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ITALIA

Vaticano, fondi Segreteria di Stato: le tappe dell'inchiesta

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Un primo capitolo dell'inchiesta sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato - che oggi ha portato al rinvio a giudizio per 10 persone e 4 società - riguarda l'investimento nel fondo Athena Capital Global Opportunities Fund di Raffaele Mincione, un'operazione avvenuta tra giugno 2013 e febbraio 2014.

La Segreteria di Statosi indebita con Credit Suisse per duecento milioni di dollari per investirli nel fondo di Mincione (100 nella parte mobiliare,100 in quella immobiliare, legata al palazzo londinese di Sloane Avenue 60). L'investimento, altamente speculativo, porta a gravi perdite per la Santa Sede, ricostruisce Vatican News. Al 30 settembre 2018 le quote avevano perso oltre 18 milioni di euro rispetto al valore dell'investimento iniziale, ma la perdita complessiva è stimata di un importo ben più consistente. Mincione usa i soldi vaticani per realizzare operazioni imprudenti e per tentare scalate a istituti bancari in crisi. Di fronte ai risultati disastrosi, la Segreteria di Stato cerca di uscire dall'investimento e di entrare in possesso dell'immobile.

L'operazione prevede che dalla Segreteria di Stato vengano sborsati 40 milioni di sterline a Mincione in cambio delle sue quote. Si decide di affidarsi a una società di un altro finanziere, Gianluigi Torzi, il quale con un escamotage riesce a mantenere per sé il controllo e a raggirare la Santa Sede grazie a complicità interne.

Dalla documentazione prodotta dai magistrati vaticani risulta che Mincione e Torzi erano in realtà d'accordo ad effettuare l'operazione con la Segreteria di Stato.I magistrati vaticani indicano in Enrico Crasso (l'uomo della finanza che da decenni aveva in gestione gli investimenti dell a Segreteria di Stato) e in Fabrizio Tirabassi  (dipendente in qualità di minutante dell'Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato) due figure chiave e ritengono che abbiano ottenuto provvigioni da Mincione e pagamenti in contanti da Torzi per averli fatti entrare in Vaticano.

Grazie a complicità interne, Torzi riesce infatti con un escamotage a far firmare uno Share Purchase Agreement che di fatto sottrae alla Segreteria di Stato il controllo dell'immobile di Londra. Lo fa creando 1.000 azioni della società GUTT SA e attribuendo soltanto a queste azioni da lui detenute il diritto di voto.Mentre le altre 30.000 azioni, possedute dalla Segreteria di Stato, non avevano diritto di voto. La Segreteria di Stato si ritrova cosi con un altro finanziere in Vaticano a cui è stato lasciato ogni potere decisionale.   I magistrati vaticani - spiega sempre Vatican News -ritengono che "né mons. Alberto Perlasca, sottoscrittore dello Share Purchase Agreement, né i suoi Superiori, il Sostituto Edgar Peña Parra e soprattutto il cardinale Pietro Parolin, fossero stati effettivamente informati e comunque fossero consapevoli pienamente degli effetti giuridici che dalle diverse categorie di azioni sarebbero scaturiti".

La stessa procura del Sostituto, che sarebbe stata necessaria per firmare l'accordo,viene ottenuta post-factum e senza che i superiori vengano messia conoscenza del "trucco" che permette a Torzi di controllare tutto. Per ottenere il controllo del palazzo e l'uscita di scena di Torzi, alla Segreteria di Stato, grazie a complicità interne degli indagati per cui è stato richiesto il rinvio a giudizio,vengono estorti 15 milioni di euro, pagati al finanziere concausali irregolari.   

Secondo i magistrati vaticani l'AIF, l'Authority di vigilanza finanziaria, avrebbe "trascurato le anomalie della operazione di Londra - della quale sin da subito era stata messa a parte -soprattutto considerato il patrimonio di informazioni che, per effetto delle attività di intelligence, essa aveva acquisito".

L'AIF ha svolto, secondo la documentazione prodotta dall'accusa,"una funzione decisiva nel completamento del processo di liquidazione delle pretese di Gianluigi Torzi".

Il cardinale Angelo Becciu, già Sostituto della Segreteria di Stato, non entra subito nell'indagine. Viene coinvolto perché i magistrati gli imputano delle "interferenze" e ritengono che vi sia lui dietro le offerte di acquisto del palazzo emerse improvvisamente a fine maggio 2020 pochi giorni prima dell'interrogatorio di Torzi. Secondo le testimonianze Becciu avrebbe anche tentato di far ritrattare Perlasca. Nell'inchiesta sono entrati anche i pagamenti fatti dalla Segreteria di Stato a Cecilia Marogna su indicazione di Becciu.

La società della donna ha ricevuto tra il 20 dicembre 2018 e l'11 luglio 2019 versamenti effettuati dalla Segreteria di Stato per 575.000 euro. Le indagini attraverso rogatoria hanno permesso di accertare che tali cifre "sono state utilizzate, nella quasi totalità, per effettuare acquisti" non compatibili e quindi non giustificabili con l'oggetto sociale della stessa società".Infine, i magistrati contestano a Becciu di aver finanziato e fatto finanziare la cooperativa del fratello Antonino. Si tratta di 600.000 euro provenienti dai fondi della Conferenza episcopale italiana e di 225.000 euro provenienti dai fondi della Segreteria di Stato. Le donazioni sarebbero state"ampiamente utilizzate per finalità diverse da quelle caritatevoli cui erano destinate".