ITALIA
Sequestrata nel 2007
Discarica Bussi, i pm: "Negli anni '60 una tonnellata di veleni al giorno nel fiume Tirino"
Continua il processo in Corte d'Assise a Chieti sulla discarica ex Montedison. I pm mostrano una lettera del 1972 inviata dal Comune di Pescara per provare come già allora si conoscessero gli effetti letali dell'interramento dei rifiuti

"Fino a tutti gli anni '60 il sito industriale chimico di Bussi ha sversato una tonnellata al giorno di veleni residui della produzione nel fiume Tirino". È il passaggio cruciale della requisitoria dei pm al processo in Corte d'Assise a Chieti sulla discarica della ex Montedison, sequestrata nel 2007.
Durante l'udienza è stata mostrata una lettera inviata nel 1972 dal Comune di Pescara, a firma dell'assessore Contratti, ai vertici della Montedison di Bussi nella quale chiedeva di rimuovere i rifiuti tossici interrati nel sito perché costituivano un pericolo di inquinamento concreto per le falde acquifere dell'acquedotto Giardino che forniva l'acqua potabile a tutta la Val Pescara.
Una lettera che secondo i pm Annarita Mantini e Giuseppe Bellelli è la prova di come già allora si conoscessero gli effetti letali dell'interramento dei rifiuti.
A fine anni '70 Montedison inseriva le scorie acide in cassoni di cemento che poi venivano portati con dei camion nella discarica Tremonti del sito di Bussi, per essere seppelliti. È la ricostruzione dei pm che hanno poi mostrato un documento sull' effetto dell'acidità delle scorie sul cemento
L'accusa ha poi mostrato un documento agli atti datato 1992, che per i pm si riferisce alla conclusione di una riunione tra alcuni degli imputati. Uno schema "confessione" in cui si citano problemi di clorurati nell'acquedotto Giardino.
Una "pistola fumante" che continua ancora ad inquinare. Così avrebbe definito la discarica il perito della Procura di Pescara, che avrebbe parlato anche di valori ancora sopra la soglia. Non continuerebbe ad inquinare, invece, per il perito della difesa: sarebbe il fiume a contaminare alcuni pozzi.
Il processo
Alla sbarra, con l'accusa di avvelenamento delle acque e disastro ambientale doloso, ci sono 19 imputati quasi tutti ex amministratori e vertici della Montedison che vengono giudicati con il rito abbreviato. Da uno studio, ora agli atti della Corte, condotto dall'Istituto superiore di sanità, emergerebbe che circa 700 mila persone, almeno sino al 2007, anno in cui la forestale sequestrò la discarica e mise i sigilli all'acquedotto, sarebbero entrate in contatto con sostanze inquinanti.
Durante l'udienza è stata mostrata una lettera inviata nel 1972 dal Comune di Pescara, a firma dell'assessore Contratti, ai vertici della Montedison di Bussi nella quale chiedeva di rimuovere i rifiuti tossici interrati nel sito perché costituivano un pericolo di inquinamento concreto per le falde acquifere dell'acquedotto Giardino che forniva l'acqua potabile a tutta la Val Pescara.
Una lettera che secondo i pm Annarita Mantini e Giuseppe Bellelli è la prova di come già allora si conoscessero gli effetti letali dell'interramento dei rifiuti.
A fine anni '70 Montedison inseriva le scorie acide in cassoni di cemento che poi venivano portati con dei camion nella discarica Tremonti del sito di Bussi, per essere seppelliti. È la ricostruzione dei pm che hanno poi mostrato un documento sull' effetto dell'acidità delle scorie sul cemento
L'accusa ha poi mostrato un documento agli atti datato 1992, che per i pm si riferisce alla conclusione di una riunione tra alcuni degli imputati. Uno schema "confessione" in cui si citano problemi di clorurati nell'acquedotto Giardino.
Una "pistola fumante" che continua ancora ad inquinare. Così avrebbe definito la discarica il perito della Procura di Pescara, che avrebbe parlato anche di valori ancora sopra la soglia. Non continuerebbe ad inquinare, invece, per il perito della difesa: sarebbe il fiume a contaminare alcuni pozzi.
Il processo
Alla sbarra, con l'accusa di avvelenamento delle acque e disastro ambientale doloso, ci sono 19 imputati quasi tutti ex amministratori e vertici della Montedison che vengono giudicati con il rito abbreviato. Da uno studio, ora agli atti della Corte, condotto dall'Istituto superiore di sanità, emergerebbe che circa 700 mila persone, almeno sino al 2007, anno in cui la forestale sequestrò la discarica e mise i sigilli all'acquedotto, sarebbero entrate in contatto con sostanze inquinanti.