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TECH

Pechino affronta le sfide globali investendo in tecnologia

Università e start up, per Huawei l'Italia continua ad avere un ruolo di primo piano

Intervista di Maria Novella Rossi a Luigi De Vecchis, presidente di Huawei Italia

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Gli stages in Cina offerti da Huawei agli studenti dei più prestigiosi atenei italiani sono cominciati già nel 2013. Gruppi di 15/20 tra i più brillanti ingegneri, informatici, matematici ai quali ogni anno da allora la multinazionale cinese in accordo con le principali Università italiane offre un viaggio a Shenzhen, sede principale di Huawei, nonché a Shanghai o a Pechino, per visitare i propri centri di ricerca e stabilimenti. Studenti che poi, alla fine dei loro corsi di laurea vengono assunti dalla multinazionale. L'Italia è sempre stata di primaria importanza per il colosso di Shenzhen: è nel nostro paese che Huawei ha individuato eccellenze uniche in ambito scientifico: tecnici, ingegneri, informatici altamente specializzati in alcuni settori tra i più avanzati dell'hi- tech: a Milano, dove sorgono due centri di ricerca Huawei tra i più importanti al mondo, i cervelli italiani possono offrire competenze preziose come quelle nell'ambito delle fibre ottiche.

Ecco perché nonostante il clima di sospetto dell'Occidente nei confronti della Cina che avanza a grandi passi in tecnologia il rapporto di Huawei con il nostro paese è comunque per certi aspetti consolidato. E' su queste basi che il colosso cinese di reti e telefonia mobile, ha da poco aperto a Roma un cybersecurity center, un centro per la sicurezza informatica.
E' il secondo più importante dopo quello di Bruxelles e dovrebbe garantire, secondo i vertici della multinazionale, massima trasparenza delle reti, tanto da assicurare una protezione dei dati sensibili soprattutto alle aziende più esposte allo spionaggio informatico. Ma quali sicurezze in più può offrire questo cyber center e quali sono i rapporti di Huawei con l'Italia? Lo abbiamo chiesto a Luigi de Vecchis, presidente di Huawei Italia
 
Presidente, perché è nato questo Centro di cybersecurity a Roma?
Noi, come multinazionale delle telecomunicazioni, siamo nei comitati internazionali di standardizzazione dove nascono gli standard di sicurezza delle reti cosi come gli standard cui le tecnologie devono adeguarsi per essere inserite nelle reti (2G, 3G, 4G, 5G e 6G in fase di definizione al momento fuori da questi comitati), abbiamo sempre dichiarato la nostra trasparenza e la nostra disponibilità a promuovere la collaborazione tra vendor, operatori e istituzioni per far fronte alle crescenti violazioni degli hacker. Fino ad oggi tali violazioni sono state adeguatamente respinte grazie al lavoro dei vendor ed alle eccezionali protezioni degli operatori attraverso avanzati sistemi di monitoraggio ed allerta come anche testimoniato da ENISA, l’ente europeo che appunto monitora la resilienza delle reti. Il centro italiano segue l’apertura di altri centri nel mondo dello stesso tipo, ma abbiamo capito che per il legislatore italiano, che ha rilasciato 2 importanti Leggi sulla sicurezza delle reti e cioè la Legge Golden Power quella sul Perimetro Cibernetico, avere questo centro in Italia avrebbe semplificato  il lavoro di verifica e controllo degli operatori e delle Istituzioni. La nostra decisione di aprire il codice ed i disegni delle tecnologie, unica a decidere in tale direzione tra tutti i vendor, dovrebbe rendere più semplice e affidabile il lavoro dei controllori. Abbiamo aperto non senza preoccupazione il nostro patrimonio brevettuale nella speranza di avere il rispetto che merita questa decisione con l’auspicio che il controllo sia foriero di credibilità per noi e caduta dei pregiudizi per chi continua a mescolare geopolitica e tecnologia.
 
Nel momento in cui la tensione tra Cina e Usa è ai massimi livelli e soprattutto nel momento in cui anche l’Italia ha nuovamente  ribadito la sua posizione “atlantista” che interesse può avere Huawei ad alimentare gli investimenti in Italia? In che modo Huawei potrebbe incrementare il proprio business nel nostro Paese?       
 
Noi siamo una multinazionale come tutte le altre e come tutte le altre non vorremmo avere etichette geografiche. Ci stanno strette considerando la presenza in 170 Paesi nel mondo dove lavorano 170 differenti culture. Il nostro bilancio è certificato da KPMG ed è pubblico, siamo l’unico vendor che ha ottenuto tutte le certificazioni di sicurezza della GSMA che afferiscono al 3GPP-Nesas che non possono essere trascurate dai Paesi in cui operiamo. Non abbiamo avuto nessun incidente nelle reti dove siamo presenti, non abbiamo il dominio del mercato, ma un ragionevole market share in linea con quello degli altri vendor. Nessuna posizione dominante. Abbiamo terminato lo sviluppo sia della tecnologia che di tutte le funzioni software necessarie al 5G per avviare la trasformazione digitale delle economie dei paesi che ci scelgono. Crediamo che i problemi geopolitici vadano affrontati seriamente ma sui tavoli giusti. Ecco noi vogliamo rimanere in Italia e dimostrare il contributo che possiamo dare alla digitalizzazione del Paese. Disponiamo di forniture per realizzare le reti e i progetti che si sono stati e ci verranno assegnati. Per questo continuiamo ad investire e ci impegniamo a mantenere i posti di lavoro che abbiamo creato. Siamo determinati e spero convincenti.
 
A quanto ammontano e quali sono gli investimenti di Huawei in Italia? E quali sono i centri principali e che funzioni svolgono?

Huawei in Italia può contare su oltre 800 professionisti (85% locali), con due sedi, a Milano e Roma, uffici nelle maggiori città, ha creato 5 Innovation Center insieme agli operatori di telecomunicazioni, 1 Joint Innovation Center con la Regione Sardegna dove è stato completamente sviluppato il cervello di governo di una smart city. Abbiamo un centro di R&S sulla tecnologia microwave e sulle onde millimetriche a Segrate, che oggi è uno dei più importanti hub di innovazione di Huawei fuori dalla Cina, grazie al contributo di 100 ricercatori e alla collaborazione con 15 università italiane. Entro il 2021 Huawei prevede di aumentare gli impegni nella ricerca congiunta con le università italiane. Inoltre, un nuovo Centro di Ricerca Estetica focalizzato sulla User Experience Design (UX) e sull’User Interface Design design (UI) dei dispositivi di consumo è stato realizzato a Milano all'inizio del 2019. Infine abbiamo avviato a Pisa un terzo centro di ricerca sul Software Real Time e Embedded per la guida autonoma.

I contratti di ricerca in corso con Università italiane finanziati da Huawei ammontano a oltre 9 milioni di dollari. Le salde relazioni con l'ecosistema accademico hanno portato alla realizzazione di 4 Joint and Innovation Labs: con il Politecnico di Milano sui temi wireless, con l'Università di Pavia sulla microelettronica, con l'Università di Siena sulle antenne e con l'Università di Napoli Federico II sul monitoraggio del traffico IP.
 
Il ban Usa potrebbe aver penalizzato Huawei, ad esempio ora sta avanzando Xiaomi, un'altra multinazionale cinese che ha subito meno pressioni..
Per quanto riguarda Xiaomi, ovviamente non commentiamo le performance delle altre aziende. Quello che possiamo dire riguardo alla contrazione del business nell’area consumer (device) è che i ricavi della nostra attività di telefonia mobile sono diminuiti a causa della sospensione delle forniture di chip e della inaccessibilità per Huawei ai Google Mobile Services. Tuttavia, abbiamo prontamente adeguato il nostri portafoglio aziendale, portando a una rapida crescita nelle attività cosiddette "1 +8 +N" e nell’area del cloud per i consumatori, dove "1" rappresenta l’utente di telefonia mobile, "8" rappresenta l’ecosistema dei nostri dispositivi  (tablet, PC, dispositivi Virtual Reality, indossabili, schermi intelligenti, audio intelligente, altoparlanti intelligenti e unità principali) e "N" rappresenta la molteplicità dei dispositivi IoT (Internet of Things).