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POLITICA

Attività bloccata per coronavirus

Bologna, precari e riders chiedono 'reddito di quarantena'

Una settantina tra educatori delle cooperative, precari e ciclofattorini al presidio davanti alla Regione, con mascherine e a distanza tra di loro

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Un "reddito di quarantena" per sostenere i lavoratori precari durante i periodi di chiusura delle attività a causa del coronavirus. È quanto chiedono educatori delle cooperative, precari e ciclofattorini a Bologna, che all'inizio della seconda settimana di stop imposto dalla Regione si presentano sotto la sede di via Aldo Moro, per sollecitare la tutela di lavoratori precari e delle fasce più deboli.

Circa 70 i manifestanti nella mattinata di martedì hanno 'sfidato' il divieto di assembramento aderendo al presidio promosso da Adl Cobas Emilia-Romagna, Tpo, Labas, Casa Madiba network Rimini e Casa cantoniera Reggio Emilia.

Indossavano mascherine fornite dagli organizzatori, attenendosi alle raccomandazioni di stare a distanza tra di loro per evitare contatti troppo ravvicinati.

In particolare difficoltà sono gli educatori scolastici delle cooperative, perché la situazione di emergenza di questi giorni si aggiunge al quadro generale della precarietà dei dipendenti: "Siamo qua per chiedere il pagamento dei nostri stipendi per le ore non svolte durante la chiusura delle scuole - spiega Laura, educatrice scolastica - a oggi non abbiamo nessuna certezza su come verranno pagate queste ore. Si parla di recupero, ma nel nostro servizio è impossibile recuperare le ore, perché abbiamo orari fissi e lavoriamo fino a 37 ore settimanali. Però prendiamo anche stipendi molto bassi e per questi motivi chiediamo che vengano riconosciute queste ore, come avviene per gli insegnanti e i dirigenti scolastici. Non vogliamo essere lavoratori di serie b". Sotto le finestre della Regione uno striscione "Noi l'emergenza coronavirus non la paghiamo!". In molti si chiedono come fare a continuare a pagare affitti e mutui durante la sospensione delle attività.

Insieme agli educatori delle cooperative, anche i riders, che invece subiscono le conseguenze delle chiusure delle attività con l'aumento delle ordinazioni online. E sottolineano che le consegne di cibo a domicilio che non s fermano, anzi.

Secondo uno di loro, Lorenzo Righi, di Riders union Bologna, catene di fast food "per qualche consegna in più non chiuderebbero mai neanche in caso di guerra civile, figuriamoci per l'epidemia di un nuovo virus di cui non si conosce la cura".

Alcuni consiglieri regionali hanno ricevuto una delegazione dei manifestanti. Si sono impegnati a chiedere al più presto un tavolo su questo caso specifico, che preveda una soluzione accettabile per tutti.