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MONDO

Difficile valutare la reale rappresentatività dei leader firmatari

Un documento di leader Alawiti chiede le dimissioni di Assad e la democrazia

Un gruppo di leader che si proclamano appartenenti alla setta religiosa di Assad chiede l'uscita di scena del Raìs e la democrazia. Un segnale politico che Assad non può ignorare

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di Zouhir Louassini
Come interpretare l'ultima clamorosa notizia che rimbalza dalla Siria sui principali media del mondo arabo? Un gruppo di leader Alawiti, la setta cui appartiene il presidente Assad avrebbe sottoscritto un documento in cui si auspica l'uscita di scena del rais e l'avvio di un processo realmente democratico. Ricordando le sofferenze e le violenze subite durante la lunga guerra civile, ancora in corso, il documento auspica il superamento della logica delle sette e delle fazioni, visto anche il peso del sangue versato e la necessità di ricostruire la convivenza civile su basi nuove per evitare vendette incrociate. Dei leader citati però non è noto neppure il nome, difficile se non impossibile verificare quanto siano realmente rappresentativi.Il documento è però, in questa fase, un importante segnale per il presidente Assad. 

Un piano russo per scaricare Assad?
Secondo indiscrezioni pubblicate dai media di vari paesi Mosca sarebbe disposta a sacrificare Assad pur di garantirsi un ruolo centrale nel futuro della Siria. E' vero che le ultime conquiste dell’esercito siriano, ottenute grazie anche all’appoggio dell'alleato russo, hanno posto nuovamente al centro della scena il ruolo di Bashar el Assad. Il rais si sente forte e lo fa notare ai negoziati di Ginevra dove gli emissari di Damasco hanno messo bene in chiaro: "nessuna discussione sul suo futuro politico" . Non solo, Bashar ha dichiarato subito dopo la caduta di Palmira, di voler celebrare nuove elezioni presidenziali. I cinque anni nefasti con i suoi trecentomila morti, devono essere dimenticati o meglio perdonati per iniziare da capo come se niente fosse avvenuto.

Forse il presidente siriano non si è reso conto ancora che il destino del paese non è più nelle sue mani. L’alleato russo che è riuscito a mischiare le carte cambiando tutti gli equilibri, potrebbe decidere che il Rais un peso da “scaricare” se continua a costituire un ostacolo per il processo di pace. In coincidenza della ripresa dei negoziati di Ginevra il 15 marzo, il presidente russo Vladimir Putin aveva ordinato il ritiro della maggior parte delle truppe russe presenti nel territorio siriano. Molti osservatori lo hanno letto come un primo avviso al Rais. Nella stessa dichiarazione Putin manifestava la volontà di intensificare il ruolo della Russia nel processo di pace in Siria. Mosca sa che per avere un ruolo decisivo a Ginevra, qualcosa bisogna offrire all’opposizione e soprattutto a quei paesi che la sostengono. L’Arabia Saudita, la Turchia e qualche paese occidentale hanno già abbassato le loro pretese chiedendo “solo” la testa del Rais. E’ un prezzo, tutto sommato, accettabile per rinsaldare il dominio strategico della Russia nella zona.

Al-Hayat, quotidiano panarabo pubblicato a Londra, aveva assicurato il giovedì scorso che un accordo tra Stati Uniti e Russia sarebbe stato raggiunto per mandare il “padrone di Damasco” ad un altro paese seguendo un processo diplomatico complesso, una sorta di esilio forzato o di ritiro volontario che non sia umiliante per lui. 
Il segretario di Stato Usa John Kerry, continua il giornale, ha avvertito i paesi arabi sul piano concordato con il suo omologo russo Sergei Lavrov che prevede la sostituzione di al-Assad. Accordo,  a quanto pare, di cui il Rais non è a conoscenza, o finge di non esserlo.

La pubblicazione di un documento firmato dei leader Alawiti diventa, in questo contesto, un messaggio che serve a dire che l’unica via per una soluzione in Siria passa dalla marginalizzazione di al-Assad.  Le principali famiglie della setta sciita minoritaria al potere da più di quaranta cinque anni, offrono così nuovi elementi ai colloqui di pace con l’opposizione.  La comunità che ha sostenuto il regime fino oggi decide di abbandonarlo proprio nel momento in cui sembrava di recuperare le sue forze. Una decisione del genere non può essere spontanea. E’ un altro messaggio che al-Assad deve capire. Soprattutto quando non mancano le prove che il documento è stato ispirato dal suo migliore alleato: Putin.