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ITALIA

Arzachena: tornava dal lavoro, sorpresa dall'alluvione

Storia di una sopravvissuta

"Per quattro ore su un albero. Così ci siamo salvati"

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di Giancarlo Usai

La circonvallazione di Arzachena è stata inaugurata pochi anni fa: è una strada veloce (e pericolosa, si contano diversi incidenti gravi) che aggira il paese capoluogo della Costa Smeralda e collega i suoi due estremi. Fu una svolta per il traffico locale, congestionato ogni estate per il passaggio di migliaia di turisti in auto costretti ad attraversare l’unico viale cittadino che collega le strade verso Olbia e verso Palau.

Ora, un pezzo di questa tangenziale non c’è più, stravolto dall’esondazione del Rio San Giovanni che ne ha distrutto un tratto, ribaltando addirittura pezzi di asfalto. Poco lontano da qui, da questa porzione di strada spaccata, sono morte in uno scantinato le quattro persone, la famiglia di brasiliani, uniche vittime che l’alluvione del 18 novembre ha lasciato ad Arzachena. Ma sempre qui, oltre a contare i danni materiali a proprietà private e al suolo pubblico, avremmo potuto trovare anche altri morti. Perché quello che è successo in quella sera, per alcune ore, è del tutto inedito nella storia di questo paese, abituato al massimo a qualche folata di maestrale più forte del solito.

Maria Giovanna lavora fuori dal centro cittadino e ogni sera, in macchina, torna verso casa. Da fuori, durante quella giornata, era impossibile avere idea di che cosa stesse accadendo nelle aree vicine al fiume della zona. Nessuno, nei propri uffici o negozi, poteva immaginare la potenza della bomba d’acqua che si stava abbattendo sulla Gallura. “Arrivata all’ingresso del paese ho visto che la strada principale era sbarrata da una macchina dei carabinieri, sono tornata indietro, ho pensato a un incidente sul tragitto che impediva la circolazione”. E come lei altri automobilisti hanno fatto la stessa cosa. Poco male, si passa dalla circonvallazione, hanno pensato.

E così, imboccato il vecchio incrocio, si sono avventurati, al buio, per una strada conosciuta a tutti. Ma al termine del tragitto non sono mai arrivati: l’onda della piena li ha colti all’improvviso, trascinandoli per metri a bordo delle loro auto. Con l’acqua fino al collo, Maria Giovanna è riuscita a uscire dalla sua macchina e, nuotando, ad aggrapparsi ai rami di un albero: “Così siamo riusciti a non farci spazzare via, grazie agli alberi che abbiamo trovato dopo aver abbandonato le macchine”. Le auto sono state recuperate dopo un paio di giorni, poggiate su qualche fosso o sbattute contro qualche tronco di legno. E mentre il paese, verso l’ora di cena, cominciava ad accorgersi dei danni e della tempesta senza precedenti, qualche arzachenese ancora mancava all’appello.

Fra soccorsi tardivi e comunicazioni inefficienti, sono stati gli stessi familiari a mettersi alla ricerca dei dispersi. La figlia di Maria Giovanna, ad esempio, quando le è stato detto dai vigili che sua madre era scomparsa, ha preso la sua, di auto, e si è messa alla ricerca. Con l’acqua fino alle ginocchia, si è precipitata sulla tangenziale, fino a dove era possibile spingersi a piedi: “Ho chiamato mia madre a squarciagola, sapevo che non poteva essere lontana. Aveva lasciato il telefono in macchina e quindi non era possibile rintracciarla in nessun altro modo”.

Quando le autorità hanno sbarrato il viale d’ingresso del paese non hanno fatto in tempo a fermare il traffico per strade alternative: mentre chiudevano per motivi di sicurezza il centro cittadino, lasciavano che diversi automobilisti ignari passassero laddove la piena era invece al suo massimo. “Siamo rimasti così, in attesa di un gommone che ci venisse a recuperare per quattro ore, sperando che ci sentissero, che capissero dove eravamo”, dice Maria Giovanna, che ancora non si rende conto del rischio che ha corso, di quello che sarebbe potuto succedere se avesse imboccato quella strada qualche minuto dopo.

Ora Arzachena è un paese ferito, ma non certo spezzato da quello che è successo. La zona del fiume è sconvolta, i danni sono evidenti anche da poche immagini, c’è un’emergenza inquinamento cui far fronte. Poco più su, al confine con il Comune di Olbia, infatti, l’esondazione del “rio” ha travolto un impianto di produzione di bitume, portando via, mischiati all’acqua, dodicimila litri tra olio combustibile e gasolio. Come ha detto anche il sindaco Alberto Ragnedda, si dovrà lavorare per una bonifica intensa e decisa per impedire che gli idrocarburi si diffondano o, peggio, raggiungano il golfo. Perché Arzachena vive ancora e soprattutto di turismo grazie al suo mare che non ha eguali. E dopo il lutto e lo sconforto, bisognerà ripartire con più forza di prima.