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MONDO

Le indagini sull'uccisione del ricercatore italiano in Egitto

Caso Regeni tra Sms inediti e delusione della famiglia per l'atteggiamento dei professori di Giulio

Sms partiti da telefoni inglesi a cellulari egiziani nelle ore e nelle zone della scomparsa e del ritrovamento del cadavere di Giulio Regeni. Sono gli spunti inediti da cui partono nuovi accertamenti della procura di Roma. La famiglia di Giulio delusa dai professori dell'Università di Cambridge. La Repubblica ipotizza una faida tra servizi segreti civili e gli uomini di Al Sisi dietro la morte di Giulio Regeni

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Dopo l'Egitto, la Gran Bretagna: i genitori di Giulio Regeni e gli investigatori italiani si trovano ancora una volta di fronte ad un muro di silenzi che rende sempre più difficile la ricerca della verità sulla morte del ricercatore.
L'ultimo rifiuto, Claudio e Paola regeni l'hanno dovuto incassare dai professori dell'università di Cambridge, che non hanno voluto rispondere alle domande dei pm italiani. Un atteggiamento che non ha certo fatto piacere agli inquirenti, che ora si trovano anche a dover chiarire un altro punto che sembrerebbe portare sempre in Inghilterra: dall'Egitto è infatti arrivata una parziale sintesi dei tabulati dei cellulari agganciati da alcune celle del Cairo: documenti parziali, anche questi, dai quali però emergerebbe che in concomitanza con la scomparsa di Giulio e il ritrovamento del suo cadavere ci sarebbe stato uno scambio di sms tra alcune utenze presumibilmente inglesi e numeri egiziani.
 
Il 25 gennaio scorso, tra le 19.30 e le 20.30, orario compatibile con la scomparsa al Cairo di Giulio Regeni, da un telefono inglese partirono tre sms diretti ad altrettanti cellulari egiziani agganciati alle stesse celle attraversate in quel momento dal ricercatore friulano.
La notte tra il 2 e il 3 febbraio all’una e 45 da un'altra utenza inglese partì un messaggino diretto a un cellulare egiziano agganciato nel quartiere '6 Ottobre', dove qualche ora dopo fu ritrovato il cadavere del 28enne italiano.
Partono da questi contatti, finora inediti, i nuovi accertamenti della Procura di Roma che pochi giorni fa ha ottenuto dall'autorità egiziana una parziale sintesi del traffico delle celle telefoniche, più volte sollecitato nelle due rogatorie.
Gli esperti di Ros e Sco sono ora al lavoro per dare un nome ai titolari delle due schede telefoniche inglesi, attività che l'Egitto non può fare non avendo un rapporto di collaborazione giudiziaria con Londra.
 
"Alla comunità universitaria avevamo affidato con fiducia e sacrificio nostro figlio Giulio - sottolineano con amarezza Paola e Claudio - e da questa comunità accademica ci aspettavamo la massima e concreta solidarietà e dunque la totale collaborazione nelle ricerca della verità circa le circostanze del suo sequestro e della sua atroce uccisione". I genitori di Giulio però non si fermano: il 15 giugno saranno all'europarlamento e sarà quella l'occasione per rilanciare l'appello affinché "tutti, senza omertà di sorta, s'impegnino sinceramente e fattivamente per fare emergere la verità sul barbaro omicidio di Giulio e collaborino con la procura di Roma, nella quale riponiamo la massima fiducia".
"Chi crede nel rigore della ricerca, nel dovere della solidarietà, nella tutela dei diritti umani - concludono - non può sottrarsi al dovere morale e civile di contribuire alle indagini".
 
La delusione dei genitori di Giulio è la stessa dei magistrati, che oltre al no di Londra devono incassare l'ennesimo nulla di fatto dai documenti consegnati dall'Egitto. Gli ultimi che sono stati analizzati sono quelli ottenuti al vertice dell'8 e 9 maggio scorsi al Cairo: alcuni verbali delle testimonianze raccolte e vari tabulati telefonici, tra cui quelli degli appartenenti alla banda di sequestratori – uccisi in uno scontro a fuoco con la polizia - che erano in possesso dei documenti di Giulio. Gli investigatori di Ros e Sco hanno presentato ai magistrati una relazione di un centinaio di pagine dalla quale emergono forti dubbi sulla ricostruzione offerta dalle autorità del Cairo proprio in relazione alle modalità di ritrovamento dei documenti. In sostanza, sia le testimonianze sia l'analisi dei tabulati conterrebbero diverse incongruenze alla luce di quanto prospettato dalle autorità del Cairo. Ma soprattutto, non ci sarebbe né un elemento concreto che possa ricondurre quei soggetti al possesso dei documenti né riscontri utili a capire come la banda li abbia avuti. "Quella ricostruzione - dice un investigatore - fa acqua da tutte le parti".

Oggi la Repubblica ipotizza in un articolo che ci sia stata dietro la fine di Regeni una 'faida' tra servizi segreti civili egiziani per far ricadere la colpa sugli uomini del presidente Al Sisi.