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ITALIA

Dall'estate del 2012 ad oggi: venti mesi di sequestri e arresti

Ilva: tutte le tappe dell'inchiesta

L'inchiesta sul disastro ambientale che sarebbe stato causato dall'Ilva. Tutte le tappe della vicenda giudiziaria, dagli inizi fino alla richiesta di processo formulata dai pm per i 53 indagati, tra cui il governatore della Regione Vendola, il sindaco di Taranto Stefàno e l'ex presidente della Provincia Florido

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Roma
Le tappe di 20 mesi cruciali per l'Ilva, fino alla richiesta di processo formulata dai pm per i 53 indagati.

26 luglio 2012. Su provvedimento del gip Patrizia Todisco, chiesto dalla Procura, viene sequestrata l'area a caldo del Siderurgico; nominati quattro custodi giudiziari. In otto finiscono agli arresti domiciliari: tra di loro il 'patron' dell'Ilva, Emilio Riva, il figlio Nicola, l'ex direttore di stabilimento Luigi Capogrosso e altri dirigenti. I provvedimenti sono stati preceduti da un incidente probatorio, conclusosi il 30 marzo, nel quale da alcune perizie sono emersi dati allarmanti sulla situazione ambientale della città.

26 novembre 2012. Arrivano altre due ordinanze di custodia cautelare. Destinatari della prima sono Emilio Riva, il figlio Fabio (vice presidente di Riva Fire, holding del gruppo) che però non viene rintracciato, ancora Capogrosso, l'ex dirigente Ilva Girolamo Archinà, l'ex perito del Tribunale Lorenzo Liberti. Per alcuni indagati c'è l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale. Arresti domiciliari per l'ex assessore all'Ambiente della Provincia di Taranto Michele Conserva e per un ingegnere. Ma c'è anche un decreto del gip che fa sequestrare un milione e 700mila tonnellate di prodotti finiti e semilavorati sulle banchine dell'Ilva che l'azienda ha realizzato con gli impianti sotto sequestro senza facoltà d'uso. Tra gli indagati il presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante, e il direttore di stabilimento, Adolfo Buffo. Nell'inchiesta finiscono anche il sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno, un sacerdote e un poliziotto.

10 dicembre 2012. La Procura di Taranto chiede un mandato di arresto europeo per Fabio Riva, ufficialmente latitante.

27 dicembre 2012. La magistratura ionica ricorre alla Corte Costituzionale contro il decreto 207, convertito nella legge 231 il 24 dicembre, che consente all'Ilva di commercializzare anche i prodotti realizzati prima dello stesso decreto, cioè anche quelli sequestrati il 26 novembre.

22 gennaio 2013. A Fabio Riva, rintracciato a Londra, viene notificato il mandato di arresto europeo. Torna subito in libertà vigilata dietro cauzione. Intanto il gip Todisco, decidendo sull'istanza di dissequestro dei prodotti avanzata dall'Ilva, solleva questione di legittimità costituzionale della legge 231 e invia gli atti a Roma. Pochi giorni prima stessa cosa aveva fatto il Tribunale di Taranto.

9 aprile 2013. La Corte Costituzione rigetta i ricorsi di legittimità sulla legge 231, dichiarandoli in parte inammissibili e in parte non fondati. Il 9 maggio, motivando la decisione, la Consulta scriverà che la legge 231 ''non stabilisce alcuna immunità penale'' per il periodo indicato dall'Aia, cioè 36 mesi.

15 maggio 2013. Nell'ambito dell'inchiesta 'Ambiente svenduto', parallela a quella 'madre' sull'Ilva, vengono arrestati il presidente della Provincia di Taranto, Giovanni Florido, l'ex assessore provinciale all'Ambiente, Michele Conserva, Girolamo Archinà e l'ex dg della provincia di Taranto Vincenzo Specchia. All'origine, presunte pressioni su un funzionario dell'ente per l'autorizzazione all'utilizzo da parte dell'Ilva della discarica 'Mater Gratiae'.

24 maggio 2013. Il gip Todisco dispone il sequestro per equivalente di beni, quote societarie e denaro fino alla concorrenza di 8.1 miliardi di euro nei confronti di Riva Fire e anche Ilva, ma salvaguardando la produzione. È la somma che il gruppo Riva avrebbe risparmiato dal 1995 (anno di acquisizione della Italsider pubblica) non adeguando gli impianti alle normative ambientali.

26 luglio 2013. Per decorrenza dei termini di custodia cautelare, tornano in libertà dopo un anno Emilio Riva, suo figlio Nicola e Capogrosso. Hanno tutti l'obbligo di dimora.

6 settembre 2013. La Guardia di Finanza arresta cinque persone, non alle dirette dipendenze dell'Ilva, ritenute i 'fiduciari' della famiglia Riva, che avrebbero costituito una sorta di governo-ombra dello stabilimento siderurgico, dando disposizioni e bypassando anche i dirigenti ufficiali.

30 ottobre 2013. La Procura fa notificare l'avviso di conclusione delle indagini preliminari: 53 indagati (50 persone fisiche e tre società), c'è anche il governatore della Puglia, Nichi Vendola, accusato di concussione aggravata.

20 dicembre 2013. La Cassazione annulla senza rinvio il sequestro preventivo per 8,1 miliardi di euro nei confronti della Riva Fire, la holding che controlla l'Ilva spa, disponendo la restituzione di tutti i beni.

23 dicembre 2013. ''Per me era un dovere e anche una necessità, una impellenza morale farmi interrogare da questa Procura. Non ho sinceramente nulla di cui vergognarmi per quello che ho fatto per amore della città di Taranto''. Lo dice il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, uscendo dalla caserma della Guardia di finanza di Taranto dopo sei ore di interrogatorio.

5 febbraio 2014. È legge il decreto sulla Terra dei fuochi, che nella parte finale è dedicato all'Ilva. Per quest'ultima si punta a reperire le risorse per l'adeguamento ambientale e per l'applicazione dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) con aumento di capitale, cessione di azioni, sblocco dei beni sequestrati.

26 febbraio 2014. La Westminster Magistrates' Court di Londra dà l'ok all'estradizione di Fabio Riva in relazione al mandato di arresto europeo notificato all'indagato nella capitale londinese nel gennaio 2013. I legali di Fabio Riva hanno tempo fino al 26 giugno prossimo per proporre appello.

6 marzo 2014. La Procura chiede all'ufficio del gip il rinvio a giudizio per tutti i 53 indagati dell'inchiesta.