ITALIA
Paola Scola racconta la tragedia "Gli eroi nel fango 1994-2014"
Vent'anni fa la Grande alluvione del Piemonte
Giornalista della Stampa, nel novembre 1994 documentava la tragedia che sconvolse il Piemonte seguendo i fatti dalla provincia di Cuneo. 68 vittime in tutta la Regione, 20mila miliardi di danni, 2mila sfollati. Quella fu una tragedia immensa, ma la storia si ripete. "La burocrazia - dice Scola a Rainews.it - continua a legare le mani ai sindaci"

Quattro, cinque, e sei novembre di vent’anni fa: la grande alluvione del Piemonte. Le province di Cuneo, Asti, Alessandria, Torino e Vercelli coperte dal fango. In ginocchio. Perché il fiume Tanaro è piccolo, ma quando si arrabbia fa male. Settanta vittime, 2mila sfollati il risultato della sua furia. E di quella dei suoi affluenti. “Nessuno avrebbe mai pensato - dice un abitante della provincia di Cuneo - che il Tanaro riuscisse a fare quei danni che ha fatto. Nessuno”. Il Piemonte vuole ricordare.
In questi vent’anni c’è chi ha raccolto materiale, momenti disperati, sia per professione, sia perché li ha vissuti. Paola Scola è una giornalista della Stampa, e nel 1994 ha documentato per il suo giornale quello che stava accadendo dalla provincia di Cuneo. Un anno fa la storia si è ripetuta con l’alluvione in Sardegna: anche lì vittime e fango, poi Genova. Ancora Genova un mese fa. Di qui l’idea di scrivere un libro per il ventennale della Grande alluvione del Piemonte: per non dimenticare le vittime e coloro che sono morti per salvare le vite degli altri. Ed è proprio a queste persone che il libro “Eroi nel fango 1994-2014: vent'anni dopo la grande alluvione”, è dedicato. Il libro ripercorre da un punto di vista geografico i disastri provocati dall'alluvione, partendo dai comuni di Ormea e Garessio per estendersi poi alla maggiore parte dei comuni della Provincia di Cuneo, quella con il maggior numero di vittime, ben 29.
Paola, perché questo libro?
“Questo libro è stato scritto velocemente, avevo tantissimo materiale, racconti, fotografie, testimonianze e, l’anno scorso, dopo l’alluvione in Sardegna, mi sono resa conto che era il momento di mettere insieme il tutto per ricordare i venti anni dalla tragedia piemontese. Avevo promesso ai parenti delle vittime e a me stessa che nulla sarebbe finito nel dimenticatoio. Tutti i ragazzi delle superiori, che vent’anni fa non c’erano, dovevano sapere che cos’era successo nel 1994 e devono sapere oggi quanto è importante tenere i letti dei fiumi puliti, capire quanto è importante la prevenzione”.
Cosa ti ricordi di quei giorni?
“In quel periodo vivevo a Ceva, in provincia di Cuneo. Quell’alluvione l’ho vissuta direttamente. Non sulla mia pelle - perché non ho avuto danni - ma ho visto la tragedia nelle facce di chi aveva perso tutto. Mi ricordo che quella sera del 4 novembre c’era fermento, non si sapeva cosa stesse succedendo, le scuole erano state evacuate. Il fiume Tanaro era quadruplicato e pensavamo che fosse successo solo da noi. Solo il giorno successivo ci siamo resi conto che era così dappertutto, anche in altre province del Piemonte. Era iniziato tutto da Ormea, all’alba, con il torrente Armella che iniziava a dare i primi segnali di quella che sarebbe diventata la grande alluvione. A Garessio, nel Cuneese, erano le 10: l’allarme era notevole ma non si capiva. Il fiume Tanaro, che passa sotto il ponte Odasso, era un fiume di fango. Il ponte ha resistito, ma in tarda mattinata il Tanaro lo ha oltrepassato lasciando solo l’arcata di mattoni. Poi le esondazioni, le frane e gli smottamenti si estesero dal Cuneese all’Astigiano, all’Alessandrino e al Torinese. I bacini più colpiti furono quelli dei fiumi Tanaro, del Bormida, del Belbo e del Po. Tre giorni, il 4, il 5 e il 6 novembre, di apocalisse. Da tempo venivano affrontate solo le urgenze, i fiumi non venivano puliti, si interveniva con i gruppi di volontari. Ma non c’era un’organizzazione vera e propria come quella di adesso. Non c'era la Protezione civile. Mi ricordo che c'era bisogno di tutto, anche di qualche panino per sfamare la gente. Gli sfollati erano a migliaia e in soccorso sono venuti gli alpini, dal Friuli. La gente friulana non si era dimenticata l'aiuto dei piemontesi durante il terremoto e li ha ricompensati con la solidarietà".
Qual è l'episodio che ti ha più colpita?
"Io penso sempre a Livio Taricco, l'agricoltore che perse la vita a Norzole, vicino Alba, per salvare un uomo che era rimasto intrappolato in auto. Ha preso il suo trattore e si è fiondato ad aiutarlo. Lui è stato un eroe del fango. E' rimasto aggrappato ai rami di un albero per tutta una notte urlando per la paura, il freddo e la stanchezza. Non c'erano elicotteri o mezzi anfibi in grado di strapparlo alla furia del Tanaro. I parenti sulla sponda del fiume assistevano inermi, angosciati, alla sua disperazione. Lo hanno trovato il giorno dopo a pochi metri dal luogo in cui lo avevano visto aggrappato alla vita. Mi ha colpito la sua famiglia, la moglie Rosanna e il figlio Denis. Tanta dignità e coraggio, sempre lontani dai riflettori. Nessun risentimento nei confronti di colui che era stato salvato da Livio. Gli è stata conferita la medaglia d'oro al valor civile".
Sono passati 20 anni dalla tragedia, ma tutto sembra ripetersi.
"Il ricordo non si cancella. Il cinque novembre ci saranno commeorazioni in tutto il Piemonte. Da quell'alluvione si sviluppò prepotentemente la cultura della Protezione civile e di un coordinamento sia in senso verticale, sia in senso orizzontale. Ma i problemi rimangono. E quello più grande è la burocrazia: anche oggi i sindaci si lamentano, vorrebbero intervenire per evitare che si ripetano tragedie simili, ma non possono: spesso hanno le mani legate. E tutto, per colpa di procedure lunghe e complicate. E' ora di cambiare".
In questi vent’anni c’è chi ha raccolto materiale, momenti disperati, sia per professione, sia perché li ha vissuti. Paola Scola è una giornalista della Stampa, e nel 1994 ha documentato per il suo giornale quello che stava accadendo dalla provincia di Cuneo. Un anno fa la storia si è ripetuta con l’alluvione in Sardegna: anche lì vittime e fango, poi Genova. Ancora Genova un mese fa. Di qui l’idea di scrivere un libro per il ventennale della Grande alluvione del Piemonte: per non dimenticare le vittime e coloro che sono morti per salvare le vite degli altri. Ed è proprio a queste persone che il libro “Eroi nel fango 1994-2014: vent'anni dopo la grande alluvione”, è dedicato. Il libro ripercorre da un punto di vista geografico i disastri provocati dall'alluvione, partendo dai comuni di Ormea e Garessio per estendersi poi alla maggiore parte dei comuni della Provincia di Cuneo, quella con il maggior numero di vittime, ben 29.
Paola, perché questo libro?
“Questo libro è stato scritto velocemente, avevo tantissimo materiale, racconti, fotografie, testimonianze e, l’anno scorso, dopo l’alluvione in Sardegna, mi sono resa conto che era il momento di mettere insieme il tutto per ricordare i venti anni dalla tragedia piemontese. Avevo promesso ai parenti delle vittime e a me stessa che nulla sarebbe finito nel dimenticatoio. Tutti i ragazzi delle superiori, che vent’anni fa non c’erano, dovevano sapere che cos’era successo nel 1994 e devono sapere oggi quanto è importante tenere i letti dei fiumi puliti, capire quanto è importante la prevenzione”.
Cosa ti ricordi di quei giorni?
“In quel periodo vivevo a Ceva, in provincia di Cuneo. Quell’alluvione l’ho vissuta direttamente. Non sulla mia pelle - perché non ho avuto danni - ma ho visto la tragedia nelle facce di chi aveva perso tutto. Mi ricordo che quella sera del 4 novembre c’era fermento, non si sapeva cosa stesse succedendo, le scuole erano state evacuate. Il fiume Tanaro era quadruplicato e pensavamo che fosse successo solo da noi. Solo il giorno successivo ci siamo resi conto che era così dappertutto, anche in altre province del Piemonte. Era iniziato tutto da Ormea, all’alba, con il torrente Armella che iniziava a dare i primi segnali di quella che sarebbe diventata la grande alluvione. A Garessio, nel Cuneese, erano le 10: l’allarme era notevole ma non si capiva. Il fiume Tanaro, che passa sotto il ponte Odasso, era un fiume di fango. Il ponte ha resistito, ma in tarda mattinata il Tanaro lo ha oltrepassato lasciando solo l’arcata di mattoni. Poi le esondazioni, le frane e gli smottamenti si estesero dal Cuneese all’Astigiano, all’Alessandrino e al Torinese. I bacini più colpiti furono quelli dei fiumi Tanaro, del Bormida, del Belbo e del Po. Tre giorni, il 4, il 5 e il 6 novembre, di apocalisse. Da tempo venivano affrontate solo le urgenze, i fiumi non venivano puliti, si interveniva con i gruppi di volontari. Ma non c’era un’organizzazione vera e propria come quella di adesso. Non c'era la Protezione civile. Mi ricordo che c'era bisogno di tutto, anche di qualche panino per sfamare la gente. Gli sfollati erano a migliaia e in soccorso sono venuti gli alpini, dal Friuli. La gente friulana non si era dimenticata l'aiuto dei piemontesi durante il terremoto e li ha ricompensati con la solidarietà".
Qual è l'episodio che ti ha più colpita?
"Io penso sempre a Livio Taricco, l'agricoltore che perse la vita a Norzole, vicino Alba, per salvare un uomo che era rimasto intrappolato in auto. Ha preso il suo trattore e si è fiondato ad aiutarlo. Lui è stato un eroe del fango. E' rimasto aggrappato ai rami di un albero per tutta una notte urlando per la paura, il freddo e la stanchezza. Non c'erano elicotteri o mezzi anfibi in grado di strapparlo alla furia del Tanaro. I parenti sulla sponda del fiume assistevano inermi, angosciati, alla sua disperazione. Lo hanno trovato il giorno dopo a pochi metri dal luogo in cui lo avevano visto aggrappato alla vita. Mi ha colpito la sua famiglia, la moglie Rosanna e il figlio Denis. Tanta dignità e coraggio, sempre lontani dai riflettori. Nessun risentimento nei confronti di colui che era stato salvato da Livio. Gli è stata conferita la medaglia d'oro al valor civile".
Sono passati 20 anni dalla tragedia, ma tutto sembra ripetersi.
"Il ricordo non si cancella. Il cinque novembre ci saranno commeorazioni in tutto il Piemonte. Da quell'alluvione si sviluppò prepotentemente la cultura della Protezione civile e di un coordinamento sia in senso verticale, sia in senso orizzontale. Ma i problemi rimangono. E quello più grande è la burocrazia: anche oggi i sindaci si lamentano, vorrebbero intervenire per evitare che si ripetano tragedie simili, ma non possono: spesso hanno le mani legate. E tutto, per colpa di procedure lunghe e complicate. E' ora di cambiare".