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ITALIA

Il disastro

Hotel Rigopiano, Procura di Pescara chiede 25 rinvii a giudizio. Tra imputati ex prefetto Provolo

I reati ipotizzati dalla Procura, vanno, a vario titolo, dal crollo di costruzioni o altri disastri colposi, all'omicidio e lesioni colpose, all'abuso d'ufficio e al falso ideologico. Ad occuparsi delle indagini sono stati i carabinieri forestali di Pescara. La vicenda giudiziaria ora passa al vaglio del gup, che in sede di udienza preliminare dovra' pronunciarsi sulla richiesta della Procura

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La Procura di Pescara ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio nell'ambito dell'inchiesta principale sulla tragedia dell'Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), travolto il 18 gennaio 2017 da una valanga che provoco' 29 morti.

25 imputati. Tra loro l'ex prefetto di Pescara
Gli imputati sono 25, tra cui l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, l'ex presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, e il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta. Rispetto all'avviso di conclusione delle indagini, non ci sono differenze sostanziali. L'inchiesta del procuratore capo Massimiliano Serpi e del sostituto Andrea Papalia si sono focalizzate sulla mancata realizzazione della carta valanghe; sulle presunte inadempienze relative alla manutenzione e sgombro delle strade di accesso all'hotel; e sul tardivo allestimento del centro di coordinamento dei soccorsi.

Gli altri imputati
Gli altri 22 imputati nel procedimento sono: i direttori e i dirigenti del dipartimento di Protezione civile, ossia Carlo Visca (direttore del dipartimento dal 2009 al 2012), e Vincenzo Antenucci (dirigente Servizio prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013); il tecnico del Comune di Farindola Enrico Colangeli; Bruno Di Tommaso, gestore dell'albergo e amministratore e legale responsabile della societa' "Gran Sasso Resort & SPA"; Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio, rispettivamente dirigente e responsabile del servizio di viabilita' della Provincia di Pescara; Leonardo Bianco e Ida De Cesaris, rispettivamente ex capo di gabinetto e dirigente della Prefettura del capoluogo adriatico; Pierluigi Caputi, direttore regionali dei Lavori pubblici fino al 2014; Carlo Giovani, dirigente della Protezione civile; gli ex sindaci di Farindola Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico; il tecnico geologo, Luciano Sbaraglia; Marco Paolo Del Rosso, l'imprenditore che chiese l'autorizzazione a costruire l'albergo; Antonio Sorgi, direttore della Direzione parchi territorio ambiente della Regione Abruzzo; Giuseppe Gatto, redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della Gran Sasso spa di intervenire su tettoie e verande dell'hotel; Andrea Marrone, consulente incaricato da Di Tommaso per adempiere le prescrizioni in materia di prevenzione infortuni; Emidio Rocco Primavera, direttore del Dipartimento opere pubbliche; Giulio Honorati, comandante della Polizia provinciale di Pescara; Tino Chiappino, tecnico reperibile secondo il piano di reperibilita' provinciale; Sabatino Belmaggio, responsabile del rischio valanghe fino al 2016; la societa' Gran Sasso Resort & Spa.

La parola ora al GUP
I reati ipotizzati dalla Procura, vanno, a vario titolo, dal crollo di costruzioni o altri disastri colposi, all'omicidio e lesioni colpose, all'abuso d'ufficio e al falso ideologico. Ad occuparsi delle indagini sono stati i carabinieri forestali di Pescara. La vicenda giudiziaria ora passa al vaglio del gup, che in sede di udienza preliminare dovra' pronunciarsi sulla richiesta della Procura.


La tragedia
Il 18 gennaio 2017 l' Abruzzo è nel pieno di una drammatica emergenza maltempo. Poco prima delle 17, una valanga si stacca e travolge l'Hotel Rigopiano a Farindola, in provincia di Pescara.   Nel resort ci sono 40 persone (28 ospiti, di cui quattro bambini e 12 dipendenti), rimasti 'imprigionati', dopo che la forte nevicata aveva bloccato la strada che collegava il rifugio col fondovalle, nonostante gli appelli non si era riusciti a trovare una turbina spazzaneve per liberare il percorso: 29 persone perdono la vita, quasi tutte sul colpo.



Nei giorni successivi si scava e dalle macerie e miracolosamente, vengono estratti dei superstiti. Immediatamente si apre l'inchiesta della Procura di Pescara, che darà vita a due anni di indagini.

"Non lo diciamo noi, ma le carte che ha fatto una telefonata alle ore 11.38, il nostro sconforto è sapere che le vittime potevano essere salvate. Cinque ore - sottolineano i rappresentanti del Comitato delle vittime ricordando che la slavina ha spazzato via l'hotel nel pomeriggio - erano sufficienti. Le vittime potevano essere salvate".  Un altro elemento su cui i familiari chiedono chiarezza è l'uso o meno degli elicotteri: "Sono stati chiamati gli elicotteri per i soccorsi sì o no? E se non sono stati chiamati, perché?", affermano dal Comitato. "Sappiamo che è un'indagine difficile, ma la colpa della slavina non è stata del terremoto" e delle scosse che si registrarono quel giorno bensì "di gente che non ha fatto bene il suo lavoro". E sul presunto depistaggio, i parenti delle vittime non hanno dubbi: "E' stato possibile perché nessuno è stato subito rimosso dal suo posto di lavoro".