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Attentato al Cairo contro cattedrale copta, almeno 25 morti

Immagine di repertorio

Un ordigno artigianale è scoppiato all'ingresso della chiesa che si trova nel quartiere di Al Abasiya della capitale. L'esplosione è avvenuta, secondo le ultime testimonianze, mentre all'interno del complesso della cattedrale si celebrava una messa.

Il bilancio parla di 25 morti e 49 feriti. Nessuna rivendicazione è ancora arrivata nè si sa nulla della dinamica dell'attentato, ma secondo le informazioni rilanciate dai media egiziani, l'ordigno sarebbe stato telecomandato. Tra le vittime ci sono anche donne e bambini: l'ordigno esploso nella chiesa, infatti, secondo quanto riferisce una giornalista egiziana del Washington Post su Twitter, citando il network Cbs, sarebbe stato inserito dal kamikaze all'interno di una borsa da donna e collocata all'interno della chiesa proprio nel settore femminile.

Il portavoce della Chiesa copta ha spiegato che l'esplosione è avvenuta durante la messa nella piccola chiesa di San Pietro e Paolo, adiacente alla cattedrale di San Marco. Per l'agenzia di stampa ufficiale egiziana invece la bomba è stata collocata in una cappella adiacente al muro esterno della cattedrale. L'attentato arriva a due giorni da altri due attacchi avvenuti il 9 dicembre scorso nel paese e costati la vita a sei agenti delle forze di sicurezza e a un civile. In quest'ultimo episodio, secondo gli artificieri, sarebbero stati utilizzati ben 12 chili di tritolo.

Copti nel mirino, 40 attacchi in 3 anni
La Cattedrale Copta di San Marco in Abassiya, al Cairo, teatro di un nuovo attacco contro i cristiani in Egitto, è la più antica chiesa d'Africa e la sede del Papa di Alessandria, patriarca dell'intero continente. I copti (parola che significa egiziano, i cristiani d'Egitto si identificano come cristiani copti) sono una comunità cristiana con radici millenarie che vanta 10 milioni di fedeli, moltissimi appartenenti alla diaspora, che formano il 10% della popolazione del Paese a stragrande maggioranza musulmana. Dalle Primavere Arabe del 2011 e dalla cacciata di Hosni Mubarak, che godeva del sostegno dell'ex patriarca Shenouda III, i copti hanno vissuto in uno stato di crescente tensione che ha avuto il suo apice durante il periodo del governo del presidente islamista, Mohamed Morsi.

Solo dal 2013 vi sono stati una quarantina fra aggressioni di cristiani e attacchi a chiese, in pratica un episodio al mese, con decine di morti. L'epicentro delle violenze è l'Egitto rurale e in particolare la regione di Minya, il turbolento governatorato con il mix esplosivo di un 35% di popolazione cristiana e un forte radicamento jihadista. Il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, che ha destituito Morsi promettendo di ripristinare l'ordine e di proteggere le minoranze, ha ribadito anche recentemente che gli egiziani "sono tutti uguali nei loro diritti e nei loro doveri, in accordo con la Costituzione" e ha lodato la calma e la saggezza con cui la comunità cristiana sta rispondendo alle violenze.

Una legge per punire ogni atto che mina all'unità nazionale e per allentare le limitazioni per la costruzione di nuove chiese e' all'esame del Parlamento. I copti sono una minoranza che ha sempre avuto un ruolo chiave nell'economia e nell'establishment dell'Egitto, anche se molti di loro oggi vivono sotto la soglia di povertà. Sono cristiani la maggioranza degli orafi e la gran parte degli impiegati nel settore farmaceutico del Paese, così come alcune delle famiglie più ricche dell'Egitto come i Sawiris, che controllano il gigante delle telecomunicazioni Orascom. Dinastie di copti hanno ricoperto incarichi politici di primo piano: un membro della famiglia Boutros Ghali ha sempre fatto parte dei vari governi prima della caduta di Mubarak e un suo esponente, Boutros Boutros Ghali, è stato ministro degli Esteri prima di diventare segretario dell'Onu.