"Rispettiamo le sentenze, ma la Corte ne ha fatta una evolutiva, cioè ha cambiato orientamento". Lo dice al Corriere della Sera la ministra per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Marianna Madia, dopo la sentenza della Consulta sulla sua riforma della P.a.
"Quando è stata scritta la delega non c'era alcun rischio di incostituzionalità", argomenta Madia, e la giurisprudenza "prevedeva il coinvolgimento delle Regioni a valle. Non a monte", prima del varo dei decreti attuativi, "tanto più che l'intesa formale richiede l'unanimità e quindi basta che una Regione non sia d'accordo e la riforma non si può attuare".
Secondo la ministra, anche sul rinnovo dei contratti pubblici, "la situazione si è complicata perché la sentenza arriva nel mezzo di una trattativa con i sindacati". Spiega che "è prevista una parte economica, gli aumenti medi di circa 85 euro, e una parte normativa per modificare alcuni istituti, come la valutazione o il salario accessorio" ma ora, "dopo la sentenza, bisogna capire come posso impegnarmi sulla parte normativa, se prima non raggiungo l'intesa con tutte le Regioni. E verificare, come dire, se il governatore del Veneto Zaia è d'accordo. Perché se non lo fosse, si bloccherebbe tutto". Madia spiega che ora per i tre decreti già in vigore, sui quali incide la sentenza, andrà "nella conferenza Stato-Regioni per avere un'intesa e poi, se Zaia non si metterà ancora di traverso, presenterò decreti correttivi e le riforme andranno avanti", mentre quelli approvati in settimana dal Cdm, su dirigenza e servizi pubblici locali, "non li abbiamo mandati al Quirinale e non vedranno la luce".