SCIENZA
Uno studio psicologico confronta prestazioni domestiche e trasferte
L'effetto magico di "giocare in casa"
Due psicologi britannici hanno studiato gli effetti positivi e negativi che le mura domestiche e il pubblico amico hanno sulle prestazioni sportive

"Giocare in casa", nello sport come in molte occasioni della vita, ha un sapore particolare. Molte squadre (di calcio, di basket, di molte discipline) vantano un ruolino di marcia vincente tra le mura domestiche ma, quando giocano in trasferta, fanno spesso una brutta figura. E lo stesso vale per gli sport individuali: quando un'importante kermesse si svolge sotto gli occhi "amici", le energia sembrano moltiplicarsi, e le prestazioni ne risentono.
Due psicologi - Mark S. Allen della London South Bank University e Marc V. Jones della Staffordshire University - hanno indagato su questo fenomeno, e il loro studio è stato pubblicato dalla rivista "Current Directions in Psychological Science", una pubblicazione della Association for Psychological Science statunitense.
Due i modelli individuati dall'indagine: uno definito "standard", l'altro "territoriale".
Il modello standard
Include diversi fattori che possono influenzare lo stato psicologico di atleti, allenatori e persino degli arbitri. Il pubblico numeroso sugli spalti; l'urlo della folla vociante; le bandiere e gli striscioni. Sono tutti fenomeni che migliorano le prestazioni degli atleti di casa e incutono soggezione agli arbitri, diminuendone l'obiettività in favore dei desideri del pubblico domestico.
L'analisi di Allen e Jones suggerisce che quest'effetto quasi... "dopante" del giocare in casa persiste anche in un incontro "a porte chiuse". Forse perché - per raggiungere la località del match, gli avversari devono comunque affrontare un viaggio. Un disagio che - in una misurazione specifica effettuata per la ricerca - aumenta del 20% per ogni fuso orario attraversato.
Il modello territoriale
Secondo questa prospettiva il miglioramento delle prestazioni domestiche sarebbe dovuto alla tendenza "naturale" a difendere la propria terra.
Nei giocatori di calcio, per esempio, il livello di testosterone è molto più alto prima delle partite casalinghe rispetto alle trasferte.
Effetti negativi
Tutto vero, ma c'è anche il rovescio della medaglia. Infatti gli atleti avvertono la "pressione ambientale": le aspettative che tifosi e concittadini ripongono nella loro prestazione.
Questo stato induce il loro organismo a produrre molto cortisolo, l'ormone dello stress.
Per questo - è dimostrato, secondo Allen e Jones - le prestazioni degli atleti possono risultare talvolta peggiori di quanto atteso.
Insomma: non è chiaro come i due modelli interagiscano tra loro; né come e quanto possano essere misurati gli effetti dei diversi condizionamenti ambientali esterni.
Però - con le Olimpiadi invernali di Sochi alle porte - è legittimo chiedersi se i russi sapranno alimentarsi dell'entusiasmo del pubblico di casa o se, invece, sentiranno le gambe tremare, sotto lo sguardo severo del Presidente Valdimir Putin, l'ultimo "numero uno" del KGB.
Due psicologi - Mark S. Allen della London South Bank University e Marc V. Jones della Staffordshire University - hanno indagato su questo fenomeno, e il loro studio è stato pubblicato dalla rivista "Current Directions in Psychological Science", una pubblicazione della Association for Psychological Science statunitense.
Due i modelli individuati dall'indagine: uno definito "standard", l'altro "territoriale".
Il modello standard
Include diversi fattori che possono influenzare lo stato psicologico di atleti, allenatori e persino degli arbitri. Il pubblico numeroso sugli spalti; l'urlo della folla vociante; le bandiere e gli striscioni. Sono tutti fenomeni che migliorano le prestazioni degli atleti di casa e incutono soggezione agli arbitri, diminuendone l'obiettività in favore dei desideri del pubblico domestico.
L'analisi di Allen e Jones suggerisce che quest'effetto quasi... "dopante" del giocare in casa persiste anche in un incontro "a porte chiuse". Forse perché - per raggiungere la località del match, gli avversari devono comunque affrontare un viaggio. Un disagio che - in una misurazione specifica effettuata per la ricerca - aumenta del 20% per ogni fuso orario attraversato.
Il modello territoriale
Secondo questa prospettiva il miglioramento delle prestazioni domestiche sarebbe dovuto alla tendenza "naturale" a difendere la propria terra.
Nei giocatori di calcio, per esempio, il livello di testosterone è molto più alto prima delle partite casalinghe rispetto alle trasferte.
Effetti negativi
Tutto vero, ma c'è anche il rovescio della medaglia. Infatti gli atleti avvertono la "pressione ambientale": le aspettative che tifosi e concittadini ripongono nella loro prestazione.
Questo stato induce il loro organismo a produrre molto cortisolo, l'ormone dello stress.
Per questo - è dimostrato, secondo Allen e Jones - le prestazioni degli atleti possono risultare talvolta peggiori di quanto atteso.
Insomma: non è chiaro come i due modelli interagiscano tra loro; né come e quanto possano essere misurati gli effetti dei diversi condizionamenti ambientali esterni.
Però - con le Olimpiadi invernali di Sochi alle porte - è legittimo chiedersi se i russi sapranno alimentarsi dell'entusiasmo del pubblico di casa o se, invece, sentiranno le gambe tremare, sotto lo sguardo severo del Presidente Valdimir Putin, l'ultimo "numero uno" del KGB.