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ITALIA

A marzo scadono i contratti di solidarietà

Ilva, quasi 5 mila lavoratori saranno messi in cassa integrazione

A preoccupare di più i sindacati l'ulteriore decurtazione degli stipendi dei lavoratori non coinvolti nel ciclo produttivo: chiedono una integrazione e se ciò non sarà possibile si rivolgono direttamente al governo affinchè introduca un emendamento ad hoc nel decreto legge sul Sud

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Sono 4.984 i lavoratori dello stabilimento Ilva di Taranto che saranno messi in cassa integrazione nel corso del 2017. E' quanto comunica l'azienda nel corso dell'incontro con i sindacati metalmeccanici. Da oggi infatti si avvia il negoziato tra le parti per il rinnovo degli ammortizzatori sociali in vista della prossima scadenza, ai primi di marzo, dei contratti di solidarietà più volte rinnovati negli ultimi anni.

Il numero dei cassintegrati è collegato alle esigenze produttive e ai tempi di fermata degli impianti siderurgici da sottoporre a interventi di ammodernamento. I contratti di solidarietà in scadenza hanno coinvolto circa 3mila unità ma il numero reale è stato inferiore. Il ricorso alla cassa integrazione, che sarebbe straordinaria, sarebbe invece più alto perchè questo strumento,rispetto alla solidarietà, offrirebbe minori margini di flessibilità. La cassa integrazione, inoltre, si apprende, prefigura che un impianto o un'area produttiva si fermino da una data pretederminata ad un'altra. I sindacati oggi ascolteranno solo le richieste dell'azienda e chiederanno subito un approfondimento di merito. La Fiom Cgil disapprova il ricorso alla cassa e chiede che si tornino ad utilizzare i contratti di solidarietà, ma fonti dell'azienda ritengono che questo non sia più possibile, mentre Fim Cisl e Uilm dicono che un nuovo ricorso alla solidarietà  sarebbe possibile solo con una deroga.

Tuttavia, il punto che più preoccupa i sindacati è che, sia con la solidarietà, che con la cassa integrazione, per effetto della riforma degli ammortizzatori sociali, i lavoratori non coinvolti nel ciclo produttivo perderanno, in media, dai 130 ai 150 euro al mese. A fronte, quindi, di una busta paga ulteriormente decurtata, i sindacati chiedono che ci sia un'integrazione. Difficile, però, che la possa fare l'Ilva, che è peraltro in una fase di passaggio, con la procedura di vendita in corso, dalla gestione commissariale dell'amministrazione straordinaria ad una nuova proprietà. Si sta esplorando la possibilità di intervenire in altro modo per l'integrazione, ad esempio vedendo se ci sono i margini finanziari per inserire un emendamento ad hoc nel decreto legge sul Sud - quello varato dal Governo all'antivigilia di Natale - che attualmente è alla Camera e poi dovrà andare al Senato per completare l'iter di conversione. Già in passato, per esempio, intervenendo sul decreto "Milleproroghe". è stata aumentata la copertura salariale degli ammortizzatori sociali per il personale Ilva.

Se un forma di integrazione è il problema immediato, in prospettiva c'è quello, secondo i sindacati, di approntare un mix di misure che consenta di gestire col minor impatto possibile gli eventuali esuberi che potrebbero determinarsi nel passaggio dell'azienda. Un primo tassello c'è già proprio nel decreto sul Sud che prevede la continuità della gestione commissariale anche dopo la vendita dell'azienda sia pure con una mission diversa. Ai commissari è infatti assegnato il compito di predisporre un piano ambientale aggiuntivo a quello dei privati nel quale ricollocare manodopera Ilva. I sindacati, infine, ritengono che attraverso una riapertura del capitolo amianto in fabbrica, valutando la posizione dei lavoratori esposti nel tempo, potrebbero esserci altre uscite agevolate. L'esposizione all'amianto nel passato ha infatti consentito un diverso calcolo dei contributi previdenziali e quindi agevolato il pensionamento di molti lavoratori siderurgici.