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Coronavirus

La scheda

Covid: un anno fa picco 40mila casi, il quintuplo di oggi

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Oltre 40mila casi, 550 morti, migliaia di terapie intensive già occupate e decine di migliaia di malati nei reparti. Era lo scenario da incubo del 13 novembre 2020. Esattamente un anno fa l'Italia toccava il picco dei casi della seconda ondata e di sempre: 40.902. Solo la Lombardia superava ampiamente i 10mila casi, il Piemonte i 5mila, il Veneto era a 3.600. Per di più con 255mila tamponi: il tasso di positività era mostruoso, il 16%.

Un anno dopo lo scenario è completamente cambiato. I casi di oggi sono 8.544, cinque volte di meno. I decessi 53, dieci volte.

In terapia intensiva nel 2020 erano ricoverati 3.230 pazienti (ma il picco sarebbe arrivato a fine mese, 4mila), oggi sono 453. I ricoverati nei reparti erano quasi 31mila, oggi sono 3.597. I tamponi sono più che raddoppiati, complice l'effetto green pass: oggi sono stati 540mila, per una positività dell'1,6%. Anche in questo caso, dieci volte di meno.

La situazione del 2021 è completamente diversa, insomma, malgrado il trend in chiaro aumento e la preoccupazione tornata a serpeggiare in tutta Europa. Come è diverso lo scenario: nel 2020 eravamo già entrati nel sistema dei colori, mezza Italia era addirittura in area rossa, di fatto in semi-lockdown.

Dopo le 22 non si poteva uscire se non per comprovati motivi: fino alle 5 era coprifuoco. Per di più il ceppo circolante era ancora quello originario di Wuhan: doveva ancora arrivare la variante inglese, o alfa, e soprattutto la delta, oggi dominante, estremamente contagiosa. Tutti fattori a sfavore del contenimento virale in questo autunno sospeso tra paura e speranza. Ma, ovviamente, il 'game changer' lo abbiamo oggi e non un anno fa: il vaccino.

Oggi, 91 milioni di dosi somministrate dopo, con il 72% degli over 12 protetti, ci siamo potuti permettere per mesi una vita pressoché normale, con solo poche fastidiose ma indispensabili prescrizioni come la mascherina nei luoghi pubblici chiusi. Abbiamo gli stadi gremiti, i locali, le discoteche. Scenario diverso, che vuol dire però anche estrema incertezza: ora cosa succederà? Fino a dove si spingerà questa quarta ondata? Gli esperti, giustamente, in gran parte si smarcano da queste domande (ultimo ieri il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza), dicendo sostanzialmente che non ci sono precedenti, e che servirebbe la palla di vetro per saperlo. I più pessimisti temono che si tratti solo di uno slittamento temporale, e che la cavalcata drammatica che lo scorso anno iniziò a ottobre e esplose a novembre e dicembre sia solo in ritardo di un mese. Gli altri, la maggioranza, che l'effetto dei vaccini, seppure indeboliti dai mesi che passano (dopo sei mesi, è il dato fornito oggi dall'Iss, la protezione dall'infezione crolla al 50%) insieme al green pass esteso e alle misure di precauzione superstiti, stanno consentendo di cavalcare l'onda senza che il sistema sanitario vada in sofferenza. Le prossime settimane chiariranno il dilemma.