New York,
Se le infrastrutture digitali fossero uno Stato, sarebbero il sesto più grande consumatore di energia al mondo. Per questo Greenpeace monitora le scelte dei principali operatori del settore e aggiorna ogni anno il suo rapporto sul 'green footprint', l'impronta verde dette tech company.La buona notizia è che alcune tra le più grandi compagnie del settore tecnologico fanno notevoli progressi per alimentare le loro infrastrutture e la rete solo da fonti di energia rinnovabile. Alcune altre, invece, per Greenpeace difettano di trasparenza.
I dati sono contenuti nel report "Clicking Clean: A Guide to Building the Green Internet", appena aggiornato, nel quale aziende come Apple, Yahoo, Facebook e Google sono state promosse (con valori molto diversi tra loro) mentre altre, come Amazon, sono state bocciate.
La mela "determinata"
Anche quest’anno, nella classifica stilata da Greenpeace, Apple è l'unica azienda ad ottenere energia pulita al 100% dai propri data center (nessun altro si avvicina). Tra le altre compagnie prese in esame, Apple resta la più determinata nell'impegno ad alimentare i propri data center con energie rinnovabili. Grazie agli investimenti degli anni passati e a quelli programmati per il prossimo futuro (tra cui un accordo da 850 milioni di dollari per alimentare le sue attività in California e importanti investimenti in Europa), Apple sembra essere in grado di raggiungere l'obiettivo di alimentare il proprio cloud per un altro anno con energia al 100% rinnovabile. Seguono Yahoo (73%), Facebook (49%) e Google (46%), nella classifica dell'energia prodotta da fonti rinnovabili.
Le non virtuose
Secondo l'organizzazione ambientalista, la strada verso una Rete rinnovabile al 100% è comunque ostacolata dall'opposizione di alcune importanti aziende e dalla crescente domanda d'energia del settore.
"Per alimentare internet, le compagnie hi-tech si stanno orientando verso la scelta più intelligente: le fonti rinnovabili", afferma Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e clima di Greenpeace Italia. "Si scontrano però con la
resistenza di alcune compagnie che operano in regime di monopolio in luoghi chiave per questo settore - come Taiwan, o la Virginia e il North Carolina in Usa - e che si rifiutano di passare a fonti rinnovabili".
Amazon, "poco trasparente"
Il colosso dell'e-commerce Amazon, che si sta espandendo nello stato americano della Virginia, sarebbe al 23% di energia prodotta da fonti rinnovabili e secondo Luca Iacoboni, "deve fornire più informazioni sull'impronta energetica dei suoi data center,
chiarendo come intende raggiungere l'obiettivo 100% rinnovabili".