ITALIA
Difesa: prove legittime
Delitto Caccia: pm ferma scarcerazione del presunto assassino Rocco Schirripa.Il gip riapre indagini
La Procura è riuscita ad ottenere - nel giro di pochissimo tempo - la riapertura delle indagini. Proprio questa richiesta aveva reso inutilizzabili gli atti del processo e quindi portato il pm alla richiesta di scarcerazione. Il Ministero della Giustizia avvia accertamenti

La Procura di Milano ha chiesto e ottenuto in tempi brevissimi la riapertura dell'indagine su Rocco Schirripa, il presunto assassino del magistrato Bruno Caccia, di cui aveva chiesto la scarcerazione per un errore procedurale. La situazione, col passare delle ore, appare sempre più complessa: il panettiere torinese in questo momento si trova a essere indagato e al tempo stesso sotto processo per lo stesso fatto, l'omicidio avvenuto nel 1983.
Domani, la Corte d'Assise dovrebbe azzerare il processo, prendendo atto che senza la riapertura formale della vecchia indagine poi archiviata nel 2001 è tutto nullo quello che è avvenuto nel 2015, a partire dall'arresto di Schirripa. Assieme al fermo, la cui convalida verra' decisa dal gip Stefania Pepe nelle prossime 48 ore, il procuratore aggiunto Ilda Boccassini e il pm Marcello Tatangelo chiederanno al gip anche un nuovo ordine di custodia cautelare per Schirripa.
Richiesta sulla base delle prove non intaccate dall'errore, quelle precedenti all'iscrizione nel registro degli indagati. Se si dovesse arrivare a un nuovo processo, si verificherebbe una situazione molto particolare, con un imputato accusato con presunte prove raccolte mentre non era indagato. I difensori di Schirripa: "Siamo pronti a discutere per rendere chiaro che le prove illegittime non sono prove e non valgono nulla". Sulla vicenda il Ministero della Giustizia ha avviato accertamenti su iter procedurale e misure adottate nei confronto dell'imputato.
Perchè il processo rischia di essere azzerato
Il processo a Rocco Schirripa rischia di essere azzerato. La ragione? Un "irreparabile vizio procedurale" che ha spinto il pm Marcello Tatangelo, titolare del fascicolo, a chiedere la scarcerazione del panettiere, che da anni gestiva indisturbato un negozio alla periferia di Torino. L'inutilizzabilità degli atti del processo deriva infatti dalla mancata richiesta di riaprire le indagini, archiviate nel 2001, a carico di Schirripa perché all'epoca gli accertamenti sul suo conto non avevano portato a alcun risultato utile. Gli inquirenti milanesi, stando a quanto si apprende in ambienti giudiziari, vogliono continuare a indagare ma soltanto sulla base degli atti di indagini precedenti al 25 novembre 2015, giorni dell'iscrizione di Schirripa nel registro degli indagati prima dell'arresto avvenuto il 22 dicembre successivo.
E' questo l'effetto della "svista" della Procura, che non ha tenuto conto di una precedente indagine a carico di Schirripa. Già nel 1996, infatti, a Milano era stato aperto un fascicolo sull'omicidio del procuratore Caccia, poi chiuso nel 2001 con un provvedimento di archiviazione. Tra le cinque persone iscritte figurava anche il panettiere. Proprio alla luce di questa vecchia indagine, il 25 novembre scorso i pm della Dda di Milano - l'inchiesta è condotta dal pm Marcello Tatangelo e coordinata dall'aggiunto Ilda Boccassini - avrebbero dovuto presentare a un gip istanza di autorizzazione di riapertura dell'indagine del 1996, con tanto di richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dello stesso Schirripa.
Per errore, invece, è stato iscritto ex novo il panettiere nel registro degli indagati. E proprio a causa di questa "svista", non sanabile dal punto di vista della procedura, il pm si è visto costretto a presentare istanza di scarcerazione per Schirripa. Una mossa praticamente obbligata, anche perché il presunto killer del procuratore Caccia è finito in carcere soprattutto sulla base di intercettazioni telefoniche e ambientali che, a questo punto, non sono più utilizzabili. "La giurisprudenza di legittimità - scrive il pm Tatangelo nella richiesta di archiviazione - è assolutamente consolidata nel ritenere che tutti gli atti del procedimento successivi al momento in cui si sarebbe dovuto procedere alla richiesta di riapertura del procedimento (in questo caso si tratta quindi di tutti gli atti successivi al 25 novembre 2015) siano affetti da nullità anche ai fini dell'emissione di una misura cautelare in carcere".
Tra gli atti d'indagine che non si potranno più utilizzare in aula, c'è anche la "prova regina" che per gli inquirenti milanesi sarebbe decisiva per attribuire a Schirripa un ruolo chiave nell'omicidio Caccia. L'uomo il 27 novembre 2015, appena due giorni dopo la sua iscrizione nel registro degli indagati, è stato intercettato al telefono con il cognato Placido Barresi (anche lui finito a processo per lo stesso delitto e assolto per insufficienza di prove). "Ti sei fatto 30 anni tranquillo - dice Barresi a Schirripa - fattene altri 30 tranquillo".
Il caso
La Squadra mobile incastrò Schirripa col trucchetto delle lettere anonime. Così dopo 32 anni si è arrivati a una nuova svolta sull’omicidio di Bruno Caccia, procuratore capo di Torino ucciso nel 1983. L’unico giudice assassinato dalla ‘ndrangheta nel nord Italia.
Il procuratore capo venne ucciso alle 23 del 26 giugno ’83 a Torino. Era a passeggio con il cane. Senza scorta, lasciata a riposo visto che era domenica. Due killer arrivarono a bordo di una 128 e lo uccisero con 14 colpi di pistola. I magistrati della Dda milanese hanno ricostruito che fu Schirripa a dare il “colpo di grazia“. Il boss Domenico Belfiore, arrestato e condannato all’ergastolo nel ’93 come mandante e dallo scorso 15 giugno ai domiciliari per motivi di salute, e il suo “soldato”, aspettarono il magistrato appostati vicino alla sua casa. Belfiore, uno dei capi della ‘ndrangheta in Piemonte, avrebbe sparato a Caccia dalla vettura, ferendolo. A quel punto Schirripa sarebbe sceso dall’auto, per finirlo con un colpo alla testa.
Domani, la Corte d'Assise dovrebbe azzerare il processo, prendendo atto che senza la riapertura formale della vecchia indagine poi archiviata nel 2001 è tutto nullo quello che è avvenuto nel 2015, a partire dall'arresto di Schirripa. Assieme al fermo, la cui convalida verra' decisa dal gip Stefania Pepe nelle prossime 48 ore, il procuratore aggiunto Ilda Boccassini e il pm Marcello Tatangelo chiederanno al gip anche un nuovo ordine di custodia cautelare per Schirripa.
Richiesta sulla base delle prove non intaccate dall'errore, quelle precedenti all'iscrizione nel registro degli indagati. Se si dovesse arrivare a un nuovo processo, si verificherebbe una situazione molto particolare, con un imputato accusato con presunte prove raccolte mentre non era indagato. I difensori di Schirripa: "Siamo pronti a discutere per rendere chiaro che le prove illegittime non sono prove e non valgono nulla". Sulla vicenda il Ministero della Giustizia ha avviato accertamenti su iter procedurale e misure adottate nei confronto dell'imputato.
Perchè il processo rischia di essere azzerato
Il processo a Rocco Schirripa rischia di essere azzerato. La ragione? Un "irreparabile vizio procedurale" che ha spinto il pm Marcello Tatangelo, titolare del fascicolo, a chiedere la scarcerazione del panettiere, che da anni gestiva indisturbato un negozio alla periferia di Torino. L'inutilizzabilità degli atti del processo deriva infatti dalla mancata richiesta di riaprire le indagini, archiviate nel 2001, a carico di Schirripa perché all'epoca gli accertamenti sul suo conto non avevano portato a alcun risultato utile. Gli inquirenti milanesi, stando a quanto si apprende in ambienti giudiziari, vogliono continuare a indagare ma soltanto sulla base degli atti di indagini precedenti al 25 novembre 2015, giorni dell'iscrizione di Schirripa nel registro degli indagati prima dell'arresto avvenuto il 22 dicembre successivo.
E' questo l'effetto della "svista" della Procura, che non ha tenuto conto di una precedente indagine a carico di Schirripa. Già nel 1996, infatti, a Milano era stato aperto un fascicolo sull'omicidio del procuratore Caccia, poi chiuso nel 2001 con un provvedimento di archiviazione. Tra le cinque persone iscritte figurava anche il panettiere. Proprio alla luce di questa vecchia indagine, il 25 novembre scorso i pm della Dda di Milano - l'inchiesta è condotta dal pm Marcello Tatangelo e coordinata dall'aggiunto Ilda Boccassini - avrebbero dovuto presentare a un gip istanza di autorizzazione di riapertura dell'indagine del 1996, con tanto di richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dello stesso Schirripa.
Per errore, invece, è stato iscritto ex novo il panettiere nel registro degli indagati. E proprio a causa di questa "svista", non sanabile dal punto di vista della procedura, il pm si è visto costretto a presentare istanza di scarcerazione per Schirripa. Una mossa praticamente obbligata, anche perché il presunto killer del procuratore Caccia è finito in carcere soprattutto sulla base di intercettazioni telefoniche e ambientali che, a questo punto, non sono più utilizzabili. "La giurisprudenza di legittimità - scrive il pm Tatangelo nella richiesta di archiviazione - è assolutamente consolidata nel ritenere che tutti gli atti del procedimento successivi al momento in cui si sarebbe dovuto procedere alla richiesta di riapertura del procedimento (in questo caso si tratta quindi di tutti gli atti successivi al 25 novembre 2015) siano affetti da nullità anche ai fini dell'emissione di una misura cautelare in carcere".
Tra gli atti d'indagine che non si potranno più utilizzare in aula, c'è anche la "prova regina" che per gli inquirenti milanesi sarebbe decisiva per attribuire a Schirripa un ruolo chiave nell'omicidio Caccia. L'uomo il 27 novembre 2015, appena due giorni dopo la sua iscrizione nel registro degli indagati, è stato intercettato al telefono con il cognato Placido Barresi (anche lui finito a processo per lo stesso delitto e assolto per insufficienza di prove). "Ti sei fatto 30 anni tranquillo - dice Barresi a Schirripa - fattene altri 30 tranquillo".
Il caso
La Squadra mobile incastrò Schirripa col trucchetto delle lettere anonime. Così dopo 32 anni si è arrivati a una nuova svolta sull’omicidio di Bruno Caccia, procuratore capo di Torino ucciso nel 1983. L’unico giudice assassinato dalla ‘ndrangheta nel nord Italia.
Il procuratore capo venne ucciso alle 23 del 26 giugno ’83 a Torino. Era a passeggio con il cane. Senza scorta, lasciata a riposo visto che era domenica. Due killer arrivarono a bordo di una 128 e lo uccisero con 14 colpi di pistola. I magistrati della Dda milanese hanno ricostruito che fu Schirripa a dare il “colpo di grazia“. Il boss Domenico Belfiore, arrestato e condannato all’ergastolo nel ’93 come mandante e dallo scorso 15 giugno ai domiciliari per motivi di salute, e il suo “soldato”, aspettarono il magistrato appostati vicino alla sua casa. Belfiore, uno dei capi della ‘ndrangheta in Piemonte, avrebbe sparato a Caccia dalla vettura, ferendolo. A quel punto Schirripa sarebbe sceso dall’auto, per finirlo con un colpo alla testa.