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MONDO

Donna originaria del Daghestan

Attentato kamikaze a Volgograd, 16 morti

Una giovane donna si è fatta esplodere alla stazione centrale provocando anche una quarantina di feriti. Il terrorismo torna a minacciare le Olimpiadi invernali

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Attentato alla stazione ferroviaria di Volgograd
Volgograd
Non avrebbe agito da sola la kamikaze che si è fatta esplodere nella stazione di Volgograd. Secondo il sito di informazione russo Lifenews, che cita fonti di polizia,
la donna era accompagnata da un uomo di nome Pavlov, che portava uno zaino sulle spalle, e da un'altra donna chiamata Mikulin. Entrambi i complici della terrorista sarebbero morti nell'attentato, prosegue il sito sottolineando che si tratta di
notizia ancora da verificare. 

Il bilancio delle vittime
E' di 16 morti e 37 feriti il bilancio dell'attentato alla stazione di Volgograd. Lo ha dichiarato il vice primo ministro del governo regionale, Vassili Galushkin, citato dall'Interfax, precisando che due delle vittime sono morte in ospedale in seguito alle ferite riportate. Il vice primo ministro non ha però precisato se nel bilancio sono inclusi la donna kamikaze e i suoi presunti complici.

E' stata identificata l'attentatrice suicida che si è fatta esplodere alla stazione centrale di Volgograd. Secondo quanto rende noto il sito di notizie vicino ai servizi dell'Fsb Life News, si tratterebbe di Oksana Aslanova, 26 anni, originaria del Daghestan, la regione in cui si concentrano i gruppi jihadisti russi. La donna sarebbe stata sposata con due jihadisti, entrambi uccisi dalle forze di sicurezza russe. Aslanova sarebbe stata in stretti rapporti con Naida Asiyalova, la donna che si era fatta esplodere lo scorso ottobre su un autobus a Volgograd.

L'attentato
Si è trattato di un attentato terroristico, avvenuto intorno alle 12.45 ora locale, 9.45 in Italia, nel momento di massima affluenza di viaggiatori in movimento per le vacanze di fine anno. Il Ministero dell'Interno ha reso noto che un poliziotto è tra le vittime, e che i feriti sarebbero circa 50, fra i quali tre agenti di pubblica sicurezza e un bambino. La donna si è fatta esplodere vicino la zona dei metal detector, posta all'entrata della principale stazione ferroviaria della città. I controlli della sicurezza hanno impedito all'attentatrice di raggiungere la sala d'aspetto, contenendo così il numero delle vittime.

Misure di sicurezza
Il ministero degli Interni russo ha rafforzato le misure di sicurezza in tutte le stazioni ferroviarie e negli aeroporti in Russia.  Il presidente Vladimir Putin, ha reso noto il suo portavoce Dmitry Peskov, ha chiesto alla Commissione inquirente l'adozione di tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza. Putin ha anche chiesto di assicurare tutta l'assistenza necessaria alle vittime dell'esplosione, i feriti sono almeno 27, provvedendo al loro trasporto a Mosca se necessario.

La città di Volgograd
Volgograd, l'antica Stalingrado, è una città di circa un milione di abitanti, dista circa 690km da Sochi e si trova a due passi dal Caucaso settentrionale, in cui tutte le province musulmane sono coinvolte dall'insurrezione islamista. Il leader della rivolta, Doku Umarov, "signore della guerra" ceceno, in un video diffuso nel luglio scorso, ha esortato i militanti a utilizzare "la massima forza" affinchè il presidente Vladimir Putin non riesca a giovarsi della ribalta offerta dalle Olimpiadi Invernali.

Timori per Olimpiadi invernali a Sochi
Se si confermasse la matrice del separatismo islamico, questo rafforzerebbe i timori di attentati anche a Sochi, città russa sul Mar Nero, pronta ad ospitare i giochi olimpici invernali del 2014, tra meno di sei settimane, il prossimo 7 febbraio. Il governo ha fatto sapere di aver messo a disposizione per l'occasione decine di migliaia di soldati, poliziotti e altro personale di sicurezza; gli organizzatori inoltre hanno promesso che i Giochi di Sochi saranno "le Olimpiadi più sicure della storia".

Terrorismo separatista di matrice islamica in Russia
Il primo degli attentati portati a termine da donne in Russia era stato nel giugno del 2000, pochi mesi dopo l'inizio della seconda guerra in Cecenia l'anno precedente. Da allora, ve ne sono stati venti diversi in due ondate ben distinte, con un bilancio complessivo di quasi 790 morti, contando le centinaia di vittime della strage alla scuola di Beslan e dell'assalto del teatro Dubrovka di Mosca, molte delle quali provocate dall'intervento delle forze russe. Dopo il sequestro di Beslan nel 2004, per sei anni le donne cecene avevano smesso di farsi esplodere o di minacciare di farlo. Ma nel 2010 sono ripresi gli attentati, unica differenza la provenienza delle donne, il Daghestan e non piu' la Cecenia.  Bus, treni e aerei questi i posti scelti dagli attentatori suicidi. A marzo del 2010 era stata colpita la metropolitana di Mosca, due donne si erano fatte esplodere uccidendo 40 persone e ferendone oltre 120. A gennaio del 2011 un attentatore suicida si fece saltare in aria all'aeroporto Domodedovo di Mosca, uccidendo 37 persone e ferendone oltre 180. Il leader dei ribelli ceceni, Doku Umarov, che aveva rivendicato la responsabilita degli attentati del 2010 e del 2011, ordinò uno stop degli attacchi su obiettivi civili, durante le massicce proteste di piazza contro il presidente Vladimir Putin, ma diede un contrordine a luglio scorso, invitando i suoi uomini a "fare di tutto per far fallire" le Olimpiadi di Sochi.   Ultimo degli attentati lo scorso venerdì nella città di Pyatigorsk, vicino alle montagne del Nord del Caucaso, dove un'auto carica di esplosivo era saltata in aria per strada provocando tre morti. 

Governo russo contro il terrorismo
La strategia adottata dal governo russo per combattere questa forma di terrorismo ricade pesantemente sulle famiglie delle attentatrici, spesso vedove di jihadisti o comunque di vittime della repressione di Mosca, con misure punitive come la demolizione della casa o il diniego della restituzione di quello che resta del corpo per il funerale. In quest'ottica, il mese scorso è stato varato un disegno di legge con cui i parenti dei terroristi sono costretti a risarcire i costi dei danni provocati da un attacco. Ma con le 'vedove nere' isolate dalle loro famiglie e di fatto manipolate e sequestrate dai gruppi terroristici che le sfruttano, questa strategia rischia di servire a poco, anzi potrebbe creare ulteriore malcontento nel Daghestan, la regione in cui dal 2012 sono rimasti uccisi in attentati e scontri piu' di mille persone, fra civili e agenti delle forze dell'ordine, piu' complessa ancora della Cecenia, dove ora vige la pace imposta da Putin attraverso il presidente Kadyrov. Nel Daghestan le etnie sono numerose e il potere viene condiviso in un complicato sistema di equilibri dove non è possibile considerare l'esistenza di un unico 'uomo forte'. I gruppi jihadisti si fondono con la criminalità organizzata e spesso sono conniventi con le strutture locali di governo.