Politica

Inchiesta Consip, Renzi sospetta un "disegno eversivo" per colpire il suo governo

E’ la Stampa, oggi, a dar conto degli umori attorno all'inchiesta che coinvolge il padre dell'ex premier. Sarebbe questo il pensiero che Matteo Renzi sta condividendo in queste ore con i compagni di partito

Ci sarebbe un “disegno eversivo” per colpire il suo governo e costringerlo alle dimissioni dietro il caso Consip. Perlomeno fino a quando l’inchiesta è stata gestita dal pm John Woodcock insieme al capitano del Noe, Giampaolo Scarfato, indagato poi dalla Procura di Roma per il reato di falso in relazione a intercettazioni riguardanti Tiziano Renzi, padre dell’ex premier.

In queste ore, Matteo Renzi sta condividendo con i compagni di partito questa “sconvolgente verità”, il “disegno eversivo”. E’ la Stampa, oggi, a dar conto degli umori attorno al caso Consip. Il quotidiano ricostruisce i delicati passaggi di questa storia intricata a partire dalla fine dell’ottobre 2016, cioè quando il capitano Scarfato tira in ballo i servizi segreti, concordando la strategia investigativa con il pm Woodcock. Renzi è ancora presidente del Consiglio. Pertanto, la manipolazione dell’inchiesta- che vede la fabbricazione di due falsi: la presenza sulla scena dell’indagine di 007 in azione di controllo e l’attribuzione ad Alfredo Romeo anziché a Italo Bocchino di una frase intercettata- sarebbe avvenuta da parte del capitano del Noe quando Renzi era in carica. In sintesi: una struttura dello Stato avrebbe distorto intenzionalmente il senso di alcune prove per colpire il premier. Che, se non avesse dato le dimissioni dopo il risultato referendario, avrebbe dovuto probabilmente rassegnarle sull’onda dello scandalo Consip.

E’ da questa sintesi che scaturisce la parola “eversione”. Lo stesso pm Woodcock in una recente intervista a Repubblica si è chiesto: “Perché Scafarto avrebbe dovuto mettere in atto una pianificazione eversiva contro Renzi?”. La gravità di quanto accaduto non sfugge quindi allo stesso titolare dell’inchiesta, benché Woodcock si dica convinto che quello di Scafarto sia stato soltanto “un errore”. E su questa strategia eversiva, scrive ancora la Stampa, Renzi ora vuol vederci chiaro. “Mio padre – ripete in privato Renzi - è indagato per concorso esterno in traffico di influenze, un reato che fa ridere solo a dirlo. Un reato, peraltro, per il quale nemmeno si può intercettare. Ma il problema è un altro. Il problema che alcuni si rifiutano di vedere è il verbale dell’interrogatorio di Scafarto”.

È questa la “verità” di cui Renzi vorrebbe che l’opinione pubblica fosse consapevole, non tanto l’intercettazione di una telefonata del 2 marzo scorso tra lui e suo padre pubblicata dal giornalista Marco Lillo nel libro “Di padre in figlio” e ripresa dal Fatto Quotidiano qualche giorno fa. Nel frattempo, il ministro della Giustizia Orlando ha avviato un accertamento sulla procura di Napoli e restano da vedere gli sviluppi che avrà questa storia. Nel Pd si attendono le mosse successive: l’invio di ispettori e un’eventuale azione disciplinare contro Woodcock, che si andrebbe ad aggiungere a quella già promossa dalla procura generale della Cassazione per aver parlato del caso Consip in una intervista.