Original qstring:  | /dl/archivio-rainews/articoli/catania-in-corso-operazione-di-polizia-contro-tratta-esseri-umani-d7b4d3a0-6af8-4f1f-a597-0cd723a14eec.html | rainews/live/ | true
ITALIA

La tratta di esseri umani

La tratta delle donne nigeriane nel mirino della polizia, arresti a Catania

Le indagini partite nel 2017 dopo lo sbarco di migranti dalla nave Aquarius. Una rete internazionale operava ai danni di giovani ragazze nigeriane da Messina fino al Nord Italia, complice anche il rito voodoo
 

Condividi
di Antonella Alba
Una piaga sempre aperta quella della tratta di esseri umani. Giovani, giovanissime donne nigeriane rese schiave e vendute in Italia. Il nostro paese considerato dalle vittime come la 'terra promessa', divenuto - invece - il prolungamento del loro inferno. 

E' quanto emerge dall'operazione "Promise land", un'operazione anti-tratta condotta dalla Polizia di Stato coordinata dalla procura di Catania che ha portato all'arresto di dieci migranti tra Catania, Messina, Caltanissetta, Verona, Novara e Cuneo.

Le indagini scaturite dallo sbarco del 7 aprile 2017, presso il porto di Catania, dalla "Aquarius" della ong Sos Mediteranee, ha svelato il traffico terribile ai danni di giovani donne nigeriane, anche minorenni che una volta arrivate in Italia venivano sfruttate e smistate sul territorio italiano come merci. Ai dieci arrestati (complessivamente sono 14 le persone indicate nell'ordinanza, ma 4 sono irreperibili) sono state contestate anche le aggravanti della transnazionalità del reato e di avere agito mediante minaccia perpetrata attraverso il rito del voodoo che nulla ha a che fare con pratiche benevole. In pratica già in patria le vittime erano aggirate con false speranze riguardanti lavori legali, per poi venire sistematicamente avviate alla prostituzione nel nostro Paese. 

L'indagine è partita dalle dichiarazioni di una giovane nigeriana, che per ovvie ragioni resta anonima, giunta a Catania il 7 aprile di tre anni fa insieme ad altri 433 migranti. Era stata individuata dal team di investigatori della Sezione Criminalità straniera, specializzato nella cosidetta "early identification" di presunte vittime di tratta. La giovane africana interrogata, ha detto di avere lasciato il suo paese dopo essere stata persuasa da un connazionale di nome Osas, che le aveva proposto di raggiungerlo in Italia, promettendole un lavoro lecito e anticipandole le spese del viaggio.

Raccapriccianti i dettagli emersi dalla conferenza stampa alla questura di Catania. Si comincia con la fase del reclutamento in Nigeria con tanto di stregone - ovvero "Ju-Ju man" - a officiare appunto il rito ''Juju'' che prevedeva la procedura del giuramento sotto minaccia ai danni della giovane obbligata così a non denunciare, a non fuggire e a pagare il debito assunto, pari a 25 mila euro.  Poi la fase del trasferimento in Italia dalla Libia, dove la vittima/ testimone è stata fatta salire su un'imbarcazione di fortuna, le tante che varcano il 'mare nostrum' della speranza.

Indagini ulteriori, hanno permesso di identificare un certo "Osas" cioè Osazee Obaswon, ora indagato e con base a Messina, e poi arrivare alla ricostruzione di un vero e proprio gruppo criminale transnazionale, con cellule operative in Nigeria, Libia, Italia ed altri paesi europei specializzato in 'human trafficking', ovvero traffico di persone.

Gli inquirenti sono arrivati all'accertamento di almeno 15 vicende analoghe a quelle della testimone che ha avuto il coraggio di denunciare tutto. Il leader dell'organizzazione, Osazee Obaswon, con la complicità di suoi connazionali nel Paese e anche di quella di familiari addetti al reclutamento e ai riti magici (ripetuti più volte, anche tramite conference call, in caso di violazione degli obblighi) intratteneva i rapporti con i connection-man stanziati in Libia, incaricati di curare la fase finale e più pericolosa del viaggio cioè quella della traversata via mare dalle coste libiche a quelle dell'Italia. 

Dunque il giro dal Niger arrivava in Italia passando per la 'frontiera' libica. La componente 'italiana' era costituita da Osazee Obaswon, detto Ozed, da William Tessy, detta Silvia e da James Arasomwan.

Una volta arrivate in Italia, alcune delle vittime erano immesse nel circuito della prostituzione partendo dalle strade messinesi, dove Belinda John ora indagata anche lei - ma già condannata in passato per lo stesso reato - risultava gestire alcuni 'joints' (postazioni lavorative su strada). A lei venivano consegnati i canoni mensili per le singole posizioni occupate.

Il gruppo peraltro costituiva un punto di riferimento per altri connazionali i quali chiedevano consigli, contatti o supporto logistico e, talvolta, offrivano anche ausilio per la gestione delle vittime di tratta. Ora Faith Ekairia, Joy Nosa, Rita Aiwuyo e altri 4 non rintracciati però sul territorio nazionale sono tutti indagati. A Messina risultavano attivi James Arasomwan e Macom Benson, incaricati, tra l'altro, della riscossione del canone di locazione dei joints spettante alla proprietaria dei posti, mentre ulteriori basi operative risultavano dislocate a Novara, dove dimoravano Tessy William e Evelyn Oghogho, a Verona con Ekairia e Nosa, e Mondovi', sede della madame Rita Aiwuyo.

E ancora due le prassi venute alla luce: la 'esternalizzazione' dei servizi correlati alla gestione delle vittime. Mentre in passato le vittime raggiungevano subito il proprio trafficante che si occupava di ospitarle e della loro messa a reddito, l'indagine ha fatto emergere una sorta di 'amministrazione conto terzi' della vittima. Cioè il soggetto che aveva finanziato e organizzato il viaggio della vittima inviava quest'ultima presso un altro soggetto cui delegava la 'messa a reddito', la raccolta dei guadagni e la consegna. Le vittime poi erano costrette a inviare le somme direttamente al 'voodoolista' che in Nigeria le aveva sottoposte al quel macabro rito 'Juju' attraverso i propri parenti. Una volta ricevuto il denaro il voodolista avvisava gli altri complici in Nigeria affinchè incassassero le somme nell'interesse della congiunta vittima, somme che restavano - secondo l'inchiesta - in Nigeria.

Un giro d'affari infernale, certamente di grosse dimensioni, risultato impiegato in investimenti immobiliari in Nigeria o ancora peggio indirizzato al finanziamento dei connection-men libici e di nuovi falsi viaggi della speranza.