MONDO
Occhi puntati sull'estrema destra di Jobbik
Ungheria al voto, Orban a caccia della conferma

Seggi aperti in Ungheria per le elezioni parlamentari che, sondaggi alla mano, dovrebbero essere senza storia. Il Fidesz, partito ultra-conservatore del premier uscente Viktor Orban, sulla carta appare in grado di raccogliere tra il 47 e il 51 per cento dei suffragi, vincendo a mani basse e confermando il risultato del 2010, che gli permise di assicurarsi i due terzi dei seggi al Parlamento di Budapest, varando poi una politica da molti additata come ai limiti del razzismo istituzionalizzato e del bavaglio alla libertà di espressione.
Per l'alleanza di centro-sinistra, guidata dai socialisti e comprendente altre quattro formazioni, la forbice è di tutt'altro tenore: 23-28 per cento, con il rischio di essere superata anche dai nazionalisti radicali dello Jobbik e di finire perciò relegata al terzo posto, da seconda forza politica che era. E' proprio questo, stando agli analisti, l'unico vero punto interrogativo della consultazione. Di parere diametralmente opposto si è detto però il leader socialista Attila Mesterhazy, candidato unico del cartello progressista alla testa del futuro gabinetto. "I sondaggi non m'interessano", ha tagliato corto durante l'ultimo comizio tenuto nella capitale. "La gente ha paura di esprimere le proprie vere opinioni. Credo invece", ha puntualizzato, "che nel giro di pochi giorni il primo ministro sarò io".
Non basta impedire a Orban di conservare il predominio sull'assemblea, ha avvertito: "Quella non sarebbe una vittoria, lo sarebbe soltanto sbarazzarci di questo governo disastroso. La nostra campagna elettorale è stata un successo", ha rivendicato Mesterhazy, recriminando tuttavia perché "non potevamo fare molto più di cosi'", dal momento che "non abbiamo avuto accesso a gran parte dei mass media né alle affissioni di propaganda, soltanto ai social network e agli incontri di persona con gli elettori".
I propositi dell'avversario non sembrano peraltro aver minimamente intaccato la fiducia del premier in carica, come non erano stati in grado di farlo i ripetuti contrasti con l'Ue e le critiche piovutegli addosso a livello internazionale per una serie di controverse riforme che, a parere dei detrattori, hanno fortemente ridotto il ruolo della democrazia e dello stato di diritto magiari. In un'intervista pubblicata sabato sul quotidiano filo-governativo 'Magyar Nezmet', Orban è tornato a rispolverare la tattica di rinfacciare ai socialisti i magri risultati economici raccolti quando erano al potere, dal 2002 al 2010. "La sinistra ha avuto otto anni di tempo per dimostrare che cosa è capace di fare, e ce lo ha mostrato fin troppo bene", ha ironizzato. "Perché mai dovremmo credere che, se fosse loro offerta un'altra opportunità, le stesse persone e gli stessi partiti non farebbero altrettanto? Non sono le loro promesse a distruggerne la credibilita'", ha incalzato, "ma la loro istigazione all'odio. Non tengono comizio, bensì sedute per incitare all'ostilità. E' quella la loro passione", ha concluso.
Per l'alleanza di centro-sinistra, guidata dai socialisti e comprendente altre quattro formazioni, la forbice è di tutt'altro tenore: 23-28 per cento, con il rischio di essere superata anche dai nazionalisti radicali dello Jobbik e di finire perciò relegata al terzo posto, da seconda forza politica che era. E' proprio questo, stando agli analisti, l'unico vero punto interrogativo della consultazione. Di parere diametralmente opposto si è detto però il leader socialista Attila Mesterhazy, candidato unico del cartello progressista alla testa del futuro gabinetto. "I sondaggi non m'interessano", ha tagliato corto durante l'ultimo comizio tenuto nella capitale. "La gente ha paura di esprimere le proprie vere opinioni. Credo invece", ha puntualizzato, "che nel giro di pochi giorni il primo ministro sarò io".
Non basta impedire a Orban di conservare il predominio sull'assemblea, ha avvertito: "Quella non sarebbe una vittoria, lo sarebbe soltanto sbarazzarci di questo governo disastroso. La nostra campagna elettorale è stata un successo", ha rivendicato Mesterhazy, recriminando tuttavia perché "non potevamo fare molto più di cosi'", dal momento che "non abbiamo avuto accesso a gran parte dei mass media né alle affissioni di propaganda, soltanto ai social network e agli incontri di persona con gli elettori".
I propositi dell'avversario non sembrano peraltro aver minimamente intaccato la fiducia del premier in carica, come non erano stati in grado di farlo i ripetuti contrasti con l'Ue e le critiche piovutegli addosso a livello internazionale per una serie di controverse riforme che, a parere dei detrattori, hanno fortemente ridotto il ruolo della democrazia e dello stato di diritto magiari. In un'intervista pubblicata sabato sul quotidiano filo-governativo 'Magyar Nezmet', Orban è tornato a rispolverare la tattica di rinfacciare ai socialisti i magri risultati economici raccolti quando erano al potere, dal 2002 al 2010. "La sinistra ha avuto otto anni di tempo per dimostrare che cosa è capace di fare, e ce lo ha mostrato fin troppo bene", ha ironizzato. "Perché mai dovremmo credere che, se fosse loro offerta un'altra opportunità, le stesse persone e gli stessi partiti non farebbero altrettanto? Non sono le loro promesse a distruggerne la credibilita'", ha incalzato, "ma la loro istigazione all'odio. Non tengono comizio, bensì sedute per incitare all'ostilità. E' quella la loro passione", ha concluso.