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Elezioni presidenziali senza sorprese. La sinistra liberale torna al potere

La Corea del sud volta pagina. Il democratico Moon vuole riportare Pyongyang al tavolo del negoziato

Moon Jae-in ha vinto con il 41,4% delle preferenze. Lontani gli sfidanti: il candidato conservatore Hong Yoon-pyo si ferma al 23,3%. Il centrista Ahn Cheol-soo è terzo con il 21,8%. L'affluenza alle urne è stata alta, attorno al 77%. 

Moon Jae-in

"La nostra vittoria è frutto del desiderio disperato della gente che vuole un cambio di regime. Realizzeremo il compito che ci avete affidato". La vittoria di Moon Jae-in, 64 anni, candidato liberal-democratico, alle elezioni presidenziali della Corea del Sud, era ampiamente prevista dai sondaggi e quasi scontata dopo lo scandalo corruzione che ha provocato le dimissioni del governo della presidente Park Geun-hee. Eppure l'affermazione dell'ex avvocato per i diritti umani, in passato consigliere e capo di Gabinetto nel governo di Roh Moo-hyun (e prima ancora attivista contro la dittatura di Park Chung-hee, padre di Park Geun-hye), arriva accompagnata da un vento di speranza.


I coreani sono andati alle urne provati e disillusi dopo una serie di scandali e abusi di potere, con una leader dimissionaria dopo lunghe proteste e poi arrestata, ora in carcere in attesa di giudizio. Un clima appesantito dalla tensione alle stelle con i vicini della Corea del Nord e dalle polemiche delle ultime settimane per l'installazione a Seul dello scudo missilistico Thaad da parte degli Stati Uniti, che ha fatto infuriare la Cina. Ancor più sentiti due problemi provocati dalla crisi economica: disuguaglianza e disoccupazione giovanile. Una campagna elettorale basata sulla promessa di trasparenza, lotta alla corruzione, riforme e creazione di nuovi posti di lavoro e richiami all'unità nazionale lo ha portato alla Casa Blu, il palazzo presidenziale sudcoreano, con il 41,4% delle preferenze. Lontani gli sfidanti: il candidato conservatore Hong Yoon-pyo si ferma al 23,3%. Il centrista Ahn Cheol-soo è terzo con il 21,8%. L'affluenza alle urne è stata alta, attorno al 77%.


Il mondo guarda ora con speranza a Moon anche per quanto riguarda le relazioni con la Corea del Nord. Il neo presidente è uno dei fautori della 'Sunshine policy', la politica di dialogo e apertura nei confronti di Pyongyang del presidente Kim Dae Jung, Premio Nobel per la Pace, che aveva portato a importanti passi avanti nei rapporti tra le due Coree tra il 1998 e il 2008. Lo stesso regime di Kim Jong-un aveva espresso il proprio favore per il candidato liberal-democratico, considerato più indipendente nei confronti degli alleati americani. Nelle ultime ore di campagna elettorale Moon ha ribadito che Seul dovrebbe assumere un ruolo più attivo nelle relazioni diplomatiche nella regione, e non stare a guardare mentre Cina e Stati Uniti discutono in cerca di una soluzione. "Ciò che vogliono gli Stati Uniti è una forte pressione sulla Corea del Nord, in cooperazione con la Cina, per portare Pyongyang al tavolo delle trattative e convincerli a interrompere i programmi nucleari" e "a condurre questo nuovo flusso di eventi dovrebbe essere la Corea del Sud", aveva detto Moon nelle ultime ore di campagna elettorale in una diretta Youtube. La nuova fase potrà iniziare presto: dopo i due mesi senza governo in seguito alla caduta di Park, Moon si insedierà rapidamente, già domani, e si metterà subito al lavoro.