ECONOMIA
La società pubblica non intende partecipare alla ricapitalizzazione
Poste, un altro ostacolo all'accordo con Etihad. Al via il referendum dei lavoratori
L'obiettivo della compagnia diretta da Francesco Caio è investire nella newco, ma non farsi carico dei debiti pregressi. E' in corso, quindi, una conta tra gli azionisti della ex compagnia di bandiera per vedere chi, oltre alle banche, sottoscriverà l'aumento di capitale da almeno 200 milioni di euro. Venerdì l'assemblea di Alitalia per l'ok all'aumento di capitale e la firma del preaccordo con Etihad

Non c'è ancora pace per Alitalia. Ancora un ostacolo alle nozze con Etihad. Ostacolo che questa volta si chiama Poste o, meglio, la posizione della società pubblica guidata da Francesco Caio nel processo di ricapitalizzazione della compagnia. Una ricapitaliazzazione necessaria per la continuità aziendale (se così non fosse, si dovrebbero portare i libri in Tribunale) e per l'intesa definitiva con gli arabi. È in corso, infatti, una conta tra gli azionisti della compagnia presieduta da Roberto Colaninno per vedere chi, oltre alle banche, sottoscriverà l'aumento da crica 200 milioni. Ma, soprattutto, è necessario capire chi potrebbe coprire la quota che Poste, azionista di Cai con il 19,48%, non intende sottoscrivere: all'appello mancano infatti 40 milioni.
Si cerca, quindi, tra i soci Cai, ma anche fuori. Ieri il consiglio di amministrazione di Poste ha confermato le condizioni per partecipare alla ricapitalizzazione di Alitalia-Cai già comunicate dall'ad, Francesco Caio, in una lettera il 18 luglio. Le Poste vogliono investire 39 milioni per rilevare il 5% della newco, la nuova società in cui Etihad avrà il 49%, senza passare dalla vecchia Alitalia. La società pubblica, in sintesi, non vuole farsi carico dei debiti pregressi della vecchia compagnia. Le banche, guidate da Intesa Sanpaolo e Unicredit non hanno gradito. Federico Ghizzoni, ad dell'istituto di Piazza Cordusio alla Stampa ha chiarito: "Noi abbiamo fatto quello che ci è stato chiesto".
I banchieri leggono nel comportamento di Poste un "disallineamento" dalla posizione in cui si troverebbero gli altri soci di fronte a ulteriori oneri per le pendenze legali del passato o a un ulteriore fabbisogno di cassa di Alitalia rispetto al budget 2014. A rispondere dei maggiori oneri sarebbero le banche, e non le Poste. Caio, tradotto, non vuole mettere i soldi nell'Alitalia-Cai, che considera una bad company. Lui investirebbe solo nella nuova compagnia che nascerebbe dallo scorporo delle attività di volo di Cai e nella quale entrerebbe, con il 49%, Etihad. Poste avrebbe il 5% e, secondo il progetto, vorrebbe anche poter vendere i biglietti Alitalia negli uffici postali. Possiamo quindi pensare, a ragione, che Caio la veda un po' come l'ad di Etihad, James Hogan: imporre, cioè, le sue condizioni per mettere i soldi. "Se volete che metta soldi - aveva detto l'ad di Etihad - togliete le pendenze legali del passato e i debiti finanziari che la gestione non può sostenere".
Il referendum
Intanto, dalle 16 di oggi fino alle 8 del mattino di venerdì si tiene il referendum dei lavoratori Alitalia sull'integrativo aziendale al contratto nazionale di lavoro per il trasporto aereo. Il referendum è stato indetto da Filt-Cgil, Fit-Cisl e Ugl Trasporti. La Uil Trasporti, nei giorni scorsi, aveva deciso di non firmare nè il contratto nazionale nè l'integrativo. Nell'integrativo, riferiscono fonti sindacali, è prevista anche la riduzione del costo del lavoro da 31 milioni concordata con l'azienda. Dura la reazione della Uiltrasporti che invita i lavoratori a non votare e propone un proprio referendum il 28 luglio. Obiettivo della consultazione delle organizzazioni di categoria aderenti a Cgil, Cisl e Ugl è ratificare l'accordo prima dell'inizio dell'assemblea degli azionisti dell'Alitalia convocata per le 9 di venerdi 25 luglio. "A questo punto - secondo i sindacati firmatari del contratto nazionale e dell'integrativo aziendale - è indispensabile fare chiarezza e l'unico modo per farlo, prima dell'assemblea dei soci del 25 luglio, e' fare esprimere attraverso un referendum tutti i lavoratori del gruppo Alitalia". L'amministratore delegato, Gabriele Del Torchio, ricordano le tre sigle, "ha confermato la drammaticità della situazione dell'azienda che il 25 deve affrontare l'ultima prova decisiva per evitare il fallimento e per poter avviare a buon fine l'accordo con Etihad e nessuna delle due condizioni si potra' realizzare in mancanza dell'accordo sindacale".
Si cerca, quindi, tra i soci Cai, ma anche fuori. Ieri il consiglio di amministrazione di Poste ha confermato le condizioni per partecipare alla ricapitalizzazione di Alitalia-Cai già comunicate dall'ad, Francesco Caio, in una lettera il 18 luglio. Le Poste vogliono investire 39 milioni per rilevare il 5% della newco, la nuova società in cui Etihad avrà il 49%, senza passare dalla vecchia Alitalia. La società pubblica, in sintesi, non vuole farsi carico dei debiti pregressi della vecchia compagnia. Le banche, guidate da Intesa Sanpaolo e Unicredit non hanno gradito. Federico Ghizzoni, ad dell'istituto di Piazza Cordusio alla Stampa ha chiarito: "Noi abbiamo fatto quello che ci è stato chiesto".
I banchieri leggono nel comportamento di Poste un "disallineamento" dalla posizione in cui si troverebbero gli altri soci di fronte a ulteriori oneri per le pendenze legali del passato o a un ulteriore fabbisogno di cassa di Alitalia rispetto al budget 2014. A rispondere dei maggiori oneri sarebbero le banche, e non le Poste. Caio, tradotto, non vuole mettere i soldi nell'Alitalia-Cai, che considera una bad company. Lui investirebbe solo nella nuova compagnia che nascerebbe dallo scorporo delle attività di volo di Cai e nella quale entrerebbe, con il 49%, Etihad. Poste avrebbe il 5% e, secondo il progetto, vorrebbe anche poter vendere i biglietti Alitalia negli uffici postali. Possiamo quindi pensare, a ragione, che Caio la veda un po' come l'ad di Etihad, James Hogan: imporre, cioè, le sue condizioni per mettere i soldi. "Se volete che metta soldi - aveva detto l'ad di Etihad - togliete le pendenze legali del passato e i debiti finanziari che la gestione non può sostenere".
Il referendum
Intanto, dalle 16 di oggi fino alle 8 del mattino di venerdì si tiene il referendum dei lavoratori Alitalia sull'integrativo aziendale al contratto nazionale di lavoro per il trasporto aereo. Il referendum è stato indetto da Filt-Cgil, Fit-Cisl e Ugl Trasporti. La Uil Trasporti, nei giorni scorsi, aveva deciso di non firmare nè il contratto nazionale nè l'integrativo. Nell'integrativo, riferiscono fonti sindacali, è prevista anche la riduzione del costo del lavoro da 31 milioni concordata con l'azienda. Dura la reazione della Uiltrasporti che invita i lavoratori a non votare e propone un proprio referendum il 28 luglio. Obiettivo della consultazione delle organizzazioni di categoria aderenti a Cgil, Cisl e Ugl è ratificare l'accordo prima dell'inizio dell'assemblea degli azionisti dell'Alitalia convocata per le 9 di venerdi 25 luglio. "A questo punto - secondo i sindacati firmatari del contratto nazionale e dell'integrativo aziendale - è indispensabile fare chiarezza e l'unico modo per farlo, prima dell'assemblea dei soci del 25 luglio, e' fare esprimere attraverso un referendum tutti i lavoratori del gruppo Alitalia". L'amministratore delegato, Gabriele Del Torchio, ricordano le tre sigle, "ha confermato la drammaticità della situazione dell'azienda che il 25 deve affrontare l'ultima prova decisiva per evitare il fallimento e per poter avviare a buon fine l'accordo con Etihad e nessuna delle due condizioni si potra' realizzare in mancanza dell'accordo sindacale".