ITALIA
il ricordo della figlia Giovanna Maria
Uno di 335: la storia di Rino Canalis, martire alle Fosse Ardeatine
Arrestato dagli agenti della polizia politica davanti agli occhi dei figli. Venne torturato prima di essere ucciso. La figlia: "Lottava con i partigiani"

A recitare i nomi delle vittime delle Fosse Ardeatine, come un rosario, ciascun grano è la storia di una famiglia, di una persona cara scomparsa nel nulla, e della famiglia che ne serba il ricordo. Giovanna Maria Canalis era una bambina di sette anni quando vide i militari nazisti portare via il padre Rino nel pomeriggio del 14 marzo 1944. Oggi vive in Belgio, e solo ora - dopo una vita di dolore e silenzio – riesce a ricordare, e raccontare.
Il partigiano
Giovanna Maria ricorda i discorsi del padre. “Mi parlava come se fossi una persona adulta” – dice. Così ricorda di aver sentito dei primi contatti con i partigiani, e poi dell’iscrizione Partito d’Azione. Rino Canalis insegna latino e greco prima al Collegio Militare poi al Liceo Mamiani: frequenta Emilio Lussu, raccoglie soldi per aiutare i prigionieri alleati nascosti a Roma, contribuisce a un giornale clandestino. Il 13 marzo del 43, assieme ad altri insegnanti , rifiuta di firmare un documento di adesione al governo della repubblica di Salò; “meglio la morte” – risponde.
L’arresto
La morte si presenta il giorno dopo, davanti agli occhi di Giovanna Maria e del fratello Gianfranco, dopo l’ora di cena. Rino fa in tempo a rassicurare la moglie e salutare i bambini. Gli uomini della banda Koch – un gruppo di sanguinari agenti della polizia politica – lo arrestano e lo portano prima in Questura, poi nelle celle di tortura della pensione Oltremare. Rinchiuso a Regina Coeli con l’accusa di aver ricevuto armi e fondi per conto dei partigiani, assieme ad altri 49, finisce sulla lista dei nazisti. Alla moglie che chiede sue notizie, il Questore Caruso risponde: “stia tranquilla, suo marito sarà sistemato tra qualche giorno”. I figli lo salutano l’ultima volta il 23 marzo. Gianfranco sussurra: “in bocca al lupo, papà”.
70 anni dopo
Giovanna Maria Canalis è tornata in Belgio, dove il padre e la madre, Regine Ghevaert, si erano conosciuti. Due anni dopo la morte di Rino riuscirono a lasciare Roma. Al telefono, ricorda il padre con voce commossa, elenca i nomi degli altri 7 sardi seppelliti nelle Fosse Ardeatine. Per decenni ha tenuto le foto e i ricordi chiusi in un cassetto, troppo difficili e dolorosi. Ma settant’anni dopo, ritrova il coraggio di raccontare la storia di un giovane uomo, nato a Tula, nelle campagne del Logudoro, appassionato di cultura classica, poi partigiano e martire della Resistenza. Il suo nome rimane nella lista recitata alle Fosse Ardeatine , ogni anno da settant’anni. Il suo ricordo, e delle altre vittime, costruisce la pace, l’Italia e l’Europa dopo tanta guerra.
Il partigiano
Giovanna Maria ricorda i discorsi del padre. “Mi parlava come se fossi una persona adulta” – dice. Così ricorda di aver sentito dei primi contatti con i partigiani, e poi dell’iscrizione Partito d’Azione. Rino Canalis insegna latino e greco prima al Collegio Militare poi al Liceo Mamiani: frequenta Emilio Lussu, raccoglie soldi per aiutare i prigionieri alleati nascosti a Roma, contribuisce a un giornale clandestino. Il 13 marzo del 43, assieme ad altri insegnanti , rifiuta di firmare un documento di adesione al governo della repubblica di Salò; “meglio la morte” – risponde.
L’arresto
La morte si presenta il giorno dopo, davanti agli occhi di Giovanna Maria e del fratello Gianfranco, dopo l’ora di cena. Rino fa in tempo a rassicurare la moglie e salutare i bambini. Gli uomini della banda Koch – un gruppo di sanguinari agenti della polizia politica – lo arrestano e lo portano prima in Questura, poi nelle celle di tortura della pensione Oltremare. Rinchiuso a Regina Coeli con l’accusa di aver ricevuto armi e fondi per conto dei partigiani, assieme ad altri 49, finisce sulla lista dei nazisti. Alla moglie che chiede sue notizie, il Questore Caruso risponde: “stia tranquilla, suo marito sarà sistemato tra qualche giorno”. I figli lo salutano l’ultima volta il 23 marzo. Gianfranco sussurra: “in bocca al lupo, papà”.
70 anni dopo
Giovanna Maria Canalis è tornata in Belgio, dove il padre e la madre, Regine Ghevaert, si erano conosciuti. Due anni dopo la morte di Rino riuscirono a lasciare Roma. Al telefono, ricorda il padre con voce commossa, elenca i nomi degli altri 7 sardi seppelliti nelle Fosse Ardeatine. Per decenni ha tenuto le foto e i ricordi chiusi in un cassetto, troppo difficili e dolorosi. Ma settant’anni dopo, ritrova il coraggio di raccontare la storia di un giovane uomo, nato a Tula, nelle campagne del Logudoro, appassionato di cultura classica, poi partigiano e martire della Resistenza. Il suo nome rimane nella lista recitata alle Fosse Ardeatine , ogni anno da settant’anni. Il suo ricordo, e delle altre vittime, costruisce la pace, l’Italia e l’Europa dopo tanta guerra.