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MONDO

Washington

Biden riconosce genocidio armeni

"Riconoscere genocidio armeno non è incolpare Turchia". Ankara: grave errore Biden, così ostacola pace e stabilità regione

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Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha formalmente riconosciuto le atrocità contro gli armeni da parte dell'impero ottomano come genocidio. Una mossa che per Ankara si configura come un "grave errore di Biden" perché "così ostacola pace e stabilità nella regione".

"Riconoscere genocidio armeno non è incolpare Turchia"
Riconoscendo il genocidio armeno vuol dire "confermare la storia", e "non incolpare" la Turchia. "Ma vogliamo che questo non accada mai più": afferma il presidente americano Joe Biden in una dichiarazione diffusa dalla Casa Bianca. Nella nota diffusa dalla Casa Bianca  nel giorno del 106mo anniversario dell'inizio dei massacri compiuti  dall'impero ottomano, si legge: "Ogni anno, questo giorno, ricordiamo le vite di tutti quelli che sono morti nel genocidio armeno in epoca ottomana e ci impegniamo di nuovo a prevenire che tali atrocità  accadano di nuovo". "Onoriamo le vittime del Meds Yeghern (Grande Male), in modo che gli orrori di quanto è accaduto non vadano mai persi nella storia", scrive Biden.

Ankara: grave errore Biden
La Turchia "respinge e denuncia nei termini più forti" la dichiarazione del presidente Joe Biden, che ha riconosciuto come genocidio il massacro degli armeni compiuto a partire dal 1915 sotto l'impero ottomano. In una nota, il ministero  degli Esteri turco invita il presidente degli Stati Uniti "a correggere questo grave errore, che ostacola la pace e la stabilità nella nostra regione e apre una ferita profonda che mina la nostra amicizia e fiducia reciproca". "La Turchia - prosegue la lunga nota -  non prende lezioni da nessuno, compresi gli Stati Uniti".

Un riconoscimento che scatena le ire della Turchia
La posizione della Turchia è da sempre che il massacro degli armeni commesso durante la prima Guerra Mondiale non si possa configurare come un genocidio. E la questione è altrettanto da sempre motivo di attrito tra Ankara e i governi che hanno riconosciuto il genocidio. Nell'aprile del 2019 una pioggia di critiche arrivava dalla Turchia all'Italia dopo l'approvazione alla Camera di una mozione bipartisan che impegna il governo a "riconoscere ufficialmente il genocidio armeno". L'ambasciatore italiano ad Ankara, Massimo Gaiani, veniva convocato al ministero degli Esteri turco, che esprimeva il proprio disappunto per la mozione quando era ancora in discussione. Nel novembre del 2000 una risoluzione della Camera dei Deputati aveva già riconosciuto il genocidio degli armeni.

Sono una ventina i Paesi nel mondo, ha riportato il Washington Post, che riconoscono il massacro come un genocidio, compresi Francia, Russia e Canada. Nel 2019 una risoluzione in tal senso passò al Congresso. Per il sito dell'Armenian National Institute, sono invece 30 i Paesi - Italia e Usa compresi - che riconoscono il genocidio armeno. Nel 1965 il primo Stato al mondo a riconoscerlo è stato l'Uruguay. Nel febbraio 2019 il governo di Ankara condannò "con fermezza" la decisione del presidente francese, Emmanuel Macron, di dichiarare il 24 aprile giornata della commemorazione del genocidio armeno. E oggi in un tweet, con una foto della commemorazione a cui ha partecipato a Parigi, Macron ha ribadito: "Noi non dimentichiamo. Combatteremo insieme contro il negazionismo, l'odio, la violenza".

Nel 2015 Papa Francesco definì l'uccisione degli armeni "il primo genocidio del XX secolo", scatenando l'ira della Turchia, dove l'utilizzo del termine 'genocidio' è punito con il carcere in base all'articolo 301 del codice penale, che prevede il reato di "vilipendio dell'identità turca". Per questo sono stati perseguiti lo scrittore Nobel per la letteratura, Orhan Pamuk, e il giornalista di origine armena Hrant Dink, ucciso da un ultranazionalista nel gennaio del 2007. Nel 2014 l'allora premier e oggi presidente Recep Tayyip Erdogan, con un gesto senza precedenti, porse le "condoglianze ai nipoti degli armeni uccisi nel 1915", auspicando che "gli armeni che hanno perso la vita nelle circostanze dell'inizio del XX secolo riposino in pace".
Due anni dopo fortissime tensioni fecero da corollario al voto con cui il Bundestag approvò quasi all'unanimità la risoluzione che ha definito come genocidio il massacro degli armeni da parte dell'Impero Ottomano.  
 
Martedì contro gli Usa si è scagliato il capo della  diplomazia turca Mevlut Cavusoglu mettendo in guardia da danni alle  relazioni bilaterali. E due giorni fa in dichiarazioni riportate dall'agenzia ufficiale Anadolu Erdogan ha insistito sulla  determinazione della Turchia a "continuare a difendere la verità  contro il cosiddetto 'genocidio armeno'".

Poi ieri c'è stata la  telefonata tra Biden ed Erdogan con il presidente americano che ha  sottolineato l' "interesse a relazioni bilaterali costruttive con aree allargate di cooperazione e una effettiva gestione dei disaccordi". E  la notizia dell'accordo tra i due per "un incontro bilaterale a  margine del summit della Nato a giugno".       

Gli armeni fanno risalire l'inizio del genocidio alla notte tra il 23  e 24 aprile del 1915, quando il governo ottomano ordinò l'arresto e  l'esecuzione di 50 tra intellettuali e leader della comunità armena, con il pretesto che fossero "una quinta colonna" dei russi. Dopo quel  primo episodio, centinaia di migliaia di armeni vennero deportati e  uccisi alla fine dell'Impero ottomano tra il 1915 e il 1917. Secondo le stime degli storici, le vittime di quei massacri furono almeno 1,5  milioni. Ankara riconosce che un gran numero di armeni furono uccisi  dai turchi durante quel periodo, ma contesta l'idea che ci fosse un piano per sterminarli, rifiutando così il termine "genocidio".