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MONDO

Prossima udienza l'8 ottobre

Intesa tra le famiglie per gestione condivisa, Eitan per ora resta in Israele

Nell'aula erano presenti solo la zia paterna Aya e il nonno materno Shmuel Peleg accusato di rapimento. Rimasta fuori dall'aula Gali Peleg, la sorella della mamma del piccolo Eitan morta in seguito alla tragedia del Mottarone, che ha chiesto di poterlo adottare. Legale nonno: "Zia lo portò a casa senza decisione del giudice"

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Si è conclusa la prima udienza del caso Eitan Biran al tribunale della famiglia di Tel Aviv. E' stata raggiunta un'intesa tra le famiglie Biran e Peleg per la gestione condivisa del piccolo che starà con entrambe in Israele, almeno fino all'8 ottobre, data fissata dal giudice per la nuova udienza. Secondo quanto stabilito il piccolo starà con la famiglia materna 3 giorni e 3 giorni con la zia. 

Questa la decisione - secondo quando riferiscono i media locali - del giudice Iris Ilotovich Segal. Nell'aula erano presenti solo la zia paterna Aya, arrivata dall'Italia, e il nonno materno Shmuel Peleg accusato di rapimento per aver sottratto il nipote a Aya, nominata tutore legale del bambino dal Tribunale per gli affari medici urgenti di Torino nell'immediatezza della tragedia del Mottarone, di cui il piccolo è l'unico sopravvissuto. Rimasta fuori dall'aula Gali Peleg, la sorella della mamma del piccolo Eitan morta in seguito alla tragedia del Mottarone, che ha chiesto di poterlo adottare.

Legali: "Intesa volta a mantenere privacy bambino che ha bisogno di tranquillità"
Le intese raggiunte dalle due famiglie in sede di udienza - hanno precisato i legali delle due parti - sono volte a mantenere "la privacy del bambino, che in questo momento ha bisogno di tranquillità". "Non pubblicheremo nessuna informazione né sul contenuto dell'udienza né sulle condizioni di salute di Eitan e chiediamo alla stampa di fare altrettanto. I legali delle due famiglie hanno definito le intese, raggiunte su istruzione della giudice, volte a "difendere il piccolo Eitan e la sua sicurezza, la sua integrità e la sua tranquillità". L' udienza è stata quindi aggiornata all'8 ottobre, con la possibilità che si svolga anche nei due giorni successivi. Nessuno dei parenti del bambino, nè la zia Aja Biran, nè il nonno Shmuel Peleg nè la nonna Etty Peleg Cohen, hanno rilasciato dichiarazioni al termine dell'udienza, nello spirito di quanto è stato convenuto. Tutti sono apparsi estremamente provati e commossi per la vicenda processuale.

Zia paterna: "Sono molto preoccupata per Eitan"
"Voglio vedere Eitan a casa. Sono molto preoccupata''.Così Aya Biran, la zia paterna dell'unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone lo scorso 23 maggio. ''Voglio vedere Eitan a casa il più presto possibile, voglio che torni a casa'', ha detto Aya ai giornalisti presenti davanti al tribunale. Aya Biran ha ottenuto un permesso speciale per poter presenziare all'udienza evitando così il rispetto della quarantena per Covid-19 previsto per chi entra in Israele dall'estero.

Famiglia paterna: "Non lo abbiamo rapito. Abbiamo fiducia nella giustizia israeliana"
La famiglia paterna di Eitan, che rifiuta di averlo rapito, ha detto di avere ''fiducia nella giustizia israeliana'' e si è detta ''ottimista'' sullo svolgimento del processo. Il nonno al termine dell'udienza ha parlato di "decisione equilibrata".

Legale nonno: "Zia lo portò a casa senza decisione del giudice"
"E' una storia molto complessa che inizia con la zia che, dopo il ricovero di Eitan in ospedale, lo porta a casa ma ci vuole una decisione del giudice perché ciò avvenga e questa decisione non esiste". Il caso Eitan, il bambino sopravvissuto alla strage del Mottarone e conteso dalle famiglie dei genitori, è più intricata di quanto finora appare come spiega Sara Carsaniga, avvocato del nonno materno Shmuel Peleg, indagato per sequestro di persona a
Pavia per aver portato in Israele il bambino di sei anni.

"Poi c'è un'udienza in cui il nonno si è fidato di Aya e non ha più avuto la possibilità di frequentare il nipote come era giusto che fosse, come oggi invece ha deciso in modo paritario Israele", aggiunge l'avvocato esperta in diritto di famiglia. In Israele non si discuterà dell'affidamento, la sede per decidere con chi dovrà vivere il minore è l'Italia con una prima udienza fissata a Milano per il prossimo 22 ottobre. 

I nonni materni di Eitan "volevano che del suo recupero si occupasse una équipe di esperti", a differenza degli zii paterni, che si erano affidati "ad una pediatra con una specializzazione in psichiatria" ha detto poi la Carsaniga. "C'era una grande difformità tra le due famiglie sull'idea di chi dovesse cercare di recuperare questo bambino, che è politraumatizzato e in Italia non c'è stata alcuna condivisione tra nonni e zii sulla scelta del percorso terapeutico che avrebbe dovuto seguire". "Forse - ha aggiunto il legale - dovrebbero essere tutti i familiari a cercare di capire insieme cosa è meglio per Eitan".

Esperto in diritto di famiglia: "Eitan tornerà in Italia"
"Eitan verrà rimandato in Italia. Lì, un giudice dovrà decidere, sulla base dell'interesse del bambino, con chi vivrà". E' la convinzione di Abraham Dviri, avvocato israeliano specializzato in diritto di famiglia. Il legale non lascia margini: "La Convenzione dell'Aja sostiene che portare via un bambino dal luogo dove vive è rapimento e il minore deve tornare lì. Non permette di farsi giustizia da soli e richiede che il bambino torni dove vive e lì un giudice è chiamato a decidere". "Pertanto, io ritengo che Eitan verrà rimandato in Italia e sarà un giudice italiano, con un processo in Italia, a decidere" tra le due famiglie che se lo contendono. 

Un parere che l'avvocato Dviri basa sulla sua esperienza, un caso in particolare: "Alcuni anni fa rappresentai un americano di New York, che viveva nella Grande Mela con la moglie israeliana e il figlio. La moglie decise di andare in Israele per le vacanze di Pesach e portare con sè il bimbo, ottenendo il permesso dal marito di stare via tre settimane. Ma trascorso questo tempo, la donna non rientrò negli Stati Uniti ma rimase con il figlio in Israele. Ebbene, il giudice israeliano ordinò il rientro del bimbo negli Usa, nel luogo dove viveva".Cruciale è la tempistica, proprio per il bene del bambino: nel caso di Eitan, non si può sapere quando arriverà la decisione ma "non ci vorrà molto", ha assicurato Dviri. "La Convenzione dell'Aja dice che la sentenza deve essere emessa molto velocemente" per evitare che la situazione pesi sempre di più sul bambino via via che il tempo passa.