Original qstring:  | /dl/archivio-rainews/articoli/cassazione-riina-malato-ha-diritto-a-morte-dignitosa-06c7b173-8774-4316-b3db-90b07fff9ab5.html | rainews/live/ | true
ITALIA

Il boss dei boss

Cassazione: Riina malato, ha diritto a morte dignitosa

Annullata l'ordinanza con la quale il Tribunale di sorveglianza di Bologna aveva rigettato la richiesta di differimento dell'esecuzione della pena o di detenzione domiciliare a causa delle gravi condizioni di salute del boss di Cosa nostra. Il Tribunale dovrà dunque riesaminare il caso. Insorgono i parenti delle vittime di mafia

Condividi
In nome del diritto ad una 'morte dignitosa', la prima sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza 27766 di oggi, ha annullato l'ordinanza con la quale il tribunale di sorveglianza di Bologna (il 20 maggio del 2016) aveva rigettato la richiesta di differimento dell'esecuzione della pena o, in subordine, di detenzione domiciliare presentata da Salvatore Riina a causa delle gravissime condizioni di salute del boss di Cosa nostra. Il tribunale, in sede di rinvio, dovrà dunque condurre il nuovo esame attenendosi ai criteri fissati dalla Suprema corte.

In particolare il collegio, nel motivare la bocciatura, afferma che dall'ordinanza impugnata non emerge in che modo 'si è giunti a ritenere compatibile con le molteplici funzioni della pena e con il senso di umanità che la nostra costituzione e la convenzione E.d.u. impongono nell'esecuzione della stessa, il mantenimento in carcere in luogo della detenzione domiciliare, di un soggetto ultraottantenne, affetto da duplice neoplasia renale, con una situazione neurologica altamente compromessa, tanto da essere allettato con materasso antidecubito e non autonomo nell'assumere una posizione seduta, esposto, in ragione di una grave cardiopatia ad eventi cardiovascolari infausti e non prevedibili'. Per l'ordinanza tale esito infausto integra 'una condizione di natura' comune a tutti gli appartenenti al consesso umano. Al contrario, secondo gli ermellini si deve affermare 'l'esistenza di un diritto di morire dignitosamente che deve essere assicurato al detenuto ed in relazione al quale, il provvedimento di rigetto del differimento dell'esecuzione della pena e della detenzione domiciliare, deve espressamente motivare'.
 
Non solo, la Cassazione rileva 'una intrinseca contraddittorietà della motivazione', laddove mentre afferma la compatibilità dello stato di detenzione con le condizioni di salute del boss, nel contempo 'evidenzia espressamente le deficienze strutturali della casa di reclusione di Parma' dove 'la necessità di avere a disposizione un particolare letto rialzabile, non può essere soddisfatta a causa delle ristrette dimensioni della camera di detenzione'. Il tribunale, prosegue la corte, avrebbe dovuto 'rinviare la propria decisione all'esito di un accertamento volto a verificare, in concreto, se e quanto la mancanza di un letto che permetta ad un soggetto molto anziano e gravemente malato, non dotato di autonomia di movimento, di assumere una diversa posizione, incida sul superamento o meno di quel livello di dignità dell'esistenza che anche in carcere deve essere assicurato'. Le condizioni di detenzione infatti non devono essere considerate in 'astratto, bensì, in concreto'.
 
Infine, concludono i giudici di piazza Cavour, 'ferma restando l'altissima pericolosità del detenuto Salvatore Riina e del suo indiscusso spessore criminale', il provvedimento 'non chiarisce come tale pericolosità possa e debba considerarsi attuale in considerazione della sopravvenuta precarietà delle condizioni di salute e del più generale stato di decadimento fisico dello stesso'. Infatti, conclude il collegio, 'le eccezionali condizioni di pericolosità devono essere basate su precisi argomenti di fatto, rapportati all'attuale capacità del soggetto di compiere, nonostante lo stato di decozione in cui versa, azioni idonee in concreto ad integrare il pericolo di recidivanza'.

Legale Riina: udienza il 7 luglio a Bologna
"E' fissata per il 7 luglio l'udienza davanti al tribunale di sorveglianza di Bologna e noi ci saremo", ha detto Luca Cianferoni, uno degli avvocati di Totò Riina, dopo la sentenza della Cassazione.  "La sentenza mostra attenzione rigorosa ai principi dettati dalla Corte europea in tema di tutela della persona umana. Mi sono battuto per un principio giuridico, non ho mai mollato e oggi sono soddisfatto", sostiene il legale.

Insorgono i parenti delle vittime di mafia
Tra le moltissime reazioni alla decisione della Suprema corte c'è quella dei parenti delle vittime di mafia, contrari ai benefici per il "capo dei capi", responsabile di omicidi e stragi che hanno insanguinato la Sicilia e l'Italia per decenni. Parla Rita Dalla Chiesa, figlia del generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso in un agguato mafioso a Palermo il 3 settembre 1982. ''Penso che mio padre una morte dignitosa non l'ha avuta, l'hanno ammazzato lasciando lui, la moglie e Domenico Russo in macchina senza neanche un lenzuolo per coprirli. Quindi di dignitoso, purtroppo, nella morte di mio padre non c'è stato niente''.