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MONDO

Stop ai visti

Usa, effetto Trump: bloccate persone su voli per gli Stati Uniti da 7 Stati islamici

Sono già diversi i casi, anche di personaggi famosi, di persone bloccate negli aeroporti dei Paesi islamici indicati nell'ordine esecutivo del presidente Usa. Si attivano le organizzazioni umanitarie, qualcuno pronto a una class action

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E' gia' attivo nei fatti il divieto di ingresso negli stati Uniti deciso dal presidente Usa, Donald Trump, per quanti provengano da 7 paesi a maggioranza islamica: Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen. A Il Cairo a una famiglia di iracheni e' stato impedito di salire a bordo di un volo EgyptAir per New York. A marito moglie e due figli, gia' in possesso del visto, sono stati informati che le nuove regole non potevano consentire l'imbarco. Situazione analoga ai banchi delle compagnie internazionali a Teheran, dove la carta d'imbarco non viene rilasciata ai cittadini iraniani da compagnie come Etihad Airways, Emirates e Turkish Airlines. Da parte sua la Iran Aviation Organisation ha affermato di non aver rilasciato nuove direttive in merito alle compagnie del paese, che comunque non hanno voli diretti con gli Usa.

Negli Stati Uniti vivono almeno un milione di cittadini di origine iraniana, che rischiano di non potere rivedere presto i loro familiari. Una delle piu' note attrici iraniane, Taraneh Alidoosti, nominata per gli Oscar per il film "The Salesman", ha parlato di "bando razzista" da parte di Trump e sta valutando il boicottaggio della cerimonia degli Academy Awards a Los Angeles. Smarrimento tra i rifugiati siriani in Libano, che vedevano nel sogno americano una possibile via d'uscita dalla crisi della guerra nel loro paese. "Che cosa mai abbiamo fatto per meritarci questo", dice Abu Mahmoud al-Ghol nel campo profughi di Marj nella valle della Bekaa e aggiunge: "E pensare che a prendere una simile decisione e' un paese democratico...". Dall'inizio della guerra in Siria nel 2011 gli Usa hanno consentito l'ingresso nel paese a una quota pari a 18 mila rifugiati. Trump, dice un altro rifugiato, Ibtisam Yusef, 41 anni, proveniente dall'area intorno a Damasco, "dovrebbe venire qui e vedere la nostra condizione in questi campi. Lui e i paesi europei dovrebbero dimostrarci una qualche solidarietà".

Verso la class action
Sul decreto di Trump avvocati e gruppi per la difesa dei diritti umani stanno attivando azioni legali. Tra i casi segnalati dal Nyt uno riguarda due rifugiati iracheni fermati allo scalo di Ny: Hameed Khalid Darweesh, che ha lavorati per conto del governo Usa in Iraq per 10 anni e Haider Sameer Abdulkhaled Alshawi, giunto negli Stati Uniti per ricongiungersi alla
moglie, che ha lavorato come contractor per gli Usa, e il giovane figlio. Gli avvocati che li rappresentano hanno già
presentato ricorso e avviato le procedure per una possibile  class action. Anche vari gruppi per la difesa dei diritti umani
stanno affilando le armi per una battaglia legale.