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MONDO

La leader dell'ex colonia britannica apre ai manifestanti

Hong Kong: Carrie Lam in tv annuncia il ritiro della legge sull'estradizione in Cina

L'annuncio a reti unificate però non placa le proteste dei manifestanti che chiedono una commissione indipendente sulle violenze della polizia

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La leader di Hong Kong, Carrie Lam, ha annunciato che "il testo di legge sulle estradizioni è ritirato" e verrà così accolta la principale richiesta dei manifestanti che da mesi sconvolgono con le loro proteste l'ex colonia britannica. 

Carrie Lam si è presentata in televisione per annunciare il ritiro formale della legge sull'estradizione dopo un incontro con gli alleati pro-establishment, a cui aveva già comunicato la propria decisione. Lo riferiscono i media di Hong Kong. Si tratta di un messaggio pre-registrato di circa sette minuti di durata, in onda a reti unificate. Oltre al ritiro della legge, non sarebbe, però, prevista l'istituzione di una commissione indipendente sull'operato della polizia, altra cruciale richiesta dei manifestanti anti-governativi. "Il governo ritirerà formalmente la legge per placare appieno le preoccupazioni dell'opinione pubblica", ha dichiarato la governatrice pro Pechino nella dichiarazione video diffusa dal suo staff. La proposta sulle estradizioni era stata presentata ad aprile e a seguito delle prime proteste era stata soltanto sospesa (a giugno Lam l'aveva dichiarata "morta"). 

No all'amnistia
La leader di Hong Kong definisce però "inaccettabile" l'amnistia per i manifestanti che sono stati arrestati dall'inizio delle proteste contro la riforma della legge sull'estradizione. Una simile richiesta, una delle cinque avanzate dai manifestanti, "è contro lo stato di diritto" ed è "contro a Basic Law", la legge fondamentale con cui Pechino regola il suo rapporto con l'ex colonia britannica, ha detto Lam nel corso del messaggio televisivo in cui ha annunciato il ritiro formale della proposta di emendare la legge sull'estradizione.

Manifestanti scettici
I manifestanti dimostrano scetticismo rispetto alla concessione dell'amministrazione dell'ex colonia britannica alla più pressante delle loro richieste. Sulla piattaforma Lihkg la mossa è stata definita "troppo poco, troppo tardi". Tra i partecipanti, scrive il South China Morning Post, si fa strada ora come richiesta principale quella di una commissione indipendente per giudicare l'operato della polizia durante le proteste che dall'inizio di giugno scorso hanno provocato oltre 1100 arresti nell'ex colonia britannica. Quindi la protesta a Hong Kong non si fermerà anche dopo il ritiro della legge sull'estradizione verso la Cina. A chiarirlo sono stati gli organizzatori delle manifestazioni nelle strade della ex colonia britannica. Per Bonnie Leung, del Fronte dei diritti umani e civili, la semplice rinuncia alla legge non sarà sufficiente perché nel corso dei mesi le richieste dei manifestanti sono andate aumentando, e ricorda che la folla vuole le dimissioni del capo dell'esecutivo Lam, la creazione di una commissione indipendente che indaghi sulle violenze politiche, la cancellazione dell'accusa di sommossa per i manifestanti arrestati, riforme politiche ed elezioni democratiche.

Si dimette il presidente di Cathay Pacific
Intanto il presidente di Cathay Pacific, John Slosar, ha rassegnato le proprie dimissioni dalla guida della compagnia aerea rimasta coinvolta nelle proteste anti-governative in corso a Hong Kong dall'inizio di giugno scorso. Lo ha riferito il gruppo in una nota alla Borsa di Hong Kong. Slosar, 62 anni, sarà sostituito da Patrick Healy, 53, anch'egli, come Slosar, dirigente del gruppo immobiliare Swire Pacific, dopo la riunione del board della compagnia aerea prevista per il 6 novembre prossimo. Il mese scorso, si era dimesso tra le pressioni di Pechino il Ceo del gruppo, Rupert Hogg. "Le dimissioni di Slosar sono dovute al suo pensionamento", si legge nella nota trasmessa dalla Cathay Pacific. L'addio di Slosar arriva dopo un mese tumultuoso per la compagnia, investita dalle proteste in corso a Hong Kong a causa delle sue prese di posizione contrastanti. Inizialmente la compagnia di bandiera di Hong Kong si era mostrata tollerante, se non solidale, con i manifestanti. Tant'è che diversi dipendenti avevano preso parte alle proteste. Davanti però al rischio di boicottaggio minacciato da Pechino, principale cliente, l'azienda ha assunto una posizione molto dura. I manifestanti hanno accusato Cathay Pacific di aver fatto ricorso al "terrore bianco" dopo il licenziamento di venti membri del gruppo, tra piloti e personale di bordo, che avevano sostenuto le proteste anti-governative. Tra loro vi era anche la leader sindacale delle hostess, Rebecca Sy, che aveva lamentato di essere stata licenziata senza motivazione dopo che i dirigenti di Cathay Pacific avevano visionato la sua pagina Facebook. In una nota ai dipendenti, citata dal South China Morning Post, Cathay Pacific aveva anche aperto alla possibilità di ferie non pagate o di riduzione dell'orario di lavoro a causa del danno economico provocato dalle proteste in corso ormai da mesi.