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SALUTE

Negli Usa, in California

Cambiato il Dna di un paziente per curare una grave malattia

E' il primo esperimento di questo tipo: il Dna è stato corretto direttamente all'interno del corpo del paziente. Tra tre mesi si capirà se la nuova tecnica ha avuto successo

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di Giovanna Antonelli

Svolta epocale nella terapia genica. Scienziati americani hanno reso noto di avere provato per la prima volta a correggere un gene di una persona direttamente all'interno del suo corpo per cambiarne il Dna in modo permanente con l'obiettivo di curare una malattia. L'esperimento  è stato realizzato lunedì ad Oakland  su Brian Madeux, un uomo di 44 anni affetto da una rara malattia metabolica, la sindrome di Hunter. Tra un mese già si potrebbero vedere gli effetti, ma se la correzione ha avuto effetto si saprà solo tra tre mesi con un test specifico. “Voglio correre questo rischio – ha detto Madeux – spero che possa aiutare altre persone”. La tecnica verrà testata per anche altre malattie, inclusa l'emofilia.    

Prima volta al mondo

Non è la prima volta che gli scienziati provano a correggere i geni, alternando le cellule in laboratorio e poi reimpiantandole nei pazienti. Esistono anche terapie geniche che non riguardano la correzione del Dna. Ma questi metodi possono essere usati soltanto per un piccolo numero di malattie e possono dare risultati che non durano e a volte possono provocare alterazioni ti tipo canceroso. Questa volta invece, la correzione del gene è avvenuta all’interno del corpo. E’ come mandare un mini chirurgo a piazzare il nuovo gene esattamente nel punto giusto.    

"Una volta modificato, non si torna indietro"

"Tagliamo il tuo DNA, lo apriamo, inseriamo un gene e poi lo ripristiniamo” ha detto il dottor Sandy Macrae, presidente di Sangamo Therapeutics, la società di California che ha sperimentato questa tecnica per due malattie metaboliche e per l'emofilia. "Diventa parte del tuo DNA ed è lì per il resto della tua vita". Questo però significa anche che non si torna indietro, e che non c’è nessuna possibilità di cancellare eventuali errori occorsi durante la correzione. “Qui giochiamo davvero con madre natura, e i rischi non li conosciamo , ma la ricerca deve andare avanti perché queste sono malattie incurabili” ha detto un esperto indipendente Eric Topol dello Scripps Translational institute di San Diego.

Test sugli animali incoraggianti

Le protezioni per garantire la sicurezza di questa tecnica esistono già, e i test sugli animali sono stati incoraggianti ha detto Howard Kaufman, un ricercatore di Boston che ha approvato gli studi. Kaufman è convinto che la promessa di questo tipo di tecnica è troppo grande per essere ignorata: “Per ora non c’è nessuna prova che sia pericolosa, e non è questo il momento per essere spaventati”.    

Cosa è la sindrome di Hunter

Più di 10.000 persone in tutto il mondo sono affetti da questa malattia metabolica, e molti di loro sono giovani. Quelli con la condizione di Madeux, la sindrome di Hunter, non hanno un gene che produce l’enzima in grado di scomporre i carboidrati. Questi si accumulano nelle cellule e causano danni in tutto il corpo. I pazienti hanno frequenti infezioni da raffreddore e otiti, paresi facciali, perdita dell'udito, problemi cardiaci, problemi respiratori, problemi cutanei e oculari, difetti ossei e articolari, problemi intestinali.        

   

Brian Madeux, il primo uomo a sottoporsi all'esperimento

Madeux, che ora vive vicino a Phoenix, è fidanzato con un'infermiera, Marcie Humphrey, che ha incontrato 15 anni fa in uno studio che ha testato questa terapia enzimatica presso l'UCSF Benioff Children's Hospital di Oakland, dove è avvenuto l'esperimento di correzione del gene.   Ha subito ben 26 interventi chirurgici a causa della sua malattia. “Ho vissuto gran parte della mia vita in sala operatoria – ha detto. L’anno scorso stava quasi per morire a causa di una polmonite: “La malattia ha deformato le mie vie aeree, non potevo tossire, soffocavo”. Madeux  è uno chef e ha lavorato in due ristoranti dello Utah,  ma adesso a causa della sua malattia non può più lavorare. L’intervento al quale si è sottoposto non risolverà i danni che ha già subito ma si spera che riesca a bloccare la somministrazione di trattamenti enzimatici settimanali. Gli studi sono all’inizio e per testare bene la nuova tecnica serviranno almeno altri 30 adulti volontari, ma l’obiettivo finale è quello di trattare i bambini, prima che si verifichino troppi danni.