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MONDO

Il sequestro il 14 aprile

Nigeria: cento giorni senza le studentesse rapite da Boko Haram

Per la prima volta il presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha incontrato una delegazione di genitori e alcune ragazze riuscite a fuggire. Pochi giorni fa il leader del Boko Haram aveva diffuso un video in cui si faceva beffe della campagna Bring Back Our Girls

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Sono passati cento giorni da quando i terroristi del Boko Haram hanno stipato 276 ragazzine su un camion come fossero bestie e le hanno sequestrate perché la scuola, il loro stile di vita e le loro abitudini erano haram, proibite, secondo quello che loro definiscono il vero Islam.

Il primo incontro con il presidente Goodluck Jonathan
Oggi, dopo aver accuratamente evitato per mesi di farlo, il presidente nigeriano ha deciso di incontrare una delegazione di 150 persone provenienti da Chibok, dove ha sede la scuola presa d’assalto dal Boko Haram: alcune delle 57 ragazze fuggite e qualche genitore. Prima di lui lo aveva fatto Malala Yousafzai, la giovane pakistana sopravvissuta ad un attentato dei Taliban: per incontrare vittime e genitori era arrivata dal Regno Unito, dove vive.

La Nigeria ha sospeso le ricerche
In questi tre mesi, infatti, alcune ragazze sono riuscite a scappare e nelle mani dei terroristi ossessionati dalla purezza ne sono rimaste 219. Il governo del presidente Goodluck Jonathan ha sospeso le ricerche – dopo aver dichiarato di sapere dove si trovano – e affermato di non voler trattare con i terroristi, che in cambio della liberazione delle studentesse aveva chiesto di fare uscire dalle carceri alcuni miliziani.

Morti 11 genitori delle ragazze
Dal giorno del rapimento, il 14 aprile, ad oggi, undici dei genitori delle ragazze sono morti: quattro per problemi cardiaci – per il dolore e l’impotenza, ha detto il leader della loro comunità - sette uccisi nell’ennesimo attentato dei terroristi in un villaggio vicino.

Bring Back Our Army
Mentre il presidente Jonathan non riesce ad avere la meglio sui terroristi e la comunità internazionale si mobilita con un hashtag - #BringBackOurGirls – il Boko Haram si fa beffe della politica e del mondo che attende la liberazione delle ragazze. Con un video diffuso il 14 luglio, a tre mesi esatti dal rapimento, il leader Abubakar Shekau ride e canticchia le parole “Bring Back Our Army”, riportaci il nostro esercito (i miliziani nelle carceri nigeriane). Il regno del terrore che Sheaku ha istituito in ampie zone della Nigeria si nutre di continui assalti ai villaggi e, anzi, preme per uscire dai confini del Paese. Chiama fratelli gli altri leader del terrore, da al Qaeda all’Isis, e punta a rendere l’Africa un crocevia del terrorismo internazionale: basti pensare al Mali o agli attentati dei somali di al Shabab tra Kenya e Tanzania.

Distrutte centinaia di scuole
Sul fronte dell’istruzione – haram, occidentalizzata e quindi nemica agli occhi del Boko Haram – il rapimento delle 219 ragazze è stato un successo per i terroristi. I genitori hanno paura, non mandano i figli a scuola, li tengono accanto a loro. Solo nell’ultimo anno, infatti, 800 classi e 200 scuole sono andate distrutte nelle regioni di Yobe e di Borno, dove si trova Chiboka.

Petrolio, mancato Messia
Fondato nel 2002, il gruppo terroristico è riuscito a bloccare la crescita sociale ed economica dell’ex colonia britannica. Il boom del petrolio, che avrebbe dovuto risollevare le sorti della Nigeria, non ha attratto investimenti stranieri consistenti sia a causa degli attentati sia della corruzione dilagante.