ITALIA
Ora tocca al Csm ricostruire come siano andate le cose
Dossier Amara: dal "falso complotto" Eni-Nigeria il via allo scontro tra Pm di Milano
Il Pm Storari lascia l'indagine. Al centro fascicoli Amara e Armanna

Quella sul cosiddetto "falso complotto Eni" è l'inchiesta nella quale sono stati raccolti gli interrogatori dell'ex legale esterno del colosso petrolifero, Piero Amara, che hanno dato il via ad un'altra bufera nella magistratura, già segnata dal caso Palamara.
E' anche l'indagine, estremamente complessa, che ha portato a un durissimo scontro all'interno della Procura di Milano. In un Palazzo di Giustizia già travolto nelle scorse settimane dai contrasti tra alcuni pm e il Tribunale, in particolare i giudici della settima penale che hanno assolto tutti gli imputati per il caso Eni-Shell/Nigeria, compreso l'ad Claudio Descalzi.
Oggi si è saputo che dal fascicolo sul presunto depistaggio nelle scorse settimane si è "chiamato fuori" il pm Paolo Storari, lo stesso che ha consegnato i verbali di Amara all'allora consigliere Csm, Piercamillo Davigo per "autotutelarsi", dato che avrebbe chiesto per 6 mesi, senza avere risposta, al procuratore Francesco Greco di effettuare iscrizioni per andare a verificare le parole dell'avvocato siciliano su una presunta loggia segreta. Dichiarazioni in cui Amara avrebbe tirato in ballo per altre vicende anche Giuseppe Conte.
Dall'inchiesta sulle presunte manovre per inquinare le indagini sull'ipotizzata corruzione internazionale in Nigeria, in cui tra gli altri sono indagati proprio Amara, ma anche l'ex manager Eni-imputato e "grande accusatore" di Descalzi, Vincenzo Armanna, era emerso, come si legge in uno degli ultimi atti depositati alle parti nel 2020, che nelle "Procure di Trani e Siracusa" dal "gennaio 2015 sono stati incardinati procedimenti penali nei quali si accreditava la tesi (falsa) di un complotto organizzato ai danni di Claudio Descalzi".
Procedimenti "avviati e coltivati da Amara" e dai "suoi complici" tutti "interessati a vario titolo a proteggere Descalzi". Nel fascicolo, di cui Storari era titolare con l'aggiunto Laura Pedio e che ipotizza accuse che vanno dall'associazione per delinquere alla corruzione tra privati, era finito indagato pure Claudio Granata, capo del personale Eni.
In questi mesi, però, sotto traccia l'inchiesta avrebbe avuto sviluppi ulteriori sulle condotte dei protagonisti del complotto, rispetto a quanto già venuto a galla, e ha portato così a un duro confronto, fatto anche di silenzi e mancate risposte, tra il pm Storari, da un lato - che è andato avanti nelle indagini approfondendo eventuali profili di calunnia in merito alle dichiarazioni di Armanna, centrali nell'inchiesta come quelle di Amara - e un altro fronte, dall'altro, composto dagli aggiunti Pedio e Fabio De Pasquale, quest'ultimo titolare dell'inchiesta Eni-Nigeria, e dallo stesso Greco. Contrapposizione passata anche per la chat interna della Procura, soprattutto dopo le assoluzioni, "dolorose" per la Procura, nel processo sul caso nigeriano.
Storari, poi, non si occupa più nemmeno del caso Eni-Congo dopo avere modificato l'iniziale imputazione di corruzione internazionale e aver ottenuto patteggiamento e risarcimento. Nel frattempo, i pm del caso Nigeria avevano pure trasmesso a Brescia (fascicolo archiviato), a processo in corso, dichiarazioni di Amara che aveva gettato un'ombra sul collegio, in particolare sul giudice Marco Tremolada, facendo riferimento a "interferenze delle difese Eni".
Questo il clima che si respirava in Procura a Milano ormai già da mesi e su due fascicoli così caldi. Ora tutto è affiorato e al Csm probabilmente toccherà ricostruire come sono andate le cose.
E' anche l'indagine, estremamente complessa, che ha portato a un durissimo scontro all'interno della Procura di Milano. In un Palazzo di Giustizia già travolto nelle scorse settimane dai contrasti tra alcuni pm e il Tribunale, in particolare i giudici della settima penale che hanno assolto tutti gli imputati per il caso Eni-Shell/Nigeria, compreso l'ad Claudio Descalzi.
Oggi si è saputo che dal fascicolo sul presunto depistaggio nelle scorse settimane si è "chiamato fuori" il pm Paolo Storari, lo stesso che ha consegnato i verbali di Amara all'allora consigliere Csm, Piercamillo Davigo per "autotutelarsi", dato che avrebbe chiesto per 6 mesi, senza avere risposta, al procuratore Francesco Greco di effettuare iscrizioni per andare a verificare le parole dell'avvocato siciliano su una presunta loggia segreta. Dichiarazioni in cui Amara avrebbe tirato in ballo per altre vicende anche Giuseppe Conte.
Dall'inchiesta sulle presunte manovre per inquinare le indagini sull'ipotizzata corruzione internazionale in Nigeria, in cui tra gli altri sono indagati proprio Amara, ma anche l'ex manager Eni-imputato e "grande accusatore" di Descalzi, Vincenzo Armanna, era emerso, come si legge in uno degli ultimi atti depositati alle parti nel 2020, che nelle "Procure di Trani e Siracusa" dal "gennaio 2015 sono stati incardinati procedimenti penali nei quali si accreditava la tesi (falsa) di un complotto organizzato ai danni di Claudio Descalzi".
Procedimenti "avviati e coltivati da Amara" e dai "suoi complici" tutti "interessati a vario titolo a proteggere Descalzi". Nel fascicolo, di cui Storari era titolare con l'aggiunto Laura Pedio e che ipotizza accuse che vanno dall'associazione per delinquere alla corruzione tra privati, era finito indagato pure Claudio Granata, capo del personale Eni.
In questi mesi, però, sotto traccia l'inchiesta avrebbe avuto sviluppi ulteriori sulle condotte dei protagonisti del complotto, rispetto a quanto già venuto a galla, e ha portato così a un duro confronto, fatto anche di silenzi e mancate risposte, tra il pm Storari, da un lato - che è andato avanti nelle indagini approfondendo eventuali profili di calunnia in merito alle dichiarazioni di Armanna, centrali nell'inchiesta come quelle di Amara - e un altro fronte, dall'altro, composto dagli aggiunti Pedio e Fabio De Pasquale, quest'ultimo titolare dell'inchiesta Eni-Nigeria, e dallo stesso Greco. Contrapposizione passata anche per la chat interna della Procura, soprattutto dopo le assoluzioni, "dolorose" per la Procura, nel processo sul caso nigeriano.
Storari, poi, non si occupa più nemmeno del caso Eni-Congo dopo avere modificato l'iniziale imputazione di corruzione internazionale e aver ottenuto patteggiamento e risarcimento. Nel frattempo, i pm del caso Nigeria avevano pure trasmesso a Brescia (fascicolo archiviato), a processo in corso, dichiarazioni di Amara che aveva gettato un'ombra sul collegio, in particolare sul giudice Marco Tremolada, facendo riferimento a "interferenze delle difese Eni".
Questo il clima che si respirava in Procura a Milano ormai già da mesi e su due fascicoli così caldi. Ora tutto è affiorato e al Csm probabilmente toccherà ricostruire come sono andate le cose.