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ITALIA

Il ritratto

Cutrì, la condanna per omicidio dopo un processo tra intimidazioni e falsi alibi

Chi è l'ergastolano evaso: fece uccidere il suo rivale in amore e terrorizzò i testimoni durante il dibattimento. Da lui mai un cenno di pentimento

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Domenico Cutrì
Domenico Cutrì, l’uomo liberato durante un assalto a un furgone della polizia penitenziaria, è un giovane con un passato processuale tumultuoso e oscuro. È stato condannato all’ergastolo, pena confermata anche dalla Corte d’assise di Torino, per essere stato il presunto mandante dell’omicidio di Lukasz Kobrzeniecki, un polacco di 22 anni freddato a colpi di pistola a Trecate, in provincia di Novara. Cutrì, secondo la tesi dell’accusa era al volante dell’auto da cui partirono gli spari che uccisero il giovane.

Delitto passionale prima della condanna
Il movente del delitto era stato la gelosia. Sarebbe infatti stato qualche apprezzamento di troppo verso una donna a spingere Cutrì alla vendetta verso la vittima. I giudici, in secondo grado, confermarono anche la pena per favoreggiamento a Luca Greco, secondo imputato del processo e titolare di un bar di Trecate.

Un processo tra intimidazioni e falsi alibi
L’autore materiale dell’agguato, Manuel Martelli, scelse invece di essere giudicato con il rito abbreviato per ottenere lo sconto di pena. In primo grado se l’era cavata con una condanna a sedici anni e quattro mesi. La condanna all’ergastolo, severa e senza attenuanti, fu motivata anche per la condotta processuale di Cutrì che non confessò mai e, anzi, cercò di inquinare le prove creando un clima di intimidazione sui testimoni e, durante l’appello, facendo arrivare dalla Calabria una presunta ex amante per fornirgli un alibi, poi rivelatosi una montatura.