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SCIENZA

Squilibri e ingiustizie

USA, com'è finita la crisi?

Riflessione su alcuni dati dell'economia USA: dopo la crisi cresce la ricchezza, ma nelle mani di pochissimi

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di Stefano Lamorgese
Negli Stati Uniti la disoccupazione - dopo i picchi del 2009-2010 - è tornata ai livelli pre-crisi o appena al di sopra: 5,7% a Gennaio, 5,5% a Febbraio. Ottime notizie, da fonte ufficiale e autorevole: è lo U.S. Bureau of Labor Statistics a confermarlo.

Dal quadro generale si desume che dalla fine del 2008 all'estate del 2014 la ricchezza privata negli USA è passata da 52mila miliardi di dollari a 83 miliardi: 31 miliardi e mezzo in più. Anche su questo argomento la fonte è più che autorevole: è il rapporto annuale del Credit Suisse sulla ricchezza globale.

Se ciò non fosse considerato sufficiente, si veda il rapporto dell'istituto di ricerca Pew Research Center (su dati del 2013), che è chiarissimo nella sua schiettezza: "A Rise in Wealth for the Wealthy; Declines for the Lower 93%" (Cresce la ricchezza dei ricchi; cala per il restante 93%).

Lavoro
La ripresa occupazionale degli ultimi 4-5 anni, però, non ha compensato affatto gli squilibri interni, che si sono invece accentuati. Sono cresciute le differenze di capacità economica tra chi era già ricco e chi era o è diventato, nel frattempo, povero. È un tratto ormai costante del sistema globale e, come parte esemplare di esso, soprattutto di quello americano.

Lo mostrano i dati dell'Istat statunitense, il Census Bureau. Negli Usa sono registrati 115 milioni di famiglie, con un reddito medio nel periodo 2009-2013 pari a circa 53.000 dollari. Nello stesso periodo lo 0,1% più ricco - 115mila famiglie - ha visto crescere la propria ricchezza unitaria di 10 milioni l'anno.

Bambini denza casa
Se così pochi si prendono una fetta così tanto grande, è "normale" che negli Usa vivano 610mila persone senza casa; e che facciano parte di questo esercito 138.000 minori. Anche questa non è una mera opinione: sono dati ufficiali del Department of Housing.

Salari
Il salario minimo - con qualche eccezione - è pari a 7,25 dollari l'ora. Il Presidente Obama ha cercato di far approvare al Congresso e al Senato un aumento significativo per portarlo a 10,10 dollari. Una battaglia persa a causa della fiera opposizione dei Repubblicani.

Eppure lo Stato Federale, gli Stati e altri enti pubblici spendono 45 miliardi di dollari l'anno in sussidi diversi a favore dei lavoratori a basso salario, quelli che - appunto - guadagnano meno di 10,10 dollari l'ora. In media i 115 milioni di famiglie statunitensi pagano 400 dollari l'anno in tasse a questo scopo.

Ecco un esempio illuminante, tratto da un documento della PBS, il Public Broadcasting Service statunitense: la grande catena di distribuzione Walmart ha pubblicizzato con straordinaria enfasi l'aumento di 1 dollaro della paga oraria corrisposta ai propri dipendenti meno pagati (sostenendo 1 miliardo di dollari di esborso). Contemporaneamente, nel corso del 2014, la società ha fatto profitti per 25 miliardi di dollari, nonostante il riacquisto di proprie azioni per 6,5 miliardi: un bel regalo ai propri azionisti.

Aiuti alimentari
Se non bastassero i dati illustrati finora, può essere utile parlare di aiuti alimentari, i cosiddetti "food stamps", i bollini per fare la spesa, non molto dissimili da quelli diffusi in Italia (e in Europa) dopo la Seconda Guerra mondiale.

Prima della crisi economica - nel 2007 - ne usufruiva il 12% dei bambini americani. Dopo la crisi si è arrivati al 20%: più di sedici milioni di bambini, un quinto del totale, hanno bisogno di un sostegno pubblico per mangiare! Anche questo dato è certificato dall'impietoso Census Bureau.

Crisi passata? Solo per i pochi che non l'hanno subita
Come si è visto, dati alla mano, negli USA la crisi economica sembra aver lasciato dietro di sé più ingiustizia e più squilibri di prima. Una società meno egualitaria, una ricchezza più concentrata, un lavoro sempre meno pagato. E un ricupero occupazionale, i cui numeri assoluti non possono essere messi in dubbio, che maschera una realtà sconcertante.