership con il governo locale, focalizzato sulla realizzazione dei cimiteri verdi visti anche come potente mezzo di tutela del territorio. Tale collaborazione porterà nel 2016 a far compiere i primi passi concreti al nostro progetto nel suo insieme (capsule-alberi-boschi), probabilmente partendo con uova più piccole per le ceneri.
In che modo cercate di divulgare la vostra idea?
Noi abbiamo un sito web e una pagina FB, che sono molto visitati. Inoltre le interviste e gli articoli che continuano a fiorire intorno al progetto ci offrono ottime opportunità di divulgazione per Capsula Mundi.
La posizione fetale pone molti problemi "tecnici" a causa del rigor mortis. Nessuno ha mai manifestato l'idea di essere sepolto in posizione distesa, magari invece che in una forma ovale, in una più allungata, come per esempio quella di un baccello? (La progettazione paesaggistica, come l'ingegneria naturalistica, dopo tutto prevede distanze di almeno 10 metri fra un albero e un altro, quindi lo spazio "utile" ci sarebbe).
Per quanto riguarda il rigor mortis, il progetto prevede il coinvolgimento di diverse competenze per poter essere realizzato a pieno. Non è solo una questione di feretri e alberi, ma di un percorso di “accompagnamento” che dovrebbe iniziare con l’adesione ad un associazione che si occuperebbe di creare le condizioni per poter realizzare ogni fase dell’evento di fine vita. Il rigor mortis comunque sopraggiunge in un lasso di tempo sufficiente per poter sistemare il corpo nella Capsula. La posizione fetale aiuta ad identificare il senso profondo del progetto: la continuità del ciclo di vita l'interno del ritmo biologico perpetuo che governa la Terra. Ma non è un vincolo, abbiamo progettato diverse forme per declinare il progetto, qualora ce ne fosse la necessità.
Il vostro pensare alla "costruzione" di un bosco sacro è molto poetica, oltre che efficace nell'inserire l'idea all'interno di un universo simbolico, storicamente già appartenuto alla nostra cultura. Quanto è effettivamente realizzabile un bosco sacro in Italia?
Al momento non è realizzabile. La legislazione Italiana, ancorata a dettami di impianto napoleonico, è molto restrittiva. Di fatto ciò che si costruisce all'interno dei cimiteri sono strutture murarie, sia in terra che in superficie, per il massimo utilizzo dello spazio. Noi auspichiamo che ci possano essere in futuro luoghi di memoria alternativi agli attuali cimiteri, nei quali, per problemi soprattutto economici e di spazio, si sta esasperando il principio –secondo noi poco umano- della massima sovrapposizione, come per es. il nuovo progetto del grattacielo di loculi per la città di Verona.
Avete fatto un calcolo delle superfici o una mappatura dei terreni (parchi, oasi e spazi urbani e suburbani) adatti a ospitare simili boschi?
Non abbiamo ancora sufficienti fondi o risorse per poter affrontare questa fase del progetto.
Oltre a proporsi come un innovativo mezzo di "sepoltura ecologica", la vostra idea racchiude un messaggio di rispetto reciproco fra elementi naturali e collettività umana. Eppure molti impedimenti dipendono dall'attaccamento di ognuno a una tradizione, religiosa, familiare, sociale. Capsula Mundi è destinata a rimanere un'utopia?
Capsula Mundi è il primo progetto per introdurre in Italia i cimiteri verdi. Forse è questa l'utopia. Ma nel mondo ci sono differenti e numerosi boschi della memoria dislocati ovunque e declinati in varie forme. Ci sono boschi di ciliegi in cui poter essere inumati o si può andare in un area nuova, che diventerà un bosco grazie all'albero che si è scelto come proprio simbolo o si può andare in un bosco antico. Non è un'utopia altrove. Il tipo di sepoltura che proponiamo va oltre le appartenenze culturali o religiose e adotta simboli universali, comuni a tutte le persone e ad ogni cultura: un uovo, simbolo della nascita e un albero, simbolo di congiunzione tra la terra e il cielo.
terra, non essere pesante: lei non lo fu con te”.
Così il poeta Marziale scriveva nel componimento funebre per la morte di Erotion, una bambina romana di cinque anni. E come se fosse una persona, si rivolgeva alla terra affinché non pesasse sul piccolo corpo. Questa familiarità con gli elementi naturali non contrastava, anzi rafforzava la grande sensibilità nei confronti dei defunti, comune a molti popoli antichi. Oggi sentimenti simili sono andati tragicamente perduti.
Voltando le spalle a un ricco bagaglio cultuale che accompagnava i morti nel passaggio all’”aldilà”, ci siamo trovati di colpo impreparati di fronte a questa importante fase della vita. E paradossalmente, abbiamo iniziato a pesare come non mai, sulla terra. Tombe, cappelle e cimiteri contemporanei hanno iniziato da tempo a essere un “problema”. E non si tratta solo di spazio utile da trovare e da ottimizzare, ma anche di impatto ambientale vero e proprio.
Soltanto in Italia ogni anno si abbattono 50 km quadrati di bosco per costruire bare che, una volta interrate, iniziano a inquinare il suolo con le loro sostanze: vernici, lacche, zinco e altri materiali di rifinitura che possono arrivare a contaminare persino le falde acquifere. Per non parlare dell’impatto sull’ambiente dei loculi cimiteriali in cemento. Le soluzioni alternative sono molte. Una di queste, l’unica permessa anche in Italia, è la cremazione, che rilascia però nell’aria gas serra e sostanze tossiche.
In molti Paesi, come in Gran Bretagna, Canada e Australia, sta prendendo sempre più piede l’eco sepoltura che, oltre a essere di gran lunga più economica per le famiglie del defunto, risparmia il taglio degli alberi e la conseguente deforestazione. Soltanto in Gran Bretagna sono ormai più di 200 le aree adibite a cimiteri verdi. E sono molte le ditte in varie parti del mondo che pensano e esperimentano nuovi materiali per bare “alternative”: dal bambù al vimini, dalle foglie di banano al cartone riciclato, fino a sudari di lana. L’idea è quella di limitare al massimo il nostro impatto sull’ambiente anche dopo la morte. Affidare alla terra la decomposizione del corpo implica anche un cambiamento etico nei confronti della nostra vita: tornare a considerarla parte della natura e della terra stessa. E un cambiamento etico nei confronti della morte: niente di più, niente di meno, di un momento importante, naturale e irrinunciabile della nostra vita. Nel segno di questo profondo cambiamento, stanno lavorando due designers, Anna Citelli e Raoul Bretzel, che hanno ideato il primo progetto italiano di sepoltura ecologica: Capsula Mundi (http://www.capsulamundi.it/). Una “bara” a forma ovoidale da seppellire sotto un albero. Ecco cosa Rainews ha domandato loro:
Come è nata l'idea di Capsula Mundi e cosa vi ha ispirato?
L'idea è nata da una riflessione sul ruolo del designer, all'interno di una manifestazione internazionale dedicata all'innovazione e all'avanguardia nel settore dell'arredamento: Il Salone del Mobile di Milano. Come designers ci siamo posti degli interrogativi sul ruolo che ci spetta nei confronti di una società che noi riteniamo oramai distante dalla natura, soddisfatta e sovraccarica di oggetti per ogni esigenza. Abbiamo voluto dedicare il nostro lavoro ad un momento della vita di estrema importanza e denso di referenti simbolici, così come lo sono nascita e matrimonio. Un momento in cui si smette di consumare e di produrre, quindi teoricamente distante dall’ambiente a cui i designers dedicano il loro lavoro. La bara, che è un oggetto dimenticato da chi si occupa di design, diventa un veicolo che ci conduce a riflettere sulla presunzione di non appartenere al ciclo biologico della vita e ci porta a elabolare il grande tabù del nostro tempo: la morte. Ma non c’è oscurità, privazione o degrado osservando la morte da un punto di vista “biologico”; il nostro corpo senza vita continua a generare elementi attraverso naturali trasformazioni.
La vostra preparazione professionale è di respiro artistico. Tecnicamente come avete affrontato la progettazione del materiale biodegradabile?
E' parte integrante del nostro progetto la realizzabilità delle capsule in grandi numeri, a costi accessibili a tutti, con un materiale biodegradabile che non comporti elevati costi ambientali. Le bare in legno costituiscono l’oggetto con il più breve ciclo di vita tra i manufatti dell’uomo. Inoltre sono costruite con essenze dure e pregiate esclusivamente per svolgere una funzione dalla durata di massimo 3 giorni. Abbiamo pensato che si potesse utilizzare il Mater Bì, che nel 2003 era un materiale ancora poco conosciuto ed era l’unica plastica biodegradabile in produzione. Abbiamo quindi preso contatto con la ditta produttrice e con le aziende che avevano iniziato a produrre oggetti con questa plastica e siamo giunti alla definizione di un possibile procedimento produttivo per le Capsule, che garantisse la reale fattibilità del nostro progetto.
L'attuale legge italiana rende ancora impossibile la realizzazione del progetto. In questi dieci anni, da quando è nata Capsula Mundi, cosa è cambiato e cosa siete riusciti a realizzare?
Come sempre la società cambia più velocemente dell'evoluzione delle leggi che governano il Paese. Possiamo affermare che si sono avuti alcuni progressi sul tema della cremazione e delle ceneri. In Italia la legislazione, che è comunque regionale e presenta quindi differenze tra una regione e un’altra, è arrivata oggi a consentire la detenzione dell’urna purché si nomini un custode “ufficiale”, la sepoltura dell’urna in apposite aree dei cimiteri e l’aspersione all’interno di aree geografiche, anche marine, autorizzate dalla Regione. Ma siamo ancora lontani dalla possibilità di avere cimiteri verdi in Italia, quindi dalla realizzazione del nostro progetto.
E' stato mai possibile "esportare" la vostra idea all'estero? In sostanza, ci sono persone che sono andate a riposare fra le radici di un albero con Capsula Mundi?
I cimiteri verdi e le “green burials” hanno avuto uno sviluppo sorprendente all'estero, soprattutto nei paesi anglosassoni: USA, Australia e Inghilterra in testa. La nostra idea è molto seguita ed apprezzata, ma al momento siamo ancora nella fase della divulgazione del progetto.
Capsula Mundi ha partecipato a mostre ed eventi. Quali reazioni avete incontrato fra le persone e quali sono le resistenze più forti al progetto?
Durante le esibizioni, Capsula Mundi ha suscitato un grande interesse e molte sono state le persone che ci hanno chiesto cosa dovessero fare per aver accesso al bosco di memoria. Questa continua richiesta non si è mai fermata. Il progetto non ha mai suscitato scandalo o fastidio, è stato capito nella sua totalità oltre ogni aspettativa. Dall'estero ci sono arrivate reali richieste di svilupparlo, soprattuto in USA, che stiamo valutando. Attualmente stiamo collaborando con Livinglegacy, una company australiana che sta portando avanti un progetto molto ampio e ben strutturato in partnership con il governo locale, focalizzato sulla realizzazione dei cimiteri verdi visti anche come potente mezzo di tutela del territorio. Tale collaborazione porterà nel 2016 a far compiere i primi passi concreti al nostro progetto nel suo insieme (capsule-alberi-boschi), probabilmente partendo con uova più piccole per le ceneri.
In che modo cercate di divulgare la vostra idea?
Noi abbiamo un sito web e una pagina FB, che sono molto visitati. Inoltre le interviste e gli articoli che continuano a fiorire intorno al progetto ci offrono ottime opportunità di divulgazione per Capsula Mundi.
La posizione fetale pone molti problemi "tecnici" a causa del rigor mortis. Nessuno ha mai manifestato l'idea di essere sepolto in posizione distesa, magari invece che in una forma ovale, in una più allungata, come per esempio quella di un baccello? (La progettazione paesaggistica, come l'ingegneria naturalistica, dopo tutto prevede distanze di almeno 10 metri fra un albero e un altro, quindi lo spazio "utile" ci sarebbe).
Per quanto riguarda il rigor mortis, il progetto prevede il coinvolgimento di diverse competenze per poter essere realizzato a pieno. Non è solo una questione di feretri e alberi, ma di un percorso di “accompagnamento” che dovrebbe iniziare con l’adesione ad un associazione che si occuperebbe di creare le condizioni per poter realizzare ogni fase dell’evento di fine vita. Il rigor mortis comunque sopraggiunge in un lasso di tempo sufficiente per poter sistemare il corpo nella Capsula. La posizione fetale aiuta ad identificare il senso profondo del progetto: la continuità del ciclo di vita l'interno del ritmo biologico perpetuo che governa la Terra. Ma non è un vincolo, abbiamo progettato diverse forme per declinare il progetto, qualora ce ne fosse la necessità.
Il vostro pensare alla "costruzione" di un bosco sacro è molto poetica, oltre che efficace nell'inserire l'idea all'interno di un universo simbolico, storicamente già appartenuto alla nostra cultura. Quanto è effettivamente realizzabile un bosco sacro in Italia?
Al momento non è realizzabile. La legislazione Italiana, ancorata a dettami di impianto napoleonico, è molto restrittiva. Di fatto ciò che si costruisce all'interno dei cimiteri sono strutture murarie, sia in terra che in superficie, per il massimo utilizzo dello spazio. Noi auspichiamo che ci possano essere in futuro luoghi di memoria alternativi agli attuali cimiteri, nei quali, per problemi soprattutto economici e di spazio, si sta esasperando il principio –secondo noi poco umano- della massima sovrapposizione, come per es. il nuovo progetto del grattacielo di loculi per la città di Verona.
Avete fatto un calcolo delle superfici o una mappatura dei terreni (parchi, oasi e spazi urbani e suburbani) adatti a ospitare simili boschi?
Non abbiamo ancora sufficienti fondi o risorse per poter affrontare questa fase del progetto.
Oltre a proporsi come un innovativo mezzo di "sepoltura ecologica", la vostra idea racchiude un messaggio di rispetto reciproco fra elementi naturali e collettività umana. Eppure molti impedimenti dipendono dall'attaccamento di ognuno a una tradizione, religiosa, familiare, sociale. Capsula Mundi è destinata a rimanere un'utopia?
Capsula Mundi è il primo progetto per introdurre in Italia i cimiteri verdi. Forse è questa l'utopia. Ma nel mondo ci sono differenti e numerosi boschi della memoria dislocati ovunque e declinati in varie forme. Ci sono boschi di ciliegi in cui poter essere inumati o si può andare in un area nuova, che diventerà un bosco grazie all'albero che si è scelto come proprio simbolo o si può andare in un bosco antico. Non è un'utopia altrove. Il tipo di sepoltura che proponiamo va oltre le appartenenze culturali o religiose e adotta simboli universali, comuni a tutte le persone e ad ogni cultura: un uovo, simbolo della nascita e un albero, simbolo di congiunzione tra la terra e il cielo.