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ITALIA

Firmato al Mise il nuovo piano industriale. Salvi i posti di lavoro

Whirlpool: firmato accordo dopo due anni ed un mese di trattative e docce fredde

Era il 4 giugno del 2013 quando l'Indesit presentò ai sindacati il primo piano di salvaguardia e razionalizzazione dell'assetto del gruppo in Italia, annunciando oltre 1.400 esuberi

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Manifestazione lavoratori Indesit
Roma
La lunga trattativa del piano industriale per i lavoratori ex Indesit è durata esattamente due anni ed un mese. Era il 4 giugno del 2013 quando l'Indesit presentò ai sindacati il primo piano di salvaguardia e razionalizzazione dell'assetto del gruppo in Italia. Per rispondere alla difficile situazione di mercato (rispetto ai volumi del 2007 si registra un -10% sul mercato dell'Europa Occidentale e -25% in Italia), il gruppo di Fabriano aveva puntato a concentrare nei tre poli italiani le produzioni top ad alto contenuto di innovazione e tecnologia e a portare invece in Polonia e Turchia "le produzioni italiane non più sostenibili", annunciando oltre 1.400 esuberi. Immediata la protesta dei lavoratori che organizzarono mobilitazioni ad oltranza.

Ad ottobre 2013, nel successivo incontro tra azienda e sindacati al Ministero, l'Indesit rivede il numero degli esuberi: "Le soluzioni proposte - scrive l'azienda in una nota -   consentono di ridurre subito a 1.030 il numero di persone coinvolte negli stabilimenti e di accompagnarne 330 alla pensione nel periodo coperto dagli ammortizzatori. Grazie ai benefeci attesi dagli investimenti e alle previsioni di recupero dei mercati nei prossimi 5 anni, è prevedibile inoltre il reimpiego graduale di oltre 400 lavoratori. I 150 impiegati degli uffici sarebbero invece riassorbiti in 4 anni". Si riaprono così le trattative ma continuano gli scioperi e le manifestazioni dei lavoratori.

Passa solo un mese e le trattative s'interrompono nuovamente perché l'apertura della procedura di mobilità per 1.400 lavoratori da parte della Indesit è stata interpretata dai sindacati come "un atto di rottura unilaterale". L’amministratore delegato del gruppo di elettrodomestici, Marco Milani, aveva dichiarato: “Non ci sono altre soluzioni per chi ha cuore il bene della Indesit, ma abbiamo a cuore anche tutte le persone che per l’azienda lavorano, e siccome una soluzione alternativa ai licenziamenti esiste, mi auguro che presto si possa trovare un  accordo con tutte le parti sociali”. 

Passano solo pochi giorni, dal 18 novembre al 3 dicembre, e l'Indesit presenta il nuovo piano di salvataggio che - scrive l'azienda - è stato "più volte significativamente migliorato" dall'Ad e presidente Marco Milani, e prevede ora per il nostro Paese "investimenti per 83 milioni di euro. Previsti anche incentivi all'esodo per chi ne farà richiesta e l'impegno dell'Azienda a non ricorrere all'utilizzo di procedure di mobilità unilaterali sino al 2018". Soddisfatti i sindacati che siglano il documento, ad eccezione della Fiom. Le dichiarazioni e le espressioni di soddisfazione di allora sono identiche a quelle di queste ore. 

L'11 luglio 2014, prima dell'apertura delle Borse, arriva l'annuncio della vendita della Indesit all'americana Whirlpool. Il controllo della società di Fabriano passa al gruppo americano che rileva il 66,8% delle azioni con diritto di voto, corrispondenti al 60,4% del capitale con un investimento di 758 milioni di euro e un premio del 5% sui valori di Borsa degli ultimi sei mesi. Whirpool lancerà poi un'Opa sulle rimanenti azioni Indesit. 

Alla fine del mese di ottobre, mentre gli americani si apprestano a salire al controllo totale della storica società di elettrodomestici, la Whirlpool svela, almeno in parte, i piani futuri sulla Indesit, parlando di un generale processo di "riorganizzazione" che non sembra escludere categoricamente la chiusura di qualche stabilimento. Scatta l'allarme dei sindacati che avevano chiesto la convocazione di un tavolo sulla questione da parte del governo.

A fine novembre si chiude l'opa promossa da Whirlpool Italia sul 29,99% del capitale Indesit, salendo così al controllo del 97,42% del gruppo marchigiano. 

Lo scorso aprile il gruppo Whirlpool-Indesit presenta il suo piano industriale facendo carta straccia degli accordi del 3 dicembre 2014. Dichiarati 1.350 esuberi, di cui 1.200 nelle fabbriche e 150 nei centri di ricerca. Prevista la chiusura della Indesit di Caserta e del centro ricerca e sviluppo di None (Torino). In quattro mesi, così, riappare lo spettro dei licenziamenti, si torna in strada a manifestare e vengono bruscamente interrotte le trattative.

A maggio interviene il Governo e il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi convoca per il giorno 12 il tavolo sulla vertenza Whirlpool dal quale non esce nulla di concreto ma le parole di sindacati e azienda fanno sperare che si sia entrati in una nuova fase della trattativa, dopo lo stallo dei precedenti incontri.

Il Governo convoca un nuovo tavolo ristretto per il 20 maggio, tra segreterie nazionali e azienda. In questa occasione arriva un'altra doccia fredda, mentre i sindacati speravano di vedere concretizzarsi le aperture sull'impianto di Carinaro in provincia di Caserta, la Whirlpool non riduce gli esuberi previsti dal piano industriale ma, anzi, ne annuncia altri 480 tra gli impiegati, portando il totale a 2.060 a fronte dei 1350 previsti fino a ieri. Dura la reazione del Governo: il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi definisce il piano "inqualificabile" e chiede all'azienda nuove proposte "credibili e tangibili" che diano certezze ai lavoratori, prima di riconvocare la parti esprimendo "delusione e preoccupazione" per il tempo perso. Anche il ministro del lavoro Giuliano Poletti vuole che la società Usa "ripresenti il piano" perché "continuiamo a non essere d'accordo, pensiamo che vadano mantenuti gli accordi fatti all'epoca di Indesit".

Riprendono, quindi, gli scioperi e le manifestazioni. A metà giugno in un ennesimo incontro al Ministero dello Sviluppo economico si aprono nuovi spiragli: Whirlpool non chiuderà Carinaro. Anzi allo stabilimento sarà assegnata una 'missione produttiva'. La multinazionale americana si è impegnata a presentare entro una settimana un nuovo piano industriale che preveda missioni industriali per tutti i siti, incluso quello di Caserta.

Il 23 giugno in un ennesimo incontro si registrano nuovi passi avanti: il nuovo piano - riferiscono i rappresentanti sindacali - prevede l'impiego dei lavoratori senza esuberi e un polo europeo dei ricambi e accessori a Carinaro, lo stabilimento a Caserta. Nonostante si riconosca che la trattativa abbia fatto dei passi avanti, per i sindacati non ci sono ancora le condizioni per chiudere un'intesa.

Oggi, finalmente le parti hanno trovato il punto d'incontro. Si tratta tecnicamente dell'ipotesi di un accordo quadro che dovrà essere approvata dai lavoratori, ma la compagnia statunitense ha preso l'impegno formale a non licenziare fino al 2018 (termine del piano industriale) e ritira la dichiarazione di oltre 2 mila esuberi. Previsti, inoltre, diversi interventi per oltre 500 milioni di euro in tre anni e incentivi all'esodo. A Caserta sarà insediato il polo europeo ricambi e accessori (320 persone) e il magazzino di None sarà ceduto in continuità alla piemontese Mole. 
Si ristabilisce in pratica un quadro stabile per il futuro industriale della società, senza licenziamenti. Almeno fino a tutto il 2018.