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SCIENZA

Fisica

Che cosa è la materia oscura, il lato più misterioso dell'Universo

È uno dei maggiori enigmi con cui si confrontano gli scienziati: gran parte del cosmo è composto da una sostanza sfuggente, della quale vediamo qualche effetto ma sulla quale non sappiamo nulla. La caccia a una risposta va avanti da decenni e ormai si gioca su più fronti

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di Andrea BettiniRoma
Immaginate di essere un extraterrestre e di sorvolare il mare con la vostra astronave in una notte senza Luna. Sotto di voi una distesa completamente nera, interrotta qua e là dalle luci di una barca e da quelle delle abitazioni costruite su un'isola. L'odore di salsedine e il lontano sciabordio delle onde vi suggeriscono che là sotto c'è molto di più, ma senza un faro che vi permetta di puntare un fascio di luce verso il basso potreste solo fare delle congetture sulla sua natura.

Il mistero della materia oscura 
La condizione degli scienziati che studiano l'Universo non è molto differente. Da decenni sappiamo che ciò che riusciamo a vedere – stelle, pianeti, galassie – è solo una minima parte della massa e dell'energia complessive del cosmo. C’è una misteriosa sostanza presente in grande quantità: non emette né assorbe luce e interagisce pochissimo con la materia ordinaria. È chiamata materia oscura, un nome decisamente appropriato per particelle elusive che continuano a sfuggire a ogni tentativo di osservazione.

Le stime: conosciamo solo il 4% di ciò che compone l'universo 
In base ai calcoli più recenti, la materia ordinaria costituisce solamente il 4% del totale di massa e energia dell'Universo. La materia oscura è il 26% e la parte rimanente è costituita dall'ancor più misteriosa energia oscura, teorizzata più di recente. In pratica, non sappiamo ancora nulla del 96% di ciò che si trova là fuori.

Prove indirette 
Il primo ad accorgersi che i conti non tornavano, negli anni Trenta, fu l'astronomo svizzero Fritz Zwicky. Osservando l'ammasso di galassie della Chioma, calcolò che le sue componenti viaggiano troppo velocemente. Per far sì che rimangano insieme ed evitare che si disperdano, come effettivamente accade da miliardi di anni, non basta la forza di gravità garantita dalla massa visibile: è necessario teorizzare la presenza di moltissima materia in più posta nello spazio apparentemente vuoto. Nei decenni successivi sono arrivate molte altre conferme indirette dell'esistenza della materia oscura. La luce, ad esempio, risente dell'attrazione gravitazionale e analizzando le immagini di galassie lontane si nota che nel suo percorso fino a noi viene deviata quando passa accanto ad alte concentrazioni di materia. È il fenomeno delle “lenti gravitazionali”. Osservando il percorso dei fotoni, si può dunque sapere quanta materia hanno incontrato lungo il loro cammino. Ebbene, quella ordinaria non basta a spiegare le immagini fornite dai nostri telescopi: anche in questo caso entra in gioco la materia oscura, che secondo i calcoli è circa cinque volte più abbondante.

Caccia alle Wimp 
Mentre i fisici teorici elaboravano modelli per spiegare questi dati, nei laboratori si poneva un problema non di poco conto: come cercare qualcosa di cui non si conosce nulla e che, a parte gli effetti gravitazionali, sembra non interagire con la materia che conosciamo? Innanzitutto bisogna fissare dei paletti: le particelle candidate a costituire la materia oscura devono essere stabili o comunque in grado di sopravvivere dal Big Bang fino a oggi e devono avere una massa considerevole. Tra le varie ipotesi, quella su cui ci si sta concentrando maggiormente prevede l’esistenza di particelle Wimp, sigla che sta per “Weakly Interacting Massive Particle” ("particella massiccia debolmente interagente"). Dotate di grande massa unitaria e debolmente interagenti, non sono mai state osservate, ma sono le indiziate numero uno.

Al lavoro su tre fronti 
La caccia alla materia oscura procede su tre fronti. C'è chi la cerca in modo diretto, approntando dei rivelatori sempre più sensibili e sofisticati che dovrebbero essere in grado di segnalare il passaggio di una Wimp. È il caso, ad esempio, del nuovo esperimento DarkSide-50 dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'Istituto Nazionale di Fisico Nucleare, che punta a rilevare l'eventuale debolissimo lampo di luce generato da una di queste particelle in un bersaglio di argon. Al Cern di Ginevra invece si spera di poter creare materia oscura nelle collisioni fra i protoni accelerati ad altissime energie e fatti collidere al centro degli esperimenti Atlas e Cms del Large Hadron Collider. Infine c'è chi scruta le profondità del cosmo. Cercando le particelle note prodotte quando due particelle di materia oscura collidono trasformando la loro massa in energia, si potrebbero avere indicazioni indirette sul lato oscuro del cosmo. È il caso, ad esempio, di un eccesso di raggi gamma osservato dal telescopio spaziale Fermi verso il centro della nostra galassia e di un eccesso di positroni e antiprotoni nei raggi cosmici rilevato dall'esperimento AMS posizionato sulla Stazione Spaziale Internazionale, possibili indizi di processi ancora ignoti. Per ora, come l’extraterrestre con la sua astronave, continuiamo a volare su un mare nero, ma ci stiamo attrezzando: presto potremmo essere in grado di gettare un po' di luce sulla quell’enorme e affascinante distesa misteriosa.